Il tema oggetto di studio è la progettazione del nuovo campus per la ricerca scientifica e la didattica della Columbia University a New York, finalizzata al ridisegno di un'ampia area industriale di Manhattanville. La Columbia University è sorta neI 1896 presso Harlem, quartiere segnato fino a poco tempo fa da un triste alone di violenza e criminalità, ma alquanto significativo per la storia dì New York: qui, infatti, sono nate le istanze sociali di Martin Luther King, le proteste delle Black Panthers e il jazz. Proprio sulla base di queste considerazioni prende avvio il piano di ampliamento della Columbia University, improntato ad una ridefinizione del ruolo del campus all’interno del quartiere, quale motore per la rinascita delle relazioni sociali e come risposta alle aspettative di integrazione dei cittadini. Partendo dal concetto europeo di piazza e spazio pubblico, il progetto si articola intorno ad un grande luogo di integrazione tra vita quotidiana e strutture didattiche. La proposta architettonica si pone l’obiettivo di andare a definire il progetto come un “dispositivo urbano” ovvero un oggetto ambiguo, che possegga attributi dell’opera di architettura che ne consentono l’“abitabilità” e, al tempo stesso, permetta la tutela delle libertà tipologiche e spaziali tipiche dello spazio pubblico urbano. Il campus è una superficie continua di spazio pubblico che si forma e modella a servizio della città, scolpendo in essa delle brecce che diventano prese d’aria e di luce per gli spazi seminterrati e che scompongono e diversificano lo spazio pubblico soprastante. L’azione del piegare questa superficie costituisce l’atto generativo del progetto: un suolo artificiale, che ridisegna la topografia originale del sito, pensato come una grande piazza, si innalza progressivamente trasformandosi in gradonata, in terrazza, in facciata. Questa suggestione porta alla luce sia la voglia di popolare lo spazio pubblico di veri e propri dispositivi architettonici, superando la sterilità dell’“arredo urbano”, sia la capacità di tali dispositivi di esplorare nuovi orizzonti materici e formali in un rinnovato e proficuo incontro tra scultura, architettura e design.
Manhattanville urban campus : ampliamento della Columbia University a New York City
VERNOCCHI, DAVIDE
2013/2014
Abstract
Il tema oggetto di studio è la progettazione del nuovo campus per la ricerca scientifica e la didattica della Columbia University a New York, finalizzata al ridisegno di un'ampia area industriale di Manhattanville. La Columbia University è sorta neI 1896 presso Harlem, quartiere segnato fino a poco tempo fa da un triste alone di violenza e criminalità, ma alquanto significativo per la storia dì New York: qui, infatti, sono nate le istanze sociali di Martin Luther King, le proteste delle Black Panthers e il jazz. Proprio sulla base di queste considerazioni prende avvio il piano di ampliamento della Columbia University, improntato ad una ridefinizione del ruolo del campus all’interno del quartiere, quale motore per la rinascita delle relazioni sociali e come risposta alle aspettative di integrazione dei cittadini. Partendo dal concetto europeo di piazza e spazio pubblico, il progetto si articola intorno ad un grande luogo di integrazione tra vita quotidiana e strutture didattiche. La proposta architettonica si pone l’obiettivo di andare a definire il progetto come un “dispositivo urbano” ovvero un oggetto ambiguo, che possegga attributi dell’opera di architettura che ne consentono l’“abitabilità” e, al tempo stesso, permetta la tutela delle libertà tipologiche e spaziali tipiche dello spazio pubblico urbano. Il campus è una superficie continua di spazio pubblico che si forma e modella a servizio della città, scolpendo in essa delle brecce che diventano prese d’aria e di luce per gli spazi seminterrati e che scompongono e diversificano lo spazio pubblico soprastante. L’azione del piegare questa superficie costituisce l’atto generativo del progetto: un suolo artificiale, che ridisegna la topografia originale del sito, pensato come una grande piazza, si innalza progressivamente trasformandosi in gradonata, in terrazza, in facciata. Questa suggestione porta alla luce sia la voglia di popolare lo spazio pubblico di veri e propri dispositivi architettonici, superando la sterilità dell’“arredo urbano”, sia la capacità di tali dispositivi di esplorare nuovi orizzonti materici e formali in un rinnovato e proficuo incontro tra scultura, architettura e design.File | Dimensione | Formato | |
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