Parlare di opere incompiute in Italia oggi, significa osservare e analizzare un fenomeno diffuso che coinvolge, da nord a sud, tutto il territorio. Quella del non finito - e il campo dell’arte non c’entra, bensì si parla dei cantieri edili incompiuti - sembra infatti essere dagli anni ‘50 una prerogativa del nostro modus operandi, soprattutto per quanto concerne le opere pubbliche: tratti stradali e viadotti interrotti nel nulla, recinti di cantiere e sbancamenti abbandonati, scheletri strutturali lasciati a metà paiono connaturati alla percezione visiva del nostro paesaggio, urbano e soprattutto rurale. Le opere pubbliche incompiute emanano una bellezza malinconica e struggente, evocano ciò che avrebbero potuto essere, rammentano sprechi, raccontano una amara storia d’Italia ma, oltre l’indagine, rimane l’interrogativo aperto: che fare?. OBIETTIVI La ricerca si propone d’indagare sul concetto di “congruità” e di definire quindi un metodo non arbitrario per la valutazione del grado di coerenza paesaggistica di opere esistenti o in progetto. Provando a superare l’impulsivo grido all’ecomostro, le definizioni d’incongruità divengono il metro di giudizio del rapporto tra un intervento ed il suo contesto e di individuazione di strategie per guidare il futuro delle opere incompiute verso il recupero o l’abbattimento. Il Vinosauro, 50 mila metri cubi di calcestruzzo armato, dopo 40 anni è ancora lì, sulla strada che porta a Radda in Chianti, uno dei borghi più antichi della Toscana e sede del Consorzio Vino Chianti Classico. Doveva diventare una cantina per l’invecchiamento dei vini eccellenti, ma l’unica cosa a invecchiare è la sua struttura in calcestruzzo che l’ha trasformato in un simbolo di miliardi gettati al vento, di degrado, di scelte sbagliate. La proposta progettuale si pone quindi come intento quello di trovare una strategia di riqualificazione e completamento dell’impianto architettonico attraverso l’approccio del Landscape Sensitive Design: il contesto, nella sua doppia articolazione di paesaggio culturale storicizzato con una configurazione transitoria e di sistema ecologico-ambientale da tutelare, diventa parte essenziale del progetto. Di particolare interesse e criticità è il caso in cui gli ambiti di intervento si debbano limitare alla componente tecnologica, dove l’integrazione paesaggistica non può percorrere la via preferenziale della morfogenesi ma deve fare i conti con uno scheletro difficile da addomesticare. STRATEGIE L’approccio di Landscape Sensitive Design non invoca un rapporto di subalternità tra progetto e paesaggio, o peggio di mimesi; piuttosto allude ad una forma di relazione basata sull’empatia tra progettista e luoghi oggetto di trasformazione. La strategia Landscape Sensitive dovrebbe dunque condurre il progetto ad assumere la propria configurazione a seguito di una reazione sensibile e coerente con il paesaggio in cui è collocato. Chianti, oltre a paesaggio significa territorio. Un progetto architettonico non può limitarsi a stringere una relazione percettiva ‘gentile’ con il contesto entro il quale si inserisce, perché la trasformazione che il progetto porta con sé, va ben oltre gli aspetti visivi. Se un’opera incompiuta, a livello paesaggistico possa spesso rappresentare uno sfregio o un errore da cancellare al più presto, dal punto di vista territoriale questa costituisce il luogo della possibilità, un’occasione finora mancata. Nello specifico caso del Vinosauro per individuare l’entità di questa opportunità è necessario interrogarsi su quale sia l’idea di futuro del territorio chiantigiano. La risposta risulta a cavallo tra la salvaguardia del patrimonio ambientale e l’innovazione dei processi produttivi legati alle eccellenze locali. Il futuro di un territorio tra protezione e sviluppo. Rappresenta questo il presupposto della proposta progettuale, che vede racchiuse negli spazi del Vinosauro incompiuto, due attività profondamente differenti ma capaci di operare in rapporto simbiotico: un Centro Operativo di Protezione Civile e un Polo di Ricerca, Servizi e Incubazione. Quella che ne risulta, dall’organizzazione funzionale dell’edificio, è una lettura sulla sezione verticale ove le funzioni seguono un progressivo percorso dalla sfera dell’intangibile verso quella del concreto, da teoria a pratica passando per la sperimentazione, quasi a voler seguire fedelmente la struttura del metodo scientifico. Adottando nella progettazione dell’involucro i princìpi di Landscape Sensitive Design, la fase di analisi e la conoscenza del luogo di inserimento del progetto non risultano un mero rituale o una verifica