Compared to other techniques to create scaffolds, three- dimensional (3D) bioprinting has exciting prospects for realizing 3D tissue constructs by delivering living cells with appropriate biomaterials. A technique for controlled deposition of hydrogels and cells in specific and complex architectures is described. It employs a three-dimensional positioning system with a piston-driven syringe to deposit hydrogel structures with a highly control on the flow rate. The system was characterized in terms of deposition parameters such as piston speed, hydrogel viscosity, line width and height. A high viscosity of the hydrogel it is necessary for filament shape retention during and after extrusion. A new ink for bioprinting applications was chosen: the silk fibroin solution derived from the Bombyx mori silkworm. Here representative examples of 3D silk fibroin structures assembled layer-by-layer (8-28 layers) are reported. The thesis project focused on the ink design and its deposition mechanisms. The fluid dynamics involved in the material extrusion and spreading play an important role in the characterization and the optimization of the system. The width and height of the printed lines are, indeed, influenced by the deformation of the material upon solidification. The solidification of the printed structures occurred thanks to solute evaporation at a temperature of the stage of 40 °C. The rheological behaviour of the silk fibroin solution was studied. The 25 w/v% silk fibroin solution exhibits a shear thinning behaviour: the lower viscosity was 1.64 Pa s. The line width does not vary depending on the flow rate at a given deposition speed but by varying the deposition speed it slightly decreases. Fixing the flow rate, with a certain line width, the height also results inversely proportional to the deposition speed. The lateral and vertical resolution of the deposition system are therefore determined by the ink rheology, the printing speed and the nozzle’s diameter and shape.

Il concetto di stampa in tre dimensioni (3D printing) fu introdotto per la prima volta nel 1983 da Charles W. Hull. È un processo di prototipazione rapida che consente la realizzazione di strutture tridimensionali, strato su strato, a partire da un modello digitale dell’oggetto. Le tecnologie di “3D printing” più comunemente utilizzate sono: la Stereolitografia (SLA), la tecnologia di Digital Light Processing (DLP), la Modellizzazione a Deposizione Fusa (FDM) e quella più recente di Direct Ink Writing (DIW). Nel corso degli anni, le tecnologie di stampa in tre dimensioni hanno acquistato una maggiore influenza nei campi più disparati: arte, architetture ed ingegneria dei tessuti. Lo scopo dell’ingegneria dei tessuti è la rigenerazione, il ripristino o la sostituzione di tessuti o organi viventi che hanno subito lesioni o ingiurie durante il corso della vita. Per raggiungere questo scopo, strutture di supporto, comunemente chiamate scaffold, vengono utilizzate in applicazioni biomediche e di ingegneria dei tessuti con l’obiettivo principale di rigenerare o sostituire funzionalmente e strutturalmente i tessuti originari. In generale gli scaffolds devono possedere alcune caratteristiche preminenti: percorsi interni che consentano la migrazione e l’adesione cellulare, adeguate proprietà meccaniche, mantenimento della forma durante la crescita cellulare ed elevata porosità per consentire la proliferazione e la differenziazione delle cellule ma anche il trasporto di ossigeno, nutrienti, fattori di crescita e l’espulsione dei prodotti di scarto. In questo ambito, le tecnologie di stampaggio in 3D consentono, rispetto a tutte le altre tecniche utilizzate per realizzare scaffolds, di ottenere una elevata ripetibilità e controllo sull’interconnessione dei pori, sulla loro distribuzione, taglia e volume portando alla realizzazione di strutture di supporto su misura. Due tipologie di scaffolds possono essere fabbricate con le tecnologie di 3D printing sopracitate: scaffold a-cellulari, in cui le cellule vengono seminate su una struttura appropriata stampata in 3D e scaffolds bio-stampati, in cui le cellule e il biomateriale scelto vengono stampati insieme per formare la struttura tridimensionale. La tecnologia di 3D bioprinting viene utilizzata per ottenere una distribuzione controllata delle cellule nelle strutture tridimensionali in modo tale che le cellule stesse non muoiano o perdano la loro funzionalità. Lo scopo del progetto