Il termine “attivismo” ad una prima lettura ci parla di un approccio, un modo di essere, permeato dai concetti di propulsione, dinamismo, intraprendenza, vitalità, energia. Nel corso della storia l’attivismo ha poi assunto la forma predominante di un’azione in controtendenza, manifestatasi soprattutto nel campo politico e letterario. “Attivismo” si è tradotto a tutti gli effetti in “comunicazione”: i messaggi culturali, prospettive alternative e modi inconsueti di osservare ed interpretare il mondo, si sono fatti strada attraverso la divulgazione e la propaganda. Le esperienze più significative hanno mutato il nostro modo di pensare, di agire e persino di percepire, se soltanto pensiamo alla sperimentazione dei linguaggi grafico-visivi. Consideriamo anche che la produzione cartacea, a partire dai giornali d’informazione, fino ad arrivare alle riviste di cultura generale, dai libri di testo ai manifesti pubblicitari, costituisce fin dalla sua nascita lo strumento di comunicazione per eccellenza, ad oggi in gran parte soppiantato – o comunque compresente – al mare della produzione digitale e online. Nel corso del Novecento, le “esperienze di attivismo” più comunemente riconducibili a tale definizione, hanno fatto della stampa il loro medium prediletto di diffusione di idee, critica e iniziativa: dai movimenti politici, controculturali, alle avanguardie artistiche, a tutti quei collettivi che nella storia si sono proposti, attraverso un manifesto, una rivista, una pubblicazione, di divulgare e promuovere determinati ideali. Ad oggi permane un certo numero di situazioni che fanno affidamento sulla stampa per promulgare contenuti, nonostante la prevalenza del web come mezzo veloce, versatile e in assoluto più utilizzato. In particolare esiste tutto un universo di produzioni cosiddette “indipendenti” che scelgono con estrema coscienza di dare valore aggiunto alle proprie idee attraverso un prodotto cartaceo. Stiamo parlando di riviste e produzioni alternative, che quasi sempre offrono punti di vista singolari, prospettive inaspettate su contenuti altrimenti trattati dalla produzione mainstream, ed in tal modo tracciano nuove strade percorribili rispetto all’elaborazione di contenuto e forma. Riviste indipendenti e zine autoprodotte sono i due macro insiemi che possiamo accostare in modo fluido, ai fini dell’elaborazione di una scena indipendente ed alternativa a livello internazionale. Lo vediamo nelle fiere, negli eventi dedicati alla produzione indipendente, che da qualche anno a questa parte popolano le maggiori città europee, aggregando sempre più persone e realtà eterogenee, ed attorno ai quali si è sviluppata una discussione significativa. Da una parte assistiamo ad una nuova importante ondata di riviste, con una prevalenza di contenuti legati alla creatività, all’esperienza di vita, al lifestyle, e con una preferenza per lo storytelling e l’uso artistico dell’immagine. Dall’altra vediamo il moltiplicarsi di un nuovo modello di fanzine, improntato alla partecipazione di artisti, a creare flussi di immagini dal mondo della fotografia, dell’illustrazione e della grafica. Entrambe le esperienze nascono da un forte spirito di iniziativa, dall’idea che si possa creare qualcosa con le proprie mani – non a caso la scelta di stampare su carta – da quell’attitudine che è a tutti gli effetti una condizione di attivismo. Attraverso la selezione di singoli casi studio, per ognuno dei quali questa tesi approfondisce messaggio, comunicazione e linguaggio visivo utilizzati, possiamo non solo inquadrare la natura e l’incisività delle singole produzioni, ma anche individuare quel movimento che a livello internazionale le accomuna. In particolare proponiamo un focus su otto riviste indipendenti e otto autoproduzioni, collocate in due insiemi differenti secondo un principio di fluidità. Il progetto finale Zines of the Scene si inserisce in questo contesto di studio con l’obiettivo di far conoscere lo scenario editoriale indipendente, attraverso la presentazione di casi esistenti. Zines of the Scene nasce come pubblicazione semestrale, volta alla discussione e all’approfondimento di casi editoriali cartacei alternativi e in ogni numero il focus è su quattro riviste indipendenti e quattro fanzine/autoproduzioni. Sfogliando Zines of the Scene è possibile seguire una narrazione costante, che permette non solo di inquadrare la natura e l’incisività delle singole produzioni, ma anche individuare quel movimento che a livello internazionale le accomuna. Il prodotto finale, rispetto alla progettazione editoriale, è a tutti gli effetti un ibrido tra il modello della rivista indipendente e quello della fanzine e si propone dunque come un esempio concreto di produzione indipendente e attivista.

