CASTIGLIONI, CHIARA
CIGADA, ALBERTO
16-dic-2014
La terapia genica consiste nel trasferimento di materiale genetico esogeno all’interno delle cellule al fine di modificarne o controllarne il profilo di espressione proteica. Negli ultimi anni è diventata una delle strategie oggetto di maggiore studio e sviluppo in ottica di un suo possibile utilizzo in ambito clinico, dal momento che offre nuovi possibili trattamenti nella cura di malattie genetiche ed acquisite. L’ingresso spontaneo degli acidi nucleici nelle cellule è limitato dalle loro grandi dimensioni e dalla loro carica negativa, che causa repulsione con le membrane cellulari cariche negativamente. E’ quindi necessario sviluppare un sistema di rilascio di geni (gene delivery system) in grado di preservare il materiale genetico dalla degradazione ad opera degli enzimi idrolitici presenti in ambiente fisiologico, di condensarlo in micro- e nano-particelle, mascherandone la carica negativa, e di trasportarlo all’interno delle cellule. Ad oggi, i principali approcci per il trasferimento di materiale genetico alle cellule sono i vettori virali e i vettori non virali. I vettori virali hanno un’ottima efficacia di trasferimento genico ma hanno seri svantaggi che ne limitano fortemente l’applicabilità in trials clinici, come i problemi di immunogenicità e mutagenicità e le ridotte dimensioni del DNA trasportabile. I vettori non virali sono perciò considerati una promettente alternativa ai vettori virali grazie alla loro maggiore sicurezza, versatilità e facilità di utilizzo. I vettori non virali sono materiali naturali o sintetici, generalmente carichi positivamente a pH fisiologico. Essi interagiscono elettrostaticamente con gli acidi nucleici e li condensano in particelle di dimensioni micro- o nanometriche, che proteggono il materiale genetico dalla degradazione fino al raggiungimento delle cellule target (trasfezione). Nonostante lo sviluppo di un gran numero di vettori per gene delivery, restano da risolvere numerosi problemi che impediscono un efficace trasferimento genico. In questo contesto, l’obiettivo di questa tesi di dottorato è stato quello di affrontare alcuni dei numerosi problemi ancora irrisolti nel campo del gene delivery, mediante lo sviluppo, la caratterizzazione e/o l’ottimizzazione di polimeri cationici di nuova sintesi e commerciali. Con l’obiettivo di unire l’elevata efficienza di trasfezione della polietilenimmina ramificata (bPEI) con la biodegradabilità del chitosano, diverse quantità di bPEI 2 kDa sono state legate covalentemente al chitosano, ottenendo una serie di sette copolimeri chitosano-graft-bPEI (Chi-g-bPEIx). Al crescere del grado di grafting dei copolimeri, aumenta la carica superficiale e la tossicità dei complessi polimero/DNA (poliplessi) risultanti. Il copolimero con un grado di grafting intermedio (2.7%) è risultato il più efficiente e ha mostrato una maggiore efficienza di trasfezione e una minore tossicità rispetto al gold standard bPEI 25 kDa. Abbiamo quindi dimostrato che la struttura chimica del polimero, in questo caso il grado di grafting, influenza direttamente la carica superficiale, l’efficienza di trasfezione e la citotossicità dei poliplessi ottenuti a partire dai copolimeri sviluppati. Uno dei copolimeri Chi-g-bPEI è stato inoltre caratterizzato con la spettroscopia di fluorescenza risolta in tempo in presenza di SYBR Green I, al fine di indagare il processo di complessazione del DNA. Le misure dell’ampiezza e del tempo di vite della fluorescenza durante la complessazione del DNA da parte del copolimero Chi-g-bPEI, del bPEI 2 kDa e del gold standard bPEI 25 kDa hanno evidenziato conformazioni polimero-dipendenti del DNA all’interno dei poliplessi. Le dinamiche di fluorescenza risolta in tempo hanno fornito informazioni sui