è stato quindi quello di esplorare una nuova applicazione della tecnologia di stampa in 3D nel contesto dell’ingegneria dei tessuti. Il progetto ha riguardato infatti l’ottimizzazione di una stampate 3D commerciale a basso costo per la deposizione controllata di idrogeli al fine di realizzare accurate culture cellulari tridimensionali. L’iniziale dimostrazione della fattibilità dell’adattamento della stampante commerciale per la deposizione controllata di idrogeli in geometrie tridimensionali potrebbe portare alla validazione di questa tecnica per la realizzazione di tessuti e modelli cellulari. Grande importanza ha assunto inoltre la scelta e la progettazione del materiale da stampare. Il progetto di tesi ha infatti dimostrato come siano la scelta del materiale e le sue caratteristiche ad influenzare l’ottimizzazione del sistema di deposizione e non viceversa. Il sistema di deposizione è costituito da una stampante 3D, Felix 3.0 Dual extruder, e da un sistema semplice, chiamato “estrusore di pasta”, il Discov3ry, che viene elettricamente connesso alla stampante e consente l’estrusione del materiale esercitando una pressione controllata sul pistone di una siringa. Questa modalità di estrusione è tipica delle tecniche di DIW filament- based dove un materiale altamente viscoso viene estruso sotto forma di filamento continuo su un supporto mobile, in questo caso il piatto della stampante, attraverso un ugello cilindrico o di forma conica. Le prove sperimentali hanno evidenziato due problemi principali: il non perfetto controllo della quantità di materiale estruso per unità di tempo (portata) e l’inadeguatezza meccanica del supporto realizzato dall’azienda per consentire l’eventuale utilizzo della punta del Discov3ry come un secondo estrusore della stampante. Riguardo quest’ultimo problema, l’obiettivo è stato quindi quello di costruire un supporto che consentisse di calibrare facilmente la punta dell’estrusore di pasta senza comprometterne la capacità di movimento lungo l’asse Z. Il supporto finale realizzato si è inspirato al design dell’ hot-end della stampante. È importante sottolineare però come il fluido non venga riscaldato in alcuna parte del sistema di estrusione, che consente solo estrusioni a temperatura ambiente. È stato possibile invece controllare la portata attraverso la comprensione delle leggi meccaniche e fisiche che regolano il fluire del materiale lungo il sistema. Il Discov3ry si comporta come una pompa a siringa costituito da: un motore passo-passo, una trasmissione, due ruote dentate e una vite senza fine vincolata alla base in cui viene alloggiata la siringa. Potendo controllare le rivoluzioni del motore passo-passo grazie al software della stampante e noto il rapporto di riduzione dell’intero sistema, è stato possibile determinare la velocità di traslazione della vite e dunque la portata in uscita dalla siringa. La scelta del materiale è ricaduta su un nuovo tipo di idrogelo naturale, impiegato da pochi anni in ingegneria dei tessuti: la soluzione di fibroina di seta. La soluzione di fibroina di seta è un idrogelo naturale, estratto a partire dai bachi da seta Bombyx mori, che ha mostrato di essere altamente biocompatibile e possedere ottime proprietà meccaniche. In seguito al processo di estrazione, la soluzione ottenuta è una soluzione di fibroina di seta al 7-8 w/v%. Tale soluzione dal punto di vista reologico risulta essere simile all’acqua; essa quindi è stata estremamente utile in fase di comprensione e modellizzazione del sistema ma non successivamente per la realizzazione di strutture multi-strato. Materiali altamente concentrati hanno mostrato di essere particolarmente adatti per realizzazione di specifiche strutture tridimensionali in quanto capaci di mantenere la forma filamentosa anche a seguito dell’estrusione. Di conseguenza è stato necessario concentrate la soluzione per ottenere una risposta di assottigliamento al taglio (“shear thinning response”). Questo significa che aumentando la pressione o la velocità di estrusione al di sopra di un certa soglia (“shear yield stress”), la soluzione inizierà a fluire con una sempre minore viscosità e quindi risulterà più facile da stampare ma, non appena estrusa, tornando ad una condizione di sforzo nullo, essa si comporterà come un gel. E’ stato possibile concentrare la soluzione di fibroina di seta solo fino al 25 w/t%; essa ha mostrato una iniziale risposta di assottigliamento al taglio ma una viscosità