Considerando che la situazione in Europa stia vivendo un ripensamento basato sulla necessità di operazioni minime e di un risparmio del consumo di suolo, si riscontra sempre di più nel panorama generale un cambiamento culturale di bisogni e di valori possibile attraverso una metamorfosi delle strutture esistenti, in grado di migliore le prestazione dell'edificio dal punto di vista dell'efficienza e della sostenibilità. Contrariamente a quanto accaduto fino agli anni ottanta, negli anni più recenti l’architettura sembra non essere più chiamata a svolgere alcuna funzione “trainante” all’interno del panorama economico e culturale italiano, cessando di rivestire quel ruolo di “sintesi” che in altri momenti ha consentito alla società, alle città, all’interno del paese di trasformare, se stessi. È in questo quadro culturale che il tema dell’ “innesto”, da intendersi in termini architettonici, viene calato nel campo della produzione industriale. Dopo un paio di decenni in cui, dalla fine degli anni novanta agli inizi del duemila, si è prestata particolare attenzione alla progettazione vinicola e al suo contesto, e in cui si è cercato di porre rimedio alle lacerazioni degli anni settanta dell’industria sul paesaggio, la cantina vinicola si è trasformata in elemento di identità del panorama locale. In questo scenario nasce il progetto per la cantina sociale di Custoza, un’ architettura industriale calata in un contesto urbano rurale. L’innesto è stato inteso come quella pratica progettuale, capace di “agire con efficacia e sensibilità in contesti urbani stratificati”. Il progetto è stato affrontato ponendo come obbiettivo la trasformazione progettuale degli stabilimenti vinicoli nel rispetto delle preesistenze e della sostenibilità economica dei processi produttivi, per poter dare alla committenza la possibilità di rinnovare l’immagine aziendale pur non stravolgendo l’intero assetto strutturale. Alcune funzioni sono state ricollocate, altre invece sono state aggiunte per poter fare della cantina un luogo del lavoro e del fare, ma anche un luogo dell’enfatizzazione e della diffusione della cultura vinicola.

La cultura dell'innesto. La cantina vinicola da luogo di produzione a elemento di paesaggio

ANEDDA, MARIA CAROLINA;BARONCHELLI, CRISTINA;GIARDINA, ADRIANA
2013/2014

Abstract

Considerando che la situazione in Europa stia vivendo un ripensamento basato sulla necessità di operazioni minime e di un risparmio del consumo di suolo, si riscontra sempre di più nel panorama generale un cambiamento culturale di bisogni e di valori possibile attraverso una metamorfosi delle strutture esistenti, in grado di migliore le prestazione dell'edificio dal punto di vista dell'efficienza e della sostenibilità. Contrariamente a quanto accaduto fino agli anni ottanta, negli anni più recenti l’architettura sembra non essere più chiamata a svolgere alcuna funzione “trainante” all’interno del panorama economico e culturale italiano, cessando di rivestire quel ruolo di “sintesi” che in altri momenti ha consentito alla società, alle città, all’interno del paese di trasformare, se stessi. È in questo quadro culturale che il tema dell’ “innesto”, da intendersi in termini architettonici, viene calato nel campo della produzione industriale. Dopo un paio di decenni in cui, dalla fine degli anni novanta agli inizi del duemila, si è prestata particolare attenzione alla progettazione vinicola e al suo contesto, e in cui si è cercato di porre rimedio alle lacerazioni degli anni settanta dell’industria sul paesaggio, la cantina vinicola si è trasformata in elemento di identità del panorama locale. In questo scenario nasce il progetto per la cantina sociale di Custoza, un’ architettura industriale calata in un contesto urbano rurale. L’innesto è stato inteso come quella pratica progettuale, capace di “agire con efficacia e sensibilità in contesti urbani stratificati”. Il progetto è stato affrontato ponendo come obbiettivo la trasformazione progettuale degli stabilimenti vinicoli nel rispetto delle preesistenze e della sostenibilità economica dei processi produttivi, per poter dare alla committenza la possibilità di rinnovare l’immagine aziendale pur non stravolgendo l’intero assetto strutturale. Alcune funzioni sono state ricollocate, altre invece sono state aggiunte per poter fare della cantina un luogo del lavoro e del fare, ma anche un luogo dell’enfatizzazione e della diffusione della cultura vinicola.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
18-dic-2014
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/102968