All’interno della vastità dell’ampia stazione di Lancetti il progetto si propone di trovare l’atteggiamento dell’uomo riferito al “prendersi cura” di un luogo nel quale si avverte una mancanza di attenzione. Si tratta di creare nuove relazioni in grado di modificare l’ambiente circostante e all’interno del quale il “viaggiatore“ passa distratto. Con l’introduzione di un interferenza nel solito e reiterato percorso abituale si punta a creare una interruzione all’interno dei flussi quotidiani e cadenzati dei viaggiatori ed aumentare la consapevolezza dei loro comportamenti urbani. Il pensiero progettuale si lega alla tematica della “malattia urbana” (Ignasi de Sola Morales, Atlante metropolitano) dei cittadini che attraversano passivamente questi luoghi moderni. Si tenta di stimolare una “vivacità e mobilità dell’intelligenza” che possa rendere la “pesantezza del vivere” più leggera (Calvino, Six memos for the next millennium). Parlare di pausa e tempo all’interno di una stazione non è facile; innanzitutto il viaggiatore è troppo distratto e troppo riempito di informazioni per accorgersi di quello che gli capita attorno , per cui la prima cosa da fare sarebbe quella di metterlo davanti ad un cambiamento che modifichi la percezione del suo intorno. Poi servirebbe farlo fermare, interrompendo il flusso incessante a cui è abituato, troppo regolare e scandito da tempi imposti. L’intervento si propone quindi di creare uno spazio, che in qualche modo si contrapponga all’omologazione e alla standardizzazione tipiche delle stazioni sotterranee del passante di Milano. Una zona in cui reintrodurre un nuovo rapporto tra interno ed esterno attraverso un linguaggio dell’indefinizione, determinato dall’introduzione della luce naturale e dell’osservazione della natura esterna.

Il viaggiatore distratto. Tempo e luce nella stazione di Lancetti

MOLASCHI, ROBERTA
2013/2014

Abstract

All’interno della vastità dell’ampia stazione di Lancetti il progetto si propone di trovare l’atteggiamento dell’uomo riferito al “prendersi cura” di un luogo nel quale si avverte una mancanza di attenzione. Si tratta di creare nuove relazioni in grado di modificare l’ambiente circostante e all’interno del quale il “viaggiatore“ passa distratto. Con l’introduzione di un interferenza nel solito e reiterato percorso abituale si punta a creare una interruzione all’interno dei flussi quotidiani e cadenzati dei viaggiatori ed aumentare la consapevolezza dei loro comportamenti urbani. Il pensiero progettuale si lega alla tematica della “malattia urbana” (Ignasi de Sola Morales, Atlante metropolitano) dei cittadini che attraversano passivamente questi luoghi moderni. Si tenta di stimolare una “vivacità e mobilità dell’intelligenza” che possa rendere la “pesantezza del vivere” più leggera (Calvino, Six memos for the next millennium). Parlare di pausa e tempo all’interno di una stazione non è facile; innanzitutto il viaggiatore è troppo distratto e troppo riempito di informazioni per accorgersi di quello che gli capita attorno , per cui la prima cosa da fare sarebbe quella di metterlo davanti ad un cambiamento che modifichi la percezione del suo intorno. Poi servirebbe farlo fermare, interrompendo il flusso incessante a cui è abituato, troppo regolare e scandito da tempi imposti. L’intervento si propone quindi di creare uno spazio, che in qualche modo si contrapponga all’omologazione e alla standardizzazione tipiche delle stazioni sotterranee del passante di Milano. Una zona in cui reintrodurre un nuovo rapporto tra interno ed esterno attraverso un linguaggio dell’indefinizione, determinato dall’introduzione della luce naturale e dell’osservazione della natura esterna.
NICOLIN, PIERLUIGI
ARC III - Scuola del Design
28-apr-2015
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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