svolta spesso a valle di scelte progettuali dettate da altri fattori o peggio dall’autonomia di pensiero creativo. Il contesto diviene un elemento attivo nell’atto progettuale incidendo significativamente sui caratteri morfologici e formali del progetto, diventando fondamento del concept e, al tempo stesso, elemento di ispirazione. La fase di analisi percettiva ha dunque consentito di evidenziare quelli che sono i soggetti con i quali l’edificio entra in relazione visiva diretta individuando nella folta vegetazione, che dalla strada (uno dei principali punti di osservazione privilegiata) diviene fondale scenico, l’elemento chiave nella definizione degli aspetti formali del nuovo involucro. Attraverso quest’ultimo inoltre i caratteri del contesto interagiscono con le esigenze dettate dalla configurazione dello spazio interno definendo ad esempio il ritmo delle aperture. Ma non solo: “se dal punto di vista architettonico l’involucro edilizio è una pelle ricca di suggestioni, dal punto di vista fisico esso è la superficie di controllo che delimita il ‘sistema termodinamico edificio’, superficie attraverso la quale passano i flussi di energia e di massa scambiati con l’ambiente circostante”. Da questo punto di vista oggi si dimostra sempre più acceso il dibattito sul modo di concepire edifici energeticamente efficienti e vede contrapposte strategie fondate sul principio dell’inerzia termica, strettamente legata alla massa e quindi al peso degli elementi costruttivi, e altre basate sull’isolamento degli involucri edilizi. Le scelte progettuali intraprese, nella direzione di una ibridazione delle due posizioni contrapposte, permettono all’intero sistema di funzionare mediante precise strategie stagionali in grado di estendere l’intenso e continuo dialogo tra edificio e contesto anche agli aspetti energetici. In quest’ottica dunque, integrazione, coerenza e dialogo sembrano termini chiave capaci di rappresentare la direzione assunta nel lavoro di ricerca e progettazione per dare una risposta alternativa alla demolizione di strutture incompiute o semplicemente incongrue rispetto al contesto ambientale e paesaggistico che le circonda.

Un bicchiere mezzo vuoto. Progetto di integrazione e riuso di una struttura incompiuta nel cuore del Chianti

DITROIA, FABIO SAVINO
2013/2014

Abstract

Parlare di opere incompiute in Italia oggi, significa osservare e analizzare un fenomeno diffuso che coinvolge, da nord a sud, tutto il territorio. Quella del non finito - e il campo dell’arte non c’entra, bensì si parla dei cantieri edili incompiuti - sembra infatti essere dagli anni ‘50 una prerogativa del nostro modus operandi, soprattutto per quanto concerne le opere pubbliche: tratti stradali e viadotti interrotti nel nulla, recinti di cantiere e sbancamenti abbandonati, scheletri strutturali lasciati a metà paiono connaturati alla percezione visiva del nostro paesaggio, urbano e soprattutto rurale. Le opere pubbliche incompiute emanano una bellezza malinconica e struggente, evocano ciò che avrebbero potuto essere, rammentano sprechi, raccontano una amara storia d’Italia ma, oltre l’indagine, rimane l’interrogativo aperto: che fare?. OBIETTIVI La ricerca si propone d’indagare sul concetto di “congruità” e di definire quindi un metodo non arbitrario per la valutazione del grado di coerenza paesaggistica di opere esistenti o in progetto. Provando a superare l’impulsivo grido all’ecomostro, le definizioni d’incongruità divengono il metro di giudizio del rapporto tra un intervento ed il suo contesto e di individuazione di strategie per guidare il futuro delle opere incompiute verso il recupero o l’abbattimento. Il Vinosauro, 50 mila metri cubi di calcestruzzo armato, dopo 40 anni è ancora lì, sulla strada che porta a Radda in Chianti, uno dei borghi più antichi della Toscana e sede del Consorzio Vino Chianti Classico. Doveva diventare una cantina per l’invecchiamento dei vini eccellenti, ma l’unica cosa a invecchiare è la sua struttura in calcestruzzo che l’ha trasformato in un simbolo di miliardi gettati al vento, di degrado, di scelte sbagliate. La proposta progettuale si pone quindi come intento quello di trovare una strategia di riqualificazione e completamento dell’impianto architettonico attraverso l’approccio del Landscape Sensitive Design: il contesto, nella sua doppia articolazione di paesaggio culturale storicizzato con una configurazione transitoria e di sistema ecologico-ambientale da tutelare, diventa parte essenziale del progetto. Di particolare interesse e criticità è il caso in cui gli ambiti di intervento si debbano limitare alla