Da sempre, affrontare un progetto, sia esso di design, architettonico o urbanistico, comporta un’attenta analisi e comprensione delle dinamiche che intervengono tra l’utenza, in questo caso l’uomo, e l’ambiente in cui esso vive. Entrambi infatti, interagendo si modifi cano, ma nonostante, l’abilità dell’uomo a plasmare l’ambiente, succede spesso che esso ne subisca i condizionamenti. Questo risulta ancora più evidente dal momento che si intende progettare per un utenza che presenta delle diffi - coltà o delle disabilità. In passato, e purtroppo anche per molto tempo, soprattutto con il sorgere della società industriale, si è progettato secondo un’idea di uomo normale riferito ad uno standard e dunque ad un modello convezionale di riferimento. Solo intorno alla fi ne degli anni ‘60, inizi anni ‘70, in seguito alla “presa di coscienza” dell’esistenza e del ruolo delle persone disabili nella società, si inizia a superare quell’idea consolidata del “subnormale” che era frutto perlopiù, di valutazioni e consuetudini, dove non erano contemplate caratteristiche di eccezionalità rispetto a ciò che si presentava e ripeteva con regolarità. Da questo momento in poi, attraverso classifi cazioni e atti normativi, si è cercato in qualche modo di fare chiarezza sul signifi cato e sulle principali condizioni di disabilità al fi ne di comprendere al meglio quali conseguenze potessero comportare nelle interazioni quotidiane tra individui con diffi coltà e ambiente costruito arrivando alla defi nizione di barriera. Mentre però questo approccio, orientato più sull’analisi delle patologie rischiava di essere in qualche modo stigmatizzante e limitato, a partire dagli anni ‘80 fi no ai giorni nostri, si sono sviluppate fi losofi e alternative fondate sul concetto di progettazione inclusiva che hanno assunto nei rispettivi ambiti interazionali, differenti connotazioni. E’ il caso dell’Universal Design in America e Giappone o Design For All in Europa, fi no ad arrivare al Progetto per l’Utenza Ampliata in Italia. Queste fi losofi e di approccio progettuale, basate sull’idea di mutabilità dell’individuo e delle sue caratteristiche in rapporto all’ambiente, forniscono un vero e proprio metodo progettuale attraverso il quale interpretare e dare risposte ai problemi, tenendo conto non solo di alcuni individui ma dell’effettiva utenza reale escludendo a priori una progettazione specialistica con l’obbiettivo di migliorare la qualità della vita di tutti gli individui. Oggi, ancora troppo spesso, accade purtroppo, che durante la fase di progettazione di un oggetto, uno spazio o un edifi cio, si sottovalutino le reali esigenze di chi dovrà utilizzarlo o fruirlo a favore di aspetti meramente economici, politici, estetici ecc. che si traducono inevitabilmente in problemi gestiti “a posteriori” con soluzioni posticce, al fi ne di ottemperare alle prescrizioni normative. Di contro a volte un eccesso di “attenzioni” rischia di enfatizzare e connotare eccessivamente e in maniera specialistica l’intero progetto. In quest’ottica, il mio lavoro si propone di indagare le temantiche inerenti la disabilità e il rapporto con lo spazio costruito sulla base del modello Italiano del Progetto per l’Utenza Ampliata con l’obbiettivo di metabolizzarle e applicarle ad un caso studio. La base teorica, costituita da quattro capitoli, affronta e analizza in ordine di successione, l’evoluzione del tema della disabilità, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente costruito, le interfacce multisensoriali, e il tema della Ludoteca, vero preambolo a quello che poi sarà l’oggetto del caso studio che viene affrontato nel capitolo quinto. Nello specifi co si prende come riferimento il bando internazionale di progettazione Padiglione Infanzia per bambini (0-10 anni) con disabilità, promosso nel dicembre 2013 dal Comune di Milano che ne ha defi nito l’area, i vincoli e i requisiti. In conclusione, vengono defi nite e analizzate, sulla base del modello studiato dal Prof. Arch. Giovanni Del Zanna, le caratteristiche di standard ampliato utili a indicare l’organizzazione dell’edificio, dei suoi componenti, degli spazi interni e di quelli esterni con l’obbiettivo di produrre una soluzione progettuale armoniosa esigenzialmente compatibile e accessibile a tutti gli utenti.