processi di formazione dei poliplessi e decomplessazione in presenza di anioni. Le relazioni evidenziate tra il comportamento ottico, le proprietà chimico-fisiche e l’efficienza di trasfezione dei poliplessi a base del copolimero Chi-g-bPEI hanno messo in luce le sue maggiore capacità trasfettanti. Inoltre, sono stati sviluppati tre composti, legando covalentemente tre amminoglicosidi, neamina, paromomicina e neomicina, al dendrimero poliammidoammina generazione 4 (dPAMAM G4). I composti dPAMAM G4-paromomicina e G4-neomicina, complessati con il DNA al loro rapporto di carica (N/P, il rapporto tra la concentrazione delle cariche positive dei vettori e quella delle cariche negative del DNA al momento della complessazione) ottimale, hanno mostrato maggiore efficienza di trasfezione e minore tossicità rispetto al dPAMAM e al gold standard bPEI 25 kDa. In aggiunta, date le note proprietà antibiotiche degli amminoglicosidi, è stato investigato se il loro legame con il dPAMAM e la successiva complessazione con il DNA non influenzasse queste proprietà. Le proprietà antibatteriche dei derivati del dPAMAM sono risultate superiori a quelle del dPAMAM e non sono influenzate dalla complessazione con il DNA. I composti dPAMAM G4-paromomicina e G4-neomicina sono risultati in grado di trasfettare efficacemente cellule eucariote e contemporaneamente di inibire la crescita di cellule batteriche. Il composto dPAMAM G4-paromomicina ha mostrato la massima efficienza di trasfezione e le migliori proprietà antibatteriche, risultando adatto a future applicazioni in vivo. Infine, è stato effettuato un confronto tra i polimeri commerciali maggiormente utilizzati in gene delivery, al fine di studiare le relazioni tra le proprietà intrinseche dei polimeri, le condizioni sperimentali e i risultati in trasfezione. Il lPEI, il bPEI, la lPLL e il dPAMAM, ciascuno a diversi pesi molecolari, sono stati complessati con il DNA e caratterizzati per le loro proprietà chimico-fisiche e per le loro capacità trasfettanti in funzione del rapporto N/P e del buffer di complessazione. Il lPEI 25 kDa complessato a N/P 40 in NaCl 150 mM è risultato il polimero più efficiente. Successivamente, sono stati valutati fattori quali la composizione del terreno di coltura, l’ordine di miscelamento di polimero e DNA, il tempo di trasfezione, la dose di poliplessi amministrata alle cellule, la densità di semina delle cellule e il volume di terreno di coltura. La variazione delle condizioni sperimentali ha influenzato maggiormente la tossicità e la concentrazione del DNA è risultata essere un parametro chiave nel gene delivery. Dall’ottimizzazione dei parametri di trasfezione, sono state ottenute informazioni utili sulle condizioni sperimentali per lo screening in vitro dei vettori non virali. In conclusione, i risultati ottenuti in questo lavoro hanno rivelato che l’integrazione di diverse funzionalità in un unico trasfettante è un approccio promettente per lo sviluppo di sistemi multifunzionali nuovi e più efficienti, che condensino i vantaggi dei materiali di partenza. Lo studio delle relazioni struttura-attività ha permesso di identificare le relazioni esistenti tra le caratteristiche strutturali dei vettori polimerici di nuova sintesi e commerciali, le proprietà chimico-fisiche dei complessi vettore/DNA e le loro capacità trasfettanti, fornendo informazioni utili per lo sviluppo di trasfettanti sempre più efficienti. Ulteriori progressi in quest’area di ricerca richiederanno approcci interdisciplinari finalizzati alla comprensione del ruolo della struttura chimica del vettore e delle proprietà chimico-fisiche del complesso vettore/DNA, insieme allo sviluppo di modelli matematici e all’approfondimento della conoscenza dei meccanismi cellulari in gioco nel processo di trasfezione.
