La scelta di affrontare un periodo storico come quello degli anni della ricostruzione e in particolar modo di soffermarsi sull’intrecciarsi dei rapporti fra due discipline, ingegneria e architettura, oggi divise all’interno del mondo lavorativo e accademico in una rigida spartizione degli incarichi, è funzionale allo sviluppo di una riflessione sugli elementi stessi dell’architettura. Tema di pressante attualità proposto anche da numerose esposizioni e pubblicazioni, fra tutte la Biennale di Architettura 2014, diretta da Rem Koolhaas, che nella parola Fundamentals traduce questi intenti. L’analisi storica diviene per noi un mezzo di proposizione e di valorizzazione di un modo di fare architettura consapevole; conscia della necessità e della conoscenza dei sistemi costruttivi. Un’architettura in cui la materia e la tecnica, al servizio dello spazio e della forma, ritrovano il loro ruolo. Partendo dalle sperimentazioni degli anni precedenti al secondo conflitto mondiale, arrivando fino al periodo della massima diffusione - fine anni Cinquanta - si vuole mostrare lo sviluppo dei sistemi strutturali a guscio e le strutture forma-resistenti. Il lavoro intende proporre un catalogo di opere di particolare rilievo, rintracciate su pubblicazioni dell’epoca come gli scritti di Pier Luigi Nervi, Felix Candela, Mario Salvadori e Eduardo Torroja, riviste e periodici italiani come “Casabella”, “Domus”, “L’architettura. Cronache e Storia”, “Spazio” e internazionali come “Architectural Forum”, “Architectural Review”, “Architectural Record”, “Architects’ Journal”, “L’architecture d’aujourd’hui” e “Architektura CSSR”. Attingendo a libri come Schalenbau: Konstruktion und Gestaltung di Jürgen Joedicke (1962) e Tragsysteme di Heino Engel (1967) - dove viene fatta una prima catalogazione sulla base della forma strutturale - è stato realizzato un documento con più di 300 opere schedate e ordinate per anno di costruzione, successivamente digitalizzate e utilizzate dal dipartimento DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Questo lavoro si è rivelato utile per una prima ricostruzione della storia della diffusione e dello sviluppo di questi sistemi formali in Italia e nel mondo. Tracciando diagrammi che mettono in rapporto le opere per anno di realizzazione, luogo e autore, è stato possibile creare mappe delle relazioni fra i principali interpreti, segnalando i loro spostamenti e le loro aree d’azione e di influenza. I momenti presi in considerazione hanno visto lo sviluppo di opere significative e oggi difficilmente riproducibili per qualità e concezione progettuale. Ai progressi della tecnica sono seguiti quelli della ricerca spaziale e formale facendo un tutt’uno dell’opera architettonica. Struttura, forma e funzione sono interpretati attraverso elementi unici capaci di risolvere l’edificio con un’efficace sintesi. Al miglioramento dei sistemi costruttivi segue una loro diffusione che non tarda ad essere adottata a livello internazionale per scopi mediatici e divulgativi. È così che da ricerche, spesso individuali, di ingegneri e architetti come Nervi, Torroja, Candela e prima di loro Robert Maillart, Eugène Freyssinet e altri, si passa a una produzione di massa, trasformando tali forme in medium della modernità. La necessità di evidenziare una netta cesura con la civiltà prebellica e la volontà di esaltare quella della ricostruzione mette le diverse nazioni in competizione. Gli edifici spinti ai limiti della tecnica raggiungono livelli di altissima qualità e poetica. Siamo agli albori della “space age”; in questa frenetica gara alla scoperta scientifica, l’architettura non può esimersi dall’essere terreno di sperimentazione. Anche a livello urbanistico i gusci strutturali assumono un’importante significato; posizionate spesso a completamento di grandi interventi di ricostruzione e di riurbanizzazione divengono condensatori di funzioni, simboli delle teorie moderniste. La ricerca - partendo dalla già citata enfasi della ricostruzione fino alla rappresentazione del conflitto fra i due blocchi, quello sovietico da una parte e quello occidentale dell’altra - pone l’attenzione sulle condizioni sociologiche, economiche e politiche che nei diversi paesi hanno accompagnato la diffusione delle strutture. I primi paesi presi in esame sono quelli anglosassoni, dove vengono adottati i principi del movimento moderno per la ricostruzione con uno spirito lungimirante di rinascita e rinnovo dell’architettura. In una seconda fase si orienta l’attenzione sui paesi del blocco sovietico analizzando la loro iniziale scelta di