CAMILLO GUERRA ingegnere, architetto, docente universitario è uno dei maggiori esponenti della cultura tecnica del XX secolo a Napoli. Non apprezzato adeguatamente dai suoi contemporanei, le sue opere ci consentono di cogliere un aspetto della cultura architettonica del nostro paese ancora inesplorato. Lo studio avvenuto attraverso materiale bibliografico, archivistico e visite dirette sui luoghi ha messo in evidenza l’abilità del Nostro nelle tecniche costruttive tradizionali ed innovative, abbinate allo studio e conoscenza dei materiali edili lapidei e del cemento armato e carpenteria metallica che usa combinandoli con grande sapienza ed originalità in ogni campo in cui si è trovato ad operare, dalla costruzione al restauro, dall'arredo allo spazio urbano. Lo caratterizzano infatti poliedricità e versatilità nell'attività lavorativa, passione per il dettaglio tecnologico, alta sensibilità verso i temi estetici e funzionali, forte senso di ottimismo e di fede nel progresso tecnologico. Proveniente da un ambiente familiare culturalmente ricco subisce inizialmente l’influenza del padre Alfonso; successivamente condizionato dall'operare prevalentemente alle dipendenze dello Stato, la sua intensa produzione architettonica è contraddistinta dalla costante ricerca di uno stile personale. Il suo peculiare carattere stilistico è ascrivibile ad una posizione intermedia tra forme eclettiche che caratterizzano prevalentemente le opere giovanili degli anni ’20 e forme tendenti al modernismo che sono le espressioni delle opere della maturità, fine anni ’30 ed anni ’40. Nella maturità si libera dai condizionamenti esterni, fa sue le istanze proveniente dall'Europa e dà vita a forme espressive schiette ed autonome, in cui la decorazione dell’edificio è data puramente dal forte effetto cromatico e materico degli elementi di rivestimento. Ciò è visibile in particolar modo nella seconda versione progettuale del Palazzo dei Telefoni di via Depretis a Napoli (1945-46), riprogettato dallo stesso Guerra dopo 20 anni in seguito ai danneggiamenti subiti dall'edificio durante la seconda guerra mondiale. In quest'opera, che è quella che meglio sintetizza le vicende personali e culturali del tecnico partenopeo, egli pensa di gettare in opera pilastri di calcestruzzo armati all'interno di casseformi in mattoni e tufo, definendo così il canone dell’architettura tradizionale come intima rispondenza tra struttura portante e forma architettonica. Non rinuncia mai alla chiarezza e semplicità dell’impianto strutturale ed ai riferimenti alla tradizione, intesa da Guerra come recupero di valori di un’epoca. Le sue opere ed i suoi numerosissimi progetti interpretano in modo del tutto personale il travagliato passaggio tra vecchio e nuovo e rappresentano una voce estremamente significativa nell'ambito della dialettica tradizione-innovazione e della retorica celebrativa del Regime. Per questo motivo, Camillo Guerra è da considerare un interprete esemplare dell’architettura del suo tempo.
Camillo Guerra. Metamorfosi di un architetto eclettico
CANNIZZARO, ANGELA
2013/2014
Abstract
CAMILLO GUERRA ingegnere, architetto, docente universitario è uno dei maggiori esponenti della cultura tecnica del XX secolo a Napoli. Non apprezzato adeguatamente dai suoi contemporanei, le sue opere ci consentono di cogliere un aspetto della cultura architettonica del nostro paese ancora inesplorato. Lo studio avvenuto attraverso materiale bibliografico, archivistico e visite dirette sui luoghi ha messo in evidenza l’abilità del Nostro nelle tecniche costruttive tradizionali ed innovative, abbinate allo studio e conoscenza dei materiali edili lapidei e del cemento armato e carpenteria metallica che usa combinandoli con grande sapienza ed originalità in ogni campo in cui si è trovato ad operare, dalla costruzione al restauro, dall'arredo allo spazio urbano. Lo caratterizzano infatti poliedricità e versatilità nell'attività lavorativa, passione per il dettaglio tecnologico, alta sensibilità verso i temi estetici e funzionali, forte senso di ottimismo e di fede nel progresso tecnologico. Proveniente da un ambiente familiare culturalmente ricco subisce inizialmente l’influenza del padre Alfonso; successivamente condizionato dall'operare prevalentemente alle dipendenze dello Stato, la sua intensa produzione architettonica è contraddistinta dalla costante ricerca di uno stile personale. Il suo peculiare carattere stilistico è ascrivibile ad una posizione intermedia tra forme eclettiche che caratterizzano prevalentemente le opere giovanili degli anni ’20 e forme tendenti al modernismo che sono le espressioni delle opere della maturità, fine anni ’30 ed anni ’40. Nella maturità si libera dai condizionamenti esterni, fa sue le istanze proveniente dall'Europa e dà vita a forme espressive schiette ed autonome, in cui la decorazione dell’edificio è data puramente dal forte effetto cromatico e materico degli elementi di rivestimento. Ciò è visibile in particolar modo nella seconda versione progettuale del Palazzo dei Telefoni di via Depretis a Napoli (1945-46), riprogettato dallo stesso Guerra dopo 20 anni in seguito ai danneggiamenti subiti dall'edificio durante la seconda guerra mondiale. In quest'opera, che è quella che meglio sintetizza le vicende personali e culturali del tecnico partenopeo, egli pensa di gettare in opera pilastri di calcestruzzo armati all'interno di casseformi in mattoni e tufo, definendo così il canone dell’architettura tradizionale come intima rispondenza tra struttura portante e forma architettonica. Non rinuncia mai alla chiarezza e semplicità dell’impianto strutturale ed ai riferimenti alla tradizione, intesa da Guerra come recupero di valori di un’epoca. Le sue opere ed i suoi numerosissimi progetti interpretano in modo del tutto personale il travagliato passaggio tra vecchio e nuovo e rappresentano una voce estremamente significativa nell'ambito della dialettica tradizione-innovazione e della retorica celebrativa del Regime. Per questo motivo, Camillo Guerra è da considerare un interprete esemplare dell’architettura del suo tempo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/103741