Gene therapy can be broadly defined as the introduction of genetic material, either DNA or RNA, into target cells in order to modify and control their protein expression. Offering new treatment possibilities for both inherited and acquired human diseases, in the last two decades, gene therapy has become one of the most intensively developing strategies for current clinical research. Direct administration of free oligonucleotides and DNA to cells is rather ineffective because of their large dimensions and their anionic charge that does induce repulsion with the negatively charged biological cell surfaces. Therefore, it is necessary to develop efficient and safe gene delivery systems able to protect DNA against degradation by nucleases and transfer the genetic materials to target cells. To date, the two main approaches for the delivery of genetic materials into cells are based on viral and non-viral vectors. Viral vectors are reported to be highly effective but they all share many critical disadvantages which strongly limit their clinical application, such as immunogenic and mutagenic issues, and the limited extent of the DNA they can carry. In light of these drawbacks and due to their high standards in terms of safety, versatility and easiness of use, non-viral vectors have been proposed as promising and safer alternatives. Non-viral vectors for gene delivery are natural or synthetic materials which are positively charged at physiological pH. They spontaneously interact with the anionic nucleic acids and condense them into micro- and nano-scale particles, which protect the genetic material from degradation until they reach their targets. Unfortunately, despite the development of an extensive number of reagents, several issues still need to be solved, hindering efficient non-viral gene delivery. In this scenario, the aim of my Ph.D. thesis was to address some of the unsolved issues in the gene delivery field, by developing, characterizing and/or optimizing some newly synthesized and commercially available cationic polymers. With the aim to combine the high transfection efficiency of branched polyethylenimine (bPEI) with the biodegradability of chitosan, 2 kDa bPEI was grafted to the chitosan backbone, obtaining a series of seven chitosan-graft-bPEI copolymers with different degrees of grafting (Chi-g-bPEIx). Along the Chi-g-bPEIx series, the higher the degree of grafting, the greater the ζ-potential and the cytotoxicity of the resulting polyplexes. Among the copolymer series, chitosan-graft-bPEI with an intermediate grafting degree of 2.7% was the most effective transfectant and allowed for increased transfection efficiency and lower cytotoxicity than the gold standard polymeric transfectant 25 kDa bPEI. Most important, we demonstrated how the degree of grafting directly affects the surface charge, the transfection efficiency and the cytotoxicity of copolymer-based polyplexes. Moreover, in order to expand the understanding of the processes of gene delivery, a Chi-g-bPEIx copolymer was further characterized for its complexation behavior with time-resolved fluorescence spectroscopy in combination with SYBR Green I. Fluorescence amplitude and lifetime measurements during DNA-condensation by a Chi-g-bPEI copolymer, the building block 2 kDa bPEI and the gold standard 25 kDa bPEI highlighted polymer-specific DNA arrangements within the polyplexes. Dynamic time-resolved fluorescence measurements provided better insights into the process of polyplex formation and disassembly in the presence of anionic competitors. Some relationships existing among the optical behavior, the physicochemical properties and the transfection activity of Chi-g-bPEI-based polyplexes shed light on their superior transfection properties. A family of three aminoglycoside-rich dendrimers, based on polyamidoamine dendrimer generation 4 (dPAMAM G4) linked to neamine, paromomycin and neomycin, was developed. Conjugation of dPAMAM with paromomycin and neomycin led to products with increased transfection efficiencies and lower cytotoxicities compared to the unconjugated dPAMAM. Moreover, dPAMAM G4-paromomycin and G4-neomycin, at their optimum N/P, displayed enhanced transgene expression also compared to the gold standard 25 kDa bPEI. Moreover, given the well-known antibiotic properties of aminoglycosides, dPAMAM G4-conjugates were tested whether they still possessed antibacterial activity, either alone or in combination with the plasmid DNA (pDNA). The conjugation of dPAMAM G4 to aminoglycosides greatly enhanced its antimicrobial activity. Moreover, the antibacterial properties of dPAMAM G4 derivatives were not influenced by their complexation with DNA. Of note, dPAMAM G4-paromomycin and G4-neomycin were shown to efficiently transfect mammalian cells and to inhibit bacterial growth at once. Importantly, dPAMAM G4-paromomycin displayed the highest transfection effectiveness and prominent antibacterial activities, disclosing this polymer as very suitable for future in vivo applications. Finally, aiming to study the correlation among the intrinsic properties of cationic polymers, the experimental conditions and the in vitro transfection outcomes, a systematic comparison of the most used commercially sourced polymers for gene delivery was carried out and the role of several important parameters affecting the transfection efficiency was evaluated. lPEIs, bPEIs, lPLLs, and dPAMAMs, differing in Mw, were characterized after complexation in terms of physicochemical properties and transfection behavior as a function of N/P and complexation buffer. Of note, 25 kDa lPEI complexed at N/P 40 in 150 mM NaCl was by far the most effective transfectant. Moreover, factors such as the composition of the culture medium, the order of mixing of the reagents, the transfection time, the dose of polyplexes delivered to cells, the cell seeding density, and the volume of culture medium were evaluated experimentally. Of note, the cytotoxicity was mainly influenced by the variation of the experimental conditions, and the pDNA concentration was revealed to be a key parameter in gene delivery. By optimizing the transfection parameters, we provided useful information on testing conditions for the in vitro screening of non-viral gene vectors. In conclusion, my thesis shows that the integration of different moieties into a single transfectant is a promising approach to design new and more effective multifunctional systems, which join the advantages of their building blocks. The structure-activity relationship studies have established the correlations among the chemical structure of newly synthesized and commercially sourced polymeric gene vectors, the physicochemical properties of vector/DNA complexes and their biological activity, providing useful information for the rational design of more and more effective transfectants. Further advances in this area would require interdisciplinary approaches to understand the role of the vector chemistry, and the physicochemical properties of the vector/DNA complex, combined with mathematical modeling and fundamental studies of cellular processes.
Tesi di dottorato