non sufficiente per formare un filamento continuo che mantenesse la forma subito dopo l’estrusione. La soluzione è stata, quindi, estrusa sotto forma di gocce. La fluidodinamica coinvolta nella formazione delle gocce e nella loro dilatazione a seguito dell’impatto con il substrato o con gli altri strati sottostanti gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della risoluzione laterale e verticale del sistema. L’altezza e la larghezza delle linee stampante dipendono dalla taglia, dall’estensione della dilatazione e dalla deformazione delle gocce inseguito a solidificazione. La solidificazione delle strutture avviene in seguito all’evaporazione del contenuto d’acqua della soluzione di fibroina di seta grazie ad una temperatura del piatto della stampante di 40°C. La migliore risoluzione laterale ottenuta con il sistema utilizzato (ugello di forma cilindrica piatto con diametro interno di 610 μm ed esterno di 900 μm) è stata 850 µm ad una velocità di deposizione di 15 mm/s . La larghezza di linea non varia in dipendenza della portata ad una data velocità di deposizione ma variando la velocità di deposizione diminuisce leggermente. Fissando la portata, con una certa larghezza di linea, anche l’altezza risulta inversamente proporzionale alla velocità di deposizione. Uno spessore di 40 μm è stato ottenuto con lo stesso ugello, ad una portata di 0.4 〖mm〗^3/s e una velocità di deposizione di 2 mm/s. Sono state realizzate anche strutture a più strati. Il profilo di queste strutture è risultato non perfettamente uniforme; questo potrebbe essere dovuto al profilo rotondo delle singole linee stampate che non favorisce un supporto adeguato o alla non perfetta fusione del materiale depositato strato su strato. La risoluzione laterale e verticale del sistema di deposizione sono quindi determinate dalla proprietà reologiche della soluzione, dalla velocità di stampa, dal diametro e dalla forma dell’ugello. Il sistema è stato quindi caratterizzato in termini di parametri di deposizione quali la viscosità del materiale, la larghezza e l’altezza di linea. Sono state riscontrate numerose limitazioni dovute alla scelta del materiale usato e alla natura del sistema. In ogni caso esso ha mostrato buone potenzialità per essere adottato nel campo del 3D bioprinting; inoltre è facile da usare e non troppo costoso.

Optimization and characterization of a commercial 3D printer for direct hydrogel writing

VOLINO, MARIANNA
2016/2017

Abstract

Compared to other techniques to create scaffolds, three- dimensional (3D) bioprinting has exciting prospects for realizing 3D tissue constructs by delivering living cells with appropriate biomaterials. A technique for controlled deposition of hydrogels and cells in specific and complex architectures is described. It employs a three-dimensional positioning system with a piston-driven syringe to deposit hydrogel structures with a highly control on the flow rate. The system was characterized in terms of deposition parameters such as piston speed, hydrogel viscosity, line width and height. A high viscosity of the hydrogel it is necessary for filament shape retention during and after extrusion. A new ink for bioprinting applications was chosen: the silk fibroin solution derived from the Bombyx mori silkworm. Here representative examples of 3D silk fibroin structures assembled layer-by-layer (8-28 layers) are reported. The thesis project focused on the ink design and its deposition mechanisms. The fluid dynamics involved in the material extrusion and spreading play an important role in the characterization and the optimization of the system. The width and height of the printed lines are, indeed, influenced by the deformation of the material upon solidification. The solidification of the printed structures occurred thanks to solute evaporation at a temperature of the stage of 40 °C. The rheological behaviour of the silk fibroin solution was studied. The 25 w/v% silk fibroin solution exhibits a shear thinning behaviour: the lower viscosity was 1.64 Pa s. The line width does not vary depending on the flow rate at a given deposition speed but by varying the deposition speed it slightly decreases. Fixing the flow rate, with a certain line width, the height also results inversely proportional to the deposition speed. The lateral and vertical resolution of the deposition system are therefore determined by the ink rheology, the printing speed and the nozzle’s diameter and shape.