Progettare per l'utenza ampliata. Caso studio : un padiglione infanzia per bambini con disabilità a Milano

MATTU, DANIELE
2013/2014

Abstract

Da sempre, affrontare un progetto, sia esso di design, architettonico o urbanistico, comporta un’attenta analisi e comprensione delle dinamiche che intervengono tra l’utenza, in questo caso l’uomo, e l’ambiente in cui esso vive. Entrambi infatti, interagendo si modifi cano, ma nonostante, l’abilità dell’uomo a plasmare l’ambiente, succede spesso che esso ne subisca i condizionamenti. Questo risulta ancora più evidente dal momento che si intende progettare per un utenza che presenta delle diffi - coltà o delle disabilità. In passato, e purtroppo anche per molto tempo, soprattutto con il sorgere della società industriale, si è progettato secondo un’idea di uomo normale riferito ad uno standard e dunque ad un modello convezionale di riferimento. Solo intorno alla fi ne degli anni ‘60, inizi anni ‘70, in seguito alla “presa di coscienza” dell’esistenza e del ruolo delle persone disabili nella società, si inizia a superare quell’idea consolidata del “subnormale” che era frutto perlopiù, di valutazioni e consuetudini, dove non erano contemplate caratteristiche di eccezionalità rispetto a ciò che si presentava e ripeteva con regolarità. Da questo momento in poi, attraverso classifi cazioni e atti normativi, si è cercato in qualche modo di fare chiarezza sul signifi cato e sulle principali condizioni di disabilità al fi ne di comprendere al meglio quali conseguenze potessero comportare nelle interazioni quotidiane tra individui con diffi coltà e ambiente costruito arrivando alla defi nizione di barriera. Mentre però questo approccio, orientato più sull’analisi delle patologie rischiava di essere in qualche modo stigmatizzante e limitato, a partire dagli anni ‘80 fi no ai giorni nostri, si sono sviluppate fi losofi e alternative fondate sul concetto di progettazione inclusiva che hanno assunto nei rispettivi ambiti interazionali, differenti connotazioni. E’ il caso dell’Universal Design in America e Giappone o Design For All in Europa, fi no ad arrivare al Progetto per l’Utenza Ampliata in Italia. Queste fi losofi e di approccio progettuale, basate sull’idea di mutabilità dell’individuo e delle sue caratteristiche in rapporto all’ambiente, forniscono un vero e proprio metodo progettuale attraverso il quale interpretare e dare risposte ai problemi, tenendo conto non solo di alcuni individui ma dell’effettiva utenza reale escludendo a priori una progettazione specialistica con l’obbiettivo di migliorare la qualità della vita di tutti gli individui. Oggi, ancora troppo spesso, accade purtroppo, che durante la fase di progettazione di un oggetto, uno spazio o un edifi cio, si sottovalutino le reali esigenze di chi dovrà utilizzarlo o fruirlo a favore di aspetti meramente economici, politici, estetici ecc. che si traducono inevitabilmente in problemi gestiti “a posteriori” con soluzioni posticce, al fi ne di ottemperare alle prescrizioni normative. Di contro a volte un eccesso di “attenzioni” rischia di enfatizzare e connotare eccessivamente e in maniera specialistica l’intero progetto. In quest’ottica, il mio lavoro si propone di indagare le temantiche inerenti la disabilità e il rapporto con lo spazio costruito sulla base del modello Italiano del Progetto per l’Utenza Ampliata con l’obbiettivo di metabolizzarle e applicarle ad un caso studio. La base teorica, costituita da quattro capitoli, affronta e analizza in ordine di successione, l’evoluzione del tema della disabilità, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente costruito, le interfacce multisensoriali, e il tema della Ludoteca, vero preambolo a quello che poi sarà l’oggetto del caso studio che viene affrontato nel capitolo quinto. Nello specifi co si prende come riferimento il bando internazionale di progettazione Padiglione Infanzia per bambini (0-10 anni) con disabilità, promosso nel dicembre 2013 dal Comune di Milano che ne ha defi nito l’area, i vincoli e i requisiti. In conclusione, vengono defi nite e analizzate, sulla base del modello studiato dal Prof. Arch. Giovanni Del Zanna, le caratteristiche di standard ampliato utili a indicare l’organizzazione dell’edificio, dei suoi componenti, degli spazi interni e di quelli esterni con l’obbiettivo di produrre una soluzione progettuale armoniosa esigenzialmente compatibile e accessibile a tutti gli utenti.
ARC I - Scuola di Architettura e Società
27-apr-2015
2013/2014
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/108012