componente tecnologica, dove l’integrazione paesaggistica non può percorrere la via preferenziale della morfogenesi ma deve fare i conti con uno scheletro difficile da addomesticare. STRATEGIE L’approccio di Landscape Sensitive Design non invoca un rapporto di subalternità tra progetto e paesaggio, o peggio di mimesi; piuttosto allude ad una forma di relazione basata sull’empatia tra progettista e luoghi oggetto di trasformazione. La strategia Landscape Sensitive dovrebbe dunque condurre il progetto ad assumere la propria configurazione a seguito di una reazione sensibile e coerente con il paesaggio in cui è collocato. Chianti, oltre a paesaggio significa territorio. Un progetto architettonico non può limitarsi a stringere una relazione percettiva ‘gentile’ con il contesto entro il quale si inserisce, perché la trasformazione che il progetto porta con sé, va ben oltre gli aspetti visivi. Se un’opera incompiuta, a livello paesaggistico possa spesso rappresentare uno sfregio o un errore da cancellare al più presto, dal punto di vista territoriale questa costituisce il luogo della possibilità, un’occasione finora mancata. Nello specifico caso del Vinosauro per individuare l’entità di questa opportunità è necessario interrogarsi su quale sia l’idea di futuro del territorio chiantigiano. La risposta risulta a cavallo tra la salvaguardia del patrimonio ambientale e l’innovazione dei processi produttivi legati alle eccellenze locali. Il futuro di un territorio tra protezione e sviluppo. Rappresenta questo il presupposto della proposta progettuale, che vede racchiuse negli spazi del Vinosauro incompiuto, due attività profondamente differenti ma capaci di operare in rapporto simbiotico: un Centro Operativo di Protezione Civile e un Polo di Ricerca, Servizi e Incubazione. Quella che ne risulta, dall’organizzazione funzionale dell’edificio, è una lettura sulla sezione verticale ove le funzioni seguono un progressivo percorso dalla sfera dell’intangibile verso quella del concreto, da teoria a pratica passando per la sperimentazione, quasi a voler seguire fedelmente la struttura del metodo scientifico. Adottando nella progettazione dell’involucro i princìpi di Landscape Sensitive Design, la fase di analisi e la conoscenza del luogo di inserimento del progetto non risultano un mero rituale o una verifica svolta spesso a valle di scelte progettuali dettate da altri fattori o peggio dall’autonomia di pensiero creativo. Il contesto diviene un elemento attivo nell’atto progettuale incidendo significativamente sui caratteri morfologici e formali del progetto, diventando fondamento del concept e, al tempo stesso, elemento di ispirazione. La fase di analisi percettiva ha dunque consentito di evidenziare quelli che sono i soggetti con i quali l’edificio entra in relazione visiva diretta individuando nella folta vegetazione, che dalla strada (uno dei principali punti di osservazione privilegiata) diviene fondale scenico, l’elemento chiave nella definizione degli aspetti formali del nuovo involucro. Attraverso quest’ultimo inoltre i caratteri del contesto interagiscono con le esigenze dettate dalla configurazione dello spazio interno definendo ad esempio il ritmo delle aperture. Ma non solo: “se dal punto di vista architettonico l’involucro edilizio è una pelle ricca di suggestioni, dal punto di vista fisico esso è la superficie di controllo che delimita il ‘sistema termodinamico edificio’, superficie attraverso la quale passano i flussi di energia e di massa scambiati con l’ambiente circostante”. Da questo punto di vista oggi si dimostra sempre più acceso il dibattito sul modo di concepire edifici energeticamente efficienti e vede contrapposte strategie fondate sul principio dell’inerzia termica, strettamente legata alla massa e quindi al peso degli elementi costruttivi, e altre basate sull’isolamento degli involucri edilizi. Le scelte progettuali intraprese, nella direzione di una ibridazione delle due posizioni contrapposte, permettono all’intero sistema di funzionare mediante precise strategie stagionali in grado di estendere l’intenso e continuo dialogo tra edificio e contesto anche agli aspetti energetici. In quest’ottica dunque, integrazione, coerenza e dialogo sembrano termini chiave capaci di rappresentare la direzione assunta nel lavoro di ricerca e progettazione per dare una risposta alternativa alla demolizione di strutture incompiute o semplicemente incongrue rispetto al contesto ambientale e paesaggistico che le circonda.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
27-apr-2015
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/103921