EMNEUS, JENNY
HEISKANEN, ARTO
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
21-dic-2016
2016/2017
Il concetto di stampa in tre dimensioni (3D printing) fu introdotto per la prima volta nel 1983 da Charles W. Hull. È un processo di prototipazione rapida che consente la realizzazione di strutture tridimensionali, strato su strato, a partire da un modello digitale dell’oggetto. Le tecnologie di “3D printing” più comunemente utilizzate sono: la Stereolitografia (SLA), la tecnologia di Digital Light Processing (DLP), la Modellizzazione a Deposizione Fusa (FDM) e quella più recente di Direct Ink Writing (DIW). Nel corso degli anni, le tecnologie di stampa in tre dimensioni hanno acquistato una maggiore influenza nei campi più disparati: arte, architetture ed ingegneria dei tessuti. Lo scopo dell’ingegneria dei tessuti è la rigenerazione, il ripristino o la sostituzione di tessuti o organi viventi che hanno subito lesioni o ingiurie durante il corso della vita. Per raggiungere questo scopo, strutture di supporto, comunemente chiamate scaffold, vengono utilizzate in applicazioni biomediche e di ingegneria dei tessuti con l’obiettivo principale di rigenerare o sostituire funzionalmente e strutturalmente i tessuti originari. In generale gli scaffolds devono possedere alcune caratteristiche preminenti: percorsi interni che consentano la migrazione e l’adesione cellulare, adeguate proprietà meccaniche, mantenimento della forma durante la crescita cellulare ed elevata porosità per consentire la proliferazione e la differenziazione delle cellule ma anche il trasporto di ossigeno, nutrienti, fattori di crescita e l’espulsione dei prodotti di scarto. In questo ambito, le tecnologie di stampaggio in 3D consentono, rispetto a tutte le altre tecniche utilizzate per realizzare scaffolds, di ottenere una elevata ripetibilità e controllo sull’interconnessione dei pori, sulla loro distribuzione, taglia e volume portando alla realizzazione di strutture di supporto su misura. Due tipologie di scaffolds possono essere fabbricate con le tecnologie di 3D printing sopracitate: scaffold a-cellulari, in cui le cellule vengono seminate su una struttura appropriata stampata in 3D e scaffolds bio-stampati, in cui le cellule e il biomateriale scelto vengono stampati insieme per formare la struttura tridimensionale. La tecnologia di 3D bioprinting viene utilizzata per ottenere una distribuzione controllata delle cellule nelle strutture tridimensionali in modo tale che le cellule stesse non muoiano o perdano la loro funzionalità. Lo scopo del progetto è stato quindi quello di esplorare una nuova applicazione della tecnologia di stampa in 3D nel contesto dell’ingegneria dei tessuti. Il progetto ha riguardato infatti l’ottimizzazione di una stampate 3D commerciale a basso costo per la deposizione controllata di idrogeli al fine di realizzare accurate culture cellulari tridimensionali. L’iniziale dimostrazione della fattibilità dell’adattamento della stampante commerciale per la deposizione controllata di idrogeli in geometrie tridimensionali potrebbe portare alla validazione di questa tecnica per la realizzazione di tessuti e modelli cellulari. Grande importanza ha assunto inoltre la scelta e la progettazione del materiale da stampare. Il progetto di tesi ha infatti dimostrato come siano la scelta del materiale e le sue caratteristiche ad influenzare l’ottimizzazione del sistema di deposizione e non viceversa. Il sistema di deposizione è costituito da una stampante 3D, Felix 3.0 Dual extruder, e da un sistema semplice, chiamato “estrusore di pasta”, il Discov3ry, che viene elettricamente connesso alla stampante e consente l’estrusione del materiale esercitando una pressione controllata sul pistone di una siringa. Questa modalità di estrusione è tipica delle tecniche di DIW filament- based dove un materiale altamente viscoso viene estruso sotto forma di filamento continuo su un supporto mobile, in questo caso il piatto della stampante, attraverso un ugello cilindrico o di forma conica. Le prove sperimentali hanno evidenziato due problemi principali: il non perfetto controllo della quantità di materiale estruso per unità di tempo (portata) e l’inadeguatezza meccanica del supporto realizzato dall’azienda per consentire l’eventuale utilizzo della punta del Discov3ry come un secondo estrusore della stampante. Riguardo quest’ultimo problema, l’obiettivo è stato quindi quello di costruire un supporto che consentisse di calibrare facilmente la punta dell’estrusore di pasta senza comprometterne la capacità di movimento lungo l’asse Z. Il supporto finale realizzato si è inspirato al design dell’ hot-end della stampante. È importante sottolineare però come il fluido non venga