ABSTRACT Il presente lavoro di tesi affonda le proprie radici nella volontà di confrontarsi e relazionarsi con una reale committenza in grado di esprimere concrete necessittà e richieste, sia di natura più strettamente progettuale che, in modo particolare, di “esplorazione” e ricerca rispetto ad un tema sostanzialmente nuovo quantomeno per quello che riguarda il contesto nazionale. La complessità (e lo stimolo) che caratterizza una commessa reale deriva dalla necessità di organizzare una serie di dati in entrata (imput di vario genere: urbanistici, ambientali, sociali, ecc.) e le esigenze, spesso mutevoli e in evoluzione, espresse dalla committenza. A questo si deve aggiungere, nel caso specifico, che il tema affrontato risulta essere innovativo sotto diversi aspetti tanto che il progetto architettonico non può che essere considerato come ultima e finale espressione di una complessa ed articolata indagine socio-culturale che vi sta alla base. L’obiettivo della ricerca è quello di definire i principali caratteri di un modello sperimentale di espiazione di pena, a cavallo tra il modello della fattoria sociale e un centro di reinserimento e rieducazione per detenuti carcerari. Il caso studio paradigmatico che il committente ha indicato è quello delle APAC – Associazioni per la Protezione e l’Assistenza ai Condannati - nate e sviluppatesi in Brasile a partire dalla metà degli anni Settanta. Il modello insediativo proposto non ha riferimenti rispetto a nessuna tipologia consolidata, costituendo un tema decisamente nuovo, che ha richiesto una rinnovata riflessione su problematiche di stringente attualità e quasi del tutto irrisolte. Si tratta infatti di un argomento molto delicato e complesso dal punto di vista sociale, carente anche dal punto di vista delle risposte rispetto a soluzioni spaziali coerenti: la ricerca tenta di offrire una risposta a queste problematiche attraverso un’architettura funzionale, contemporanea nell’utilizzo di forme e materiali e soprattutto “accogliente” per i futuri ospiti della struttura. Questo tema è risultato per noi di estremo interesse, specie nel momento in cui si dovrà affrontare un delicato passaggio tra il mondo universitario e quello professionale, in un periodo e in un contesto (quello italiano) caratterizzati da grave e persistente crisi economica e sociale. In una situazione apparentemente bloccata ci è sembrato quindi molto interessante cogliere questa occasione come primo effettivo confronto con la realtà professionale. La fase iniziale del lavoro si è concentrata nella raccolta del panem di informazioni che hanno permesso di inquadrare la categoria sociale a cui appartengono i soggetti che beneficeranno di questo intervento: i carcerati. E' stato condotto uno studio approfondito di leggi e regolamenti giuridici che regolamentano la categoria dei detenuti in Italia, ed in particolare di quelle categorie a cui è concesso di scontare parte della pena esternamente al carcere. Sono stati consultati testi e articoli riguardanti il tema delle carceri e delle problematiche odierne ad esse connesse: si sono inoltre organizzati incontri tematici con psicologi, avvocati e volontari che lavorano a contatto con i detenuti, i quali hanno fornito preziosi suggerimenti anche per quello che riguarda l’articolazione del progetto architettonico. Il secondo aspetto cardine della ricerca che si è affrontato è quello dell’Agricoltura sociale. Negli ultimi anni essa è stata al centro di un dibattito sempre più ampio e diffuso che ha coinvolto un numero crescente di soggetti operanti nei settori legati all’agricoltura. Nel panorama europeo emergono numerosi esempi di attività in tale ambito. Il progetto di tesi intende infatti dare forma ad una fattoria sociale, tipologia non consolidata e oggi ancora poco sperimentata in Italia. Sono state individuate quelle strutture presenti nel territorio Italiano (comunità di recupero per tossicodipendenti e detenuti, fattorie sociali, cooperative agricole) che fossero tipologicamene affini a quella da progettare; successivamente si è intrapreso un viaggio studio atto ad avere un’esperienza diretta e più concreta delle esigenze e delle problematiche che caratterizzano chi opera nel settore in cui ci si vuole inserire. Parallelamente è stato condotto uno studio manualistico e normativo più specifico e scientificamente coerente finalizzato alla definizione di un programma funzionale corretto, sia dal punto di vista qualitativo, distributivo che quantitativo (metrature dei diversi ambienti). Il risultato di tale analisi è un programma inedito, che si rifà alle diverse strutture visitate e studiate, definendo i nuovi caratteri di un modello sperimentale di espiazione di pena che sia al contempo un luogo attivo per i cittadini. L’area prevista per l’avviamento dell’attività è un terreno in conduzione al committente situato nella frazione di Pontesesto, al confine tra i comuni di Rozzano ed Opera. E’ stata condotta l’analisi della zona di progetto che ha portato a perimetrare l’area di intervento per una superficie di 8000 mq, caratterizzata dalla pre-esistenza di tre capannoni e di un silos. In accordo con la committenza e a valle di una serie di valutazioni di carattere urbanistico ed economico, si è scelto di demolire i capannoni esistenti, ormai obsolescenti, mantenendo invece il silos in quanto elemento simbolicamente rilevante per l’area. Seguendo una logica di fattibilità ed economicità sono stati considerati vincoli e normative per giungere ad una soluzione architettonica consona al tema trattato, l'aspetto normativo non ha però voluto rappresentare un limite fisso, bensì un punto di confronto, ammettendo la possibilità che il progetto potesse anche divenire una variante allo stesso PGT. Il progetto architettonico è il risultato delle riflessioni su quanto di cui si è venuti a conoscenza e rappresenta la formulazione di un modello tipologico nuovo. L’architettura acquisisce quindi una funzione esplicitamente didattica ed educativa e il disegno degli spazi si rende capace di suggerire un modo nuovo e ben specifico di vivere e relazionarsi. Essa tenta dunque di farsi promotrice di una vita comunitaria e aperta all’interazione con la realtà locale, e di favorire il reinserimento nella società e la rieducazione dei detenuti ospiti della struttura. Da qui nasce l’idea del non-muro, un setto in mattoni che attraversa trasversalmente l'area, andando a costituire punti di limite e di connessione tra le parti, occasioni di relazione tra l’area privata abitata dai detenuti - costituita dalla dimora vera e propria e dalla struttura aziendale - e l’area pubblica vissuta dai cittadini.

