Scopo di questa tesi è dimostrare come possa essere possibile attuare un processo ri-fondativo di una piccola ma significativa realtà morfologica italiana – per tale ancora in grado di rivelare squarci di antica sapienza dell’abitare poeticamente il mondo - facendo leva su fulcri e fermenti poetici locali per riconferire unità di senso a collettività umiliate da politiche amministrative poco coraggiose e ancor meno lungimiranti, come il caso di Torno che qui si presenta. Il pensiero muove da un retroterra di ideali che rivendicano una contemporaneità fondata nella sapienza tradizionale, che sappia trarre esempio da coloro che nella storia riuscirono ad imprimere una spinta rifondativa alla civiltà occidentale (si pensi ad esempio alla vis mitica della lirica di Hölderlin, alla letteratura di Schiller e di Ghoete, alla musica di Beethoven, all’architettura civile di Schinkel e successivamente di Adolf Loos), ereditando scintille dal profondo di noi e da stagioni di grande tumulto creativo per reinterpretare con rinnovato vigore lo spirito del nostro tempo, oggi più che mai contraddistinto da stanca mediocrità. A monte di un processo di conoscenza della realtà fenomenologica e morfologica si è cercato di porre noi stessi di fronte ad essa con spirito rinnovato, così come ci è stato indicato dal gruppo dei primordialisti comaschi (Terragni, Cattaneo, Lingeri ecc..., e, su tutti, il teosofo Ciliberti). Usare il processo percettivo-empatico umano per leggere la condizione di natura come opera d’arte, ovvero individuare i significati esistenziali che regolano i rapporti “sacri” tra l’uomo e lo spazio in cui si insedia. Interrogare la totalità insediativa per “far parlare ciò che ha configurato la vita in un determinato luogo”, arrivando solo successivamente ad incarnare nel progetto tutti gli apporti secolari che hanno costituito lo spirito lariano dai primordi all’ormai perduto “mito del Lario” di stampo tardo-ottocentesco. È, il nostro, uno sguardo che coglie la simultaneità delle relazioni col mondo nel tempo e nello spazio, e che ha l’ambiziosa pretesa di percepire una verità collettiva latente da rioffrire alla collettività quale rivelazione di senso.

Tre nodi verso un'unità a Torno. Dai fulcri alle forme insediative

STRADA, DAVIDE
2009/2010

Abstract

Scopo di questa tesi è dimostrare come possa essere possibile attuare un processo ri-fondativo di una piccola ma significativa realtà morfologica italiana – per tale ancora in grado di rivelare squarci di antica sapienza dell’abitare poeticamente il mondo - facendo leva su fulcri e fermenti poetici locali per riconferire unità di senso a collettività umiliate da politiche amministrative poco coraggiose e ancor meno lungimiranti, come il caso di Torno che qui si presenta. Il pensiero muove da un retroterra di ideali che rivendicano una contemporaneità fondata nella sapienza tradizionale, che sappia trarre esempio da coloro che nella storia riuscirono ad imprimere una spinta rifondativa alla civiltà occidentale (si pensi ad esempio alla vis mitica della lirica di Hölderlin, alla letteratura di Schiller e di Ghoete, alla musica di Beethoven, all’architettura civile di Schinkel e successivamente di Adolf Loos), ereditando scintille dal profondo di noi e da stagioni di grande tumulto creativo per reinterpretare con rinnovato vigore lo spirito del nostro tempo, oggi più che mai contraddistinto da stanca mediocrità. A monte di un processo di conoscenza della realtà fenomenologica e morfologica si è cercato di porre noi stessi di fronte ad essa con spirito rinnovato, così come ci è stato indicato dal gruppo dei primordialisti comaschi (Terragni, Cattaneo, Lingeri ecc..., e, su tutti, il teosofo Ciliberti). Usare il processo percettivo-empatico umano per leggere la condizione di natura come opera d’arte, ovvero individuare i significati esistenziali che regolano i rapporti “sacri” tra l’uomo e lo spazio in cui si insedia. Interrogare la totalità insediativa per “far parlare ciò che ha configurato la vita in un determinato luogo”, arrivando solo successivamente ad incarnare nel progetto tutti gli apporti secolari che hanno costituito lo spirito lariano dai primordi all’ormai perduto “mito del Lario” di stampo tardo-ottocentesco. È, il nostro, uno sguardo che coglie la simultaneità delle relazioni col mondo nel tempo e nello spazio, e che ha l’ambiziosa pretesa di percepire una verità collettiva latente da rioffrire alla collettività quale rivelazione di senso.
PELLEGRINI, CESARE
ARC II - Facolta' di Architettura Civile
20-dic-2010
2009/2010
Tesi di laurea Magistrale
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