Oggi il progetto del paesaggio entra in una nuova concezione, cioè quella di prendere coscienza e accettare ciò che è positivo e ciò che è negativo, siano essi elementi armoniosi o di disturbo. Le periferie sono la città del futuro, ricche di umanità, dove risiede il 90 per cento della popolazione urbana, in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Proprio nelle aree periferiche, si avverte la volontà degli individui di esprimere ancora capacità manuali e creative attraverso la trasformazione di materiali di scarto che permette una rigenerazione urbana. Il paesaggio della periferia non necessita di una sovrascrizione, bensì di una trasformazione, un miglioramento, prendendosi cura di quello che esiste, affinché ci si possa riappropriare di quei piccoli spazi e interstizi che non assolvono più le funzioni per cui erano stati realizzati, permettendogli così di tornare a far parte del tessuto urbano sollevandoli dalla condizione di abbandono e trascuratezza in cui versano. Ne risulta una metamorfosi del paesaggio non distruttiva, che apre un dialogo tra ciò che viene governato, addomesticato, curato dall’uomo, e ciò che rimane libero, selvaggio. L’immagine della natura può quindi essere costituita da ciò che rimane incontaminato, intatto, così come lo troviamo, e da ciò che viene costruito insieme. Il fascino delle stagioni, del tempo e della fioritura non viene dunque più vissuto come una semplice questione decorativa, ma come elemento essenziale e costruttivo di un ambiente. Un’architettura specifica per scopi specifici non ha bisogno di essere costruita. Esiste già, e l’immaginazione lascia che questi spazi vengano reinterpretati e utilizzati in modi nuovi. Ciò può condurre alla riscoperta di vecchi principi, usi, costumi, combinati poi con nuovi elementi e nuovi obiettivi. Questi concetti si concretizzano in un progetto che nasce dal tema dell’agricoltura urbana, con l’intento di far rivivere quello che è stato il mondo contadino, scomparso quasi del tutto nei nostri paesi avanzati sostituito da una industria agricola che ha lasciato solo qualche residuo dei vecchi ambienti agricoli e delle vecchie usanze. L’agricoltura, paradossalmente, riprende vita nei centri urbani come strumento paesaggistico, di autoproduzione alimentare, e come fenomeno sociale e di aggregazione, rendendo necessaria la creazione di spazi complementari a quelli agricoli che permettano di creare una comunità attorno a questo tipo di attività.

L'orto urbano, una cura per la periferia. Dall'asfalto rinascono agricoltura e biodiversità

GAROFALO, PIETRO
2013/2014

Abstract

Oggi il progetto del paesaggio entra in una nuova concezione, cioè quella di prendere coscienza e accettare ciò che è positivo e ciò che è negativo, siano essi elementi armoniosi o di disturbo. Le periferie sono la città del futuro, ricche di umanità, dove risiede il 90 per cento della popolazione urbana, in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Proprio nelle aree periferiche, si avverte la volontà degli individui di esprimere ancora capacità manuali e creative attraverso la trasformazione di materiali di scarto che permette una rigenerazione urbana. Il paesaggio della periferia non necessita di una sovrascrizione, bensì di una trasformazione, un miglioramento, prendendosi cura di quello che esiste, affinché ci si possa riappropriare di quei piccoli spazi e interstizi che non assolvono più le funzioni per cui erano stati realizzati, permettendogli così di tornare a far parte del tessuto urbano sollevandoli dalla condizione di abbandono e trascuratezza in cui versano. Ne risulta una metamorfosi del paesaggio non distruttiva, che apre un dialogo tra ciò che viene governato, addomesticato, curato dall’uomo, e ciò che rimane libero, selvaggio. L’immagine della natura può quindi essere costituita da ciò che rimane incontaminato, intatto, così come lo troviamo, e da ciò che viene costruito insieme. Il fascino delle stagioni, del tempo e della fioritura non viene dunque più vissuto come una semplice questione decorativa, ma come elemento essenziale e costruttivo di un ambiente. Un’architettura specifica per scopi specifici non ha bisogno di essere costruita. Esiste già, e l’immaginazione lascia che questi spazi vengano reinterpretati e utilizzati in modi nuovi. Ciò può condurre alla riscoperta di vecchi principi, usi, costumi, combinati poi con nuovi elementi e nuovi obiettivi. Questi concetti si concretizzano in un progetto che nasce dal tema dell’agricoltura urbana, con l’intento di far rivivere quello che è stato il mondo contadino, scomparso quasi del tutto nei nostri paesi avanzati sostituito da una industria agricola che ha lasciato solo qualche residuo dei vecchi ambienti agricoli e delle vecchie usanze. L’agricoltura, paradossalmente, riprende vita nei centri urbani come strumento paesaggistico, di autoproduzione alimentare, e come fenomeno sociale e di aggregazione, rendendo necessaria la creazione di spazi complementari a quelli agricoli che permettano di creare una comunità attorno a questo tipo di attività.
NICOLIN, PIERLUIGI
ARC III - Scuola del Design
28-apr-2015
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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