opporsi al modernismo mediante l’adozione del realismo socialista poi abbandonato – verso la fine degli anni Cinquanta – in favore di una sfrenata corsa tecnologica. Negli equilibri generati da questo “scontro” di nazioni i paesi adottano il modernismo con differenti modalità arricchendolo di simboli e significati fortemente legati alla cultura autoctona. Il cambiamento di paradigma avviene verso la fine degli anni Sessanta, quando la modernità assume altre forme, trasformandosi cioè nell’incorporea comunicazione di massa, espressa dai nuovi media quali televisione, radio e i primi personal computer. A questo punto l’architettura e con lei la sperimentazione strutturale sono costrette a trovare in altre figure le risposte alla contemporaneità, ponendo fine al periodo d’oro dell’ibridazione fra le discipline. Fine della ricerca è sottolineare l’importanza, evidente in quegli anni, dell’integrazione tra conoscenza tecnica e compositiva, madre di risultati di altissimo livello artistico, architettonico e ingegneristico. La rilettura di questi avvenimenti risulta indispensabile per evidenziare l’attuale dicotomia che affligge le due discipline e che in molti casi le vede in conflitto, rendendo difficile il passaggio dal progetto all’architettura costruita. A questa lettura storica si accostano quella tipologica-strutturale e architettonica attuate mediante il ridisegno critico di nove casi studio assunti a rappresentazione delle principali figure presenti in archivio. Ad ogni struttura vengono affiancate una lettura formale, spaziale e strutturale, imprescindibili l’una dall’altra. Schemi, diagrammi, schizzi e modelli concorrono a evidenziare la volontà simbolica e tecnologica di queste architetture e dei loro realizzatori, protagonisti di un periodo storico fortemente ricco culturalmente e tecnologicamente. La volontà di ibridare storia, ingegneria e architettura nella realizzazione dell’elaborato è funzionale, oltre ad una lettura complessiva del fenomeno, allo sviluppo di un metodo di lavoro adatto e applicabile alla progettazione architettonica contemporanea.

Struttura e forma. Sperimentazioni ingegneristiche e architettoniche nel periodo del secondo dopoguerra

CORBETTA, ANDREA;DE CRESCENZO, STEFANO GIUSEPPE ETTORE
2013/2014

Abstract

La scelta di affrontare un periodo storico come quello degli anni della ricostruzione e in particolar modo di soffermarsi sull’intrecciarsi dei rapporti fra due discipline, ingegneria e architettura, oggi divise all’interno del mondo lavorativo e accademico in una rigida spartizione degli incarichi, è funzionale allo sviluppo di una riflessione sugli elementi stessi dell’architettura. Tema di pressante attualità proposto anche da numerose esposizioni e pubblicazioni, fra tutte la Biennale di Architettura 2014, diretta da Rem Koolhaas, che nella parola Fundamentals traduce questi intenti. L’analisi storica diviene per noi un mezzo di proposizione e di valorizzazione di un modo di fare architettura consapevole; conscia della necessità e della conoscenza dei sistemi costruttivi. Un’architettura in cui la materia e la tecnica, al servizio dello spazio e della forma, ritrovano il loro ruolo. Partendo dalle sperimentazioni degli anni precedenti al secondo conflitto mondiale, arrivando fino al periodo della massima diffusione - fine anni Cinquanta - si vuole mostrare lo sviluppo dei sistemi strutturali a guscio e le strutture forma-resistenti. Il lavoro intende proporre un catalogo di opere di particolare rilievo, rintracciate su pubblicazioni dell’epoca come gli scritti di Pier Luigi Nervi, Felix Candela, Mario Salvadori e Eduardo Torroja, riviste e periodici italiani come “Casabella”, “Domus”, “L’architettura. Cronache e Storia”, “Spazio” e internazionali come “Architectural Forum”, “Architectural Review”, “Architectural Record”, “Architects’ Journal”, “L’architecture d’aujourd’hui” e “Architektura CSSR”. Attingendo a libri come Schalenbau: Konstruktion und Gestaltung di Jürgen Joedicke (1962) e Tragsysteme di Heino Engel (1967) - dove viene fatta una prima catalogazione sulla base della forma strutturale - è stato realizzato un documento con più di 300 opere schedate e ordinate per anno di costruzione, successivamente digitalizzate e utilizzate dal dipartimento DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Questo lavoro si è rivelato utile per una prima ricostruzione della storia della diffusione e dello sviluppo di questi sistemi formali in Italia e nel mondo. Tracciando diagrammi che mettono in rapporto le opere per anno di realizzazione, luogo e autore, è