riscaldato in alcuna parte del sistema di estrusione, che consente solo estrusioni a temperatura ambiente. È stato possibile invece controllare la portata attraverso la comprensione delle leggi meccaniche e fisiche che regolano il fluire del materiale lungo il sistema. Il Discov3ry si comporta come una pompa a siringa costituito da: un motore passo-passo, una trasmissione, due ruote dentate e una vite senza fine vincolata alla base in cui viene alloggiata la siringa. Potendo controllare le rivoluzioni del motore passo-passo grazie al software della stampante e noto il rapporto di riduzione dell’intero sistema, è stato possibile determinare la velocità di traslazione della vite e dunque la portata in uscita dalla siringa. La scelta del materiale è ricaduta su un nuovo tipo di idrogelo naturale, impiegato da pochi anni in ingegneria dei tessuti: la soluzione di fibroina di seta. La soluzione di fibroina di seta è un idrogelo naturale, estratto a partire dai bachi da seta Bombyx mori, che ha mostrato di essere altamente biocompatibile e possedere ottime proprietà meccaniche. In seguito al processo di estrazione, la soluzione ottenuta è una soluzione di fibroina di seta al 7-8 w/v%. Tale soluzione dal punto di vista reologico risulta essere simile all’acqua; essa quindi è stata estremamente utile in fase di comprensione e modellizzazione del sistema ma non successivamente per la realizzazione di strutture multi-strato. Materiali altamente concentrati hanno mostrato di essere particolarmente adatti per realizzazione di specifiche strutture tridimensionali in quanto capaci di mantenere la forma filamentosa anche a seguito dell’estrusione. Di conseguenza è stato necessario concentrate la soluzione per ottenere una risposta di assottigliamento al taglio (“shear thinning response”). Questo significa che aumentando la pressione o la velocità di estrusione al di sopra di un certa soglia (“shear yield stress”), la soluzione inizierà a fluire con una sempre minore viscosità e quindi risulterà più facile da stampare ma, non appena estrusa, tornando ad una condizione di sforzo nullo, essa si comporterà come un gel. E’ stato possibile concentrare la soluzione di fibroina di seta solo fino al 25 w/t%; essa ha mostrato una iniziale risposta di assottigliamento al taglio ma una viscosità non sufficiente per formare un filamento continuo che mantenesse la forma subito dopo l’estrusione. La soluzione è stata, quindi, estrusa sotto forma di gocce. La fluidodinamica coinvolta nella formazione delle gocce e nella loro dilatazione a seguito dell’impatto con il substrato o con gli altri strati sottostanti gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della risoluzione laterale e verticale del sistema. L’altezza e la larghezza delle linee stampante dipendono dalla taglia, dall’estensione della dilatazione e dalla deformazione delle gocce inseguito a solidificazione. La solidificazione delle strutture avviene in seguito all’evaporazione del contenuto d’acqua della soluzione di fibroina di seta grazie ad una temperatura del piatto della stampante di 40°C. La migliore risoluzione laterale ottenuta con il sistema utilizzato (ugello di forma cilindrica piatto con diametro interno di 610 μm ed esterno di 900 μm) è stata 850 µm ad una velocità di deposizione di 15 mm/s . La larghezza di linea non varia in dipendenza della portata ad una data velocità di deposizione ma variando la velocità di deposizione diminuisce leggermente. Fissando la portata, con una certa larghezza di linea, anche l’altezza risulta inversamente proporzionale alla velocità di deposizione. Uno spessore di 40 μm è stato ottenuto con lo stesso ugello, ad una portata di 0.4 〖mm〗^3/s e una velocità di deposizione di 2 mm/s. Sono state realizzate anche strutture a più strati. Il profilo di queste strutture è risultato non perfettamente uniforme; questo potrebbe essere dovuto al profilo rotondo delle singole linee stampate che non favorisce un supporto adeguato o alla non perfetta fusione del materiale depositato strato su strato. La risoluzione laterale e verticale del sistema di deposizione sono quindi determinate dalla proprietà reologiche della soluzione, dalla velocità di stampa, dal diametro e dalla forma dell’ugello. Il sistema è stato quindi caratterizzato in termini di parametri di deposizione quali la viscosità del materiale, la larghezza e l’altezza di linea. Sono state riscontrate numerose limitazioni dovute alla scelta del materiale usato e alla natura del sistema. In ogni caso esso ha mostrato buone potenzialità per essere adottato nel campo del 3D bioprinting; inoltre è facile da usare e non troppo costoso.
Tesi di laurea Magistrale
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