Magazine indipendenti e fanzine, una questione di attivismo

COLOMBO, FEDERICA
2013/2014

Abstract

Il termine “attivismo” ad una prima lettura ci parla di un approccio, un modo di essere, permeato dai concetti di propulsione, dinamismo, intraprendenza, vitalità, energia. Nel corso della storia l’attivismo ha poi assunto la forma predominante di un’azione in controtendenza, manifestatasi soprattutto nel campo politico e letterario. “Attivismo” si è tradotto a tutti gli effetti in “comunicazione”: i messaggi culturali, prospettive alternative e modi inconsueti di osservare ed interpretare il mondo, si sono fatti strada attraverso la divulgazione e la propaganda. Le esperienze più significative hanno mutato il nostro modo di pensare, di agire e persino di percepire, se soltanto pensiamo alla sperimentazione dei linguaggi grafico-visivi. Consideriamo anche che la produzione cartacea, a partire dai giornali d’informazione, fino ad arrivare alle riviste di cultura generale, dai libri di testo ai manifesti pubblicitari, costituisce fin dalla sua nascita lo strumento di comunicazione per eccellenza, ad oggi in gran parte soppiantato – o comunque compresente – al mare della produzione digitale e online. Nel corso del Novecento, le “esperienze di attivismo” più comunemente riconducibili a tale definizione, hanno fatto della stampa il loro medium prediletto di diffusione di idee, critica e iniziativa: dai movimenti politici, controculturali, alle avanguardie artistiche, a tutti quei collettivi che nella storia si sono proposti, attraverso un manifesto, una rivista, una pubblicazione, di divulgare e promuovere determinati ideali. Ad oggi permane un certo numero di situazioni che fanno affidamento sulla stampa per promulgare contenuti, nonostante la prevalenza del web come mezzo veloce, versatile e in assoluto più utilizzato. In particolare esiste tutto un universo di produzioni cosiddette “indipendenti” che scelgono con estrema coscienza di dare valore aggiunto alle proprie idee attraverso un prodotto cartaceo. Stiamo parlando di riviste e produzioni alternative, che quasi sempre offrono punti di vista singolari, prospettive inaspettate su contenuti altrimenti trattati dalla produzione mainstream, ed in tal modo tracciano nuove strade percorribili rispetto all’elaborazione di contenuto e forma. Riviste indipendenti e zine autoprodotte sono i due macro insiemi che possiamo accostare in modo fluido, ai fini dell’elaborazione di una scena indipendente ed alternativa a livello internazionale. Lo vediamo nelle fiere, negli eventi dedicati alla produzione indipendente, che da qualche anno a questa parte popolano le maggiori città europee, aggregando sempre più persone e realtà eterogenee, ed attorno ai quali si è sviluppata una discussione significativa. Da una parte assistiamo ad una nuova importante ondata di riviste, con una prevalenza di contenuti legati alla creatività, all’esperienza di vita, al lifestyle, e con una preferenza per lo storytelling e l’uso artistico dell’immagine. Dall’altra vediamo il moltiplicarsi di un nuovo modello di fanzine, improntato alla partecipazione di artisti, a creare flussi di immagini dal mondo della fotografia, dell’illustrazione e della grafica. Entrambe le esperienze nascono da un forte spirito di iniziativa, dall’idea che si possa creare qualcosa con le proprie mani – non a caso la scelta di stampare su carta – da quell’attitudine che è a tutti gli effetti una condizione di attivismo. Attraverso la selezione di singoli casi studio, per ognuno dei quali questa tesi approfondisce messaggio, comunicazione e linguaggio visivo utilizzati, possiamo non solo inquadrare la natura e l’incisività delle singole produzioni, ma anche individuare quel movimento che a livello internazionale le accomuna. In particolare proponiamo un focus su otto riviste indipendenti e otto autoproduzioni, collocate in due insiemi differenti secondo un principio di fluidità. Il progetto finale Zines of the Scene si inserisce in questo contesto di studio con l’obiettivo di far conoscere lo scenario editoriale indipendente, attraverso la presentazione di casi esistenti. Zines of the Scene nasce come pubblicazione semestrale, volta alla discussione e all’approfondimento di casi editoriali cartacei alternativi e in ogni numero il focus è su quattro riviste indipendenti e quattro fanzine/autoproduzioni. Sfogliando Zines of the Scene è possibile seguire una narrazione costante, che permette non solo di inquadrare la natura e l’incisività delle singole produzioni, ma anche individuare quel movimento che a livello internazionale le accomuna. Il prodotto finale, rispetto alla progettazione editoriale, è a tutti gli effetti un ibrido tra il modello della rivista indipendente e quello della fanzine e si propone dunque come un esempio concreto di produzione indipendente e attivista.
ARC III - Scuola del Design
28-apr-2015
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/105906