stato possibile creare mappe delle relazioni fra i principali interpreti, segnalando i loro spostamenti e le loro aree d’azione e di influenza. I momenti presi in considerazione hanno visto lo sviluppo di opere significative e oggi difficilmente riproducibili per qualità e concezione progettuale. Ai progressi della tecnica sono seguiti quelli della ricerca spaziale e formale facendo un tutt’uno dell’opera architettonica. Struttura, forma e funzione sono interpretati attraverso elementi unici capaci di risolvere l’edificio con un’efficace sintesi. Al miglioramento dei sistemi costruttivi segue una loro diffusione che non tarda ad essere adottata a livello internazionale per scopi mediatici e divulgativi. È così che da ricerche, spesso individuali, di ingegneri e architetti come Nervi, Torroja, Candela e prima di loro Robert Maillart, Eugène Freyssinet e altri, si passa a una produzione di massa, trasformando tali forme in medium della modernità. La necessità di evidenziare una netta cesura con la civiltà prebellica e la volontà di esaltare quella della ricostruzione mette le diverse nazioni in competizione. Gli edifici spinti ai limiti della tecnica raggiungono livelli di altissima qualità e poetica. Siamo agli albori della “space age”; in questa frenetica gara alla scoperta scientifica, l’architettura non può esimersi dall’essere terreno di sperimentazione. Anche a livello urbanistico i gusci strutturali assumono un’importante significato; posizionate spesso a completamento di grandi interventi di ricostruzione e di riurbanizzazione divengono condensatori di funzioni, simboli delle teorie moderniste. La ricerca - partendo dalla già citata enfasi della ricostruzione fino alla rappresentazione del conflitto fra i due blocchi, quello sovietico da una parte e quello occidentale dell’altra - pone l’attenzione sulle condizioni sociologiche, economiche e politiche che nei diversi paesi hanno accompagnato la diffusione delle strutture. I primi paesi presi in esame sono quelli anglosassoni, dove vengono adottati i principi del movimento moderno per la ricostruzione con uno spirito lungimirante di rinascita e rinnovo dell’architettura. In una seconda fase si orienta l’attenzione sui paesi del blocco sovietico analizzando la loro iniziale scelta di opporsi al modernismo mediante l’adozione del realismo socialista poi abbandonato – verso la fine degli anni Cinquanta – in favore di una sfrenata corsa tecnologica. Negli equilibri generati da questo “scontro” di nazioni i paesi adottano il modernismo con differenti modalità arricchendolo di simboli e significati fortemente legati alla cultura autoctona. Il cambiamento di paradigma avviene verso la fine degli anni Sessanta, quando la modernità assume altre forme, trasformandosi cioè nell’incorporea comunicazione di massa, espressa dai nuovi media quali televisione, radio e i primi personal computer. A questo punto l’architettura e con lei la sperimentazione strutturale sono costrette a trovare in altre figure le risposte alla contemporaneità, ponendo fine al periodo d’oro dell’ibridazione fra le discipline. Fine della ricerca è sottolineare l’importanza, evidente in quegli anni, dell’integrazione tra conoscenza tecnica e compositiva, madre di risultati di altissimo livello artistico, architettonico e ingegneristico. La rilettura di questi avvenimenti risulta indispensabile per evidenziare l’attuale dicotomia che affligge le due discipline e che in molti casi le vede in conflitto, rendendo difficile il passaggio dal progetto all’architettura costruita. A questa lettura storica si accostano quella tipologica-strutturale e architettonica attuate mediante il ridisegno critico di nove casi studio assunti a rappresentazione delle principali figure presenti in archivio. Ad ogni struttura vengono affiancate una lettura formale, spaziale e strutturale, imprescindibili l’una dall’altra. Schemi, diagrammi, schizzi e modelli concorrono a evidenziare la volontà simbolica e tecnologica di queste architetture e dei loro realizzatori, protagonisti di un periodo storico fortemente ricco culturalmente e tecnologicamente. La volontà di ibridare storia, ingegneria e architettura nella realizzazione dell’elaborato è funzionale, oltre ad una lettura complessiva del fenomeno, allo sviluppo di un metodo di lavoro adatto e applicabile alla progettazione architettonica contemporanea.
JURINA, LORENZO
DEAMBROSIS, FEDERICO
COVIC, IVICA
ARC I - Scuola di Architettura e Società
18-dic-2014
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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