Rieducare con la terra. L'architettura come forma didattica di reinserimento sociale

MANTO, EMANUELA;CIRNIGLIARO, SUSANNA;FRAPOLI, PIETRO
2014/2015

Abstract

ABSTRACT Il presente lavoro di tesi affonda le proprie radici nella volontà di confrontarsi e relazionarsi con una reale committenza in grado di esprimere concrete necessittà e richieste, sia di natura più strettamente progettuale che, in modo particolare, di “esplorazione” e ricerca rispetto ad un tema sostanzialmente nuovo quantomeno per quello che riguarda il contesto nazionale. La complessità (e lo stimolo) che caratterizza una commessa reale deriva dalla necessità di organizzare una serie di dati in entrata (imput di vario genere: urbanistici, ambientali, sociali, ecc.) e le esigenze, spesso mutevoli e in evoluzione, espresse dalla committenza. A questo si deve aggiungere, nel caso specifico, che il tema affrontato risulta essere innovativo sotto diversi aspetti tanto che il progetto architettonico non può che essere considerato come ultima e finale espressione di una complessa ed articolata indagine socio-culturale che vi sta alla base. L’obiettivo della ricerca è quello di definire i principali caratteri di un modello sperimentale di espiazione di pena, a cavallo tra il modello della fattoria sociale e un centro di reinserimento e rieducazione per detenuti carcerari. Il caso studio paradigmatico che il committente ha indicato è quello delle APAC – Associazioni per la Protezione e l’Assistenza ai Condannati - nate e sviluppatesi in Brasile a partire dalla metà degli anni Settanta. Il modello insediativo proposto non ha riferimenti rispetto a nessuna tipologia consolidata, costituendo un tema decisamente nuovo, che ha richiesto una rinnovata riflessione su problematiche di stringente attualità e quasi del tutto irrisolte. Si tratta infatti di un argomento molto delicato e complesso dal punto di vista sociale, carente anche dal punto di vista delle risposte rispetto a soluzioni spaziali coerenti: la ricerca tenta di offrire una risposta a queste problematiche attraverso un’architettura funzionale, contemporanea nell’utilizzo di forme e materiali e soprattutto “accogliente” per i futuri ospiti della struttura. Questo tema è risultato per noi di estremo interesse, specie nel momento in cui si dovrà affrontare un delicato passaggio tra il mondo universitario e quello professionale, in un periodo e in un contesto (quello italiano) caratterizzati da grave e persistente crisi economica e sociale. In una situazione apparentemente bloccata ci è sembrato quindi molto interessante cogliere questa occasione come primo effettivo confronto con la realtà professionale. La fase iniziale del lavoro si è concentrata nella raccolta del panem di informazioni che hanno permesso di inquadrare la categoria sociale a cui appartengono i soggetti che beneficeranno di questo intervento: i carcerati. E' stato condotto uno studio approfondito di leggi e regolamenti giuridici che regolamentano la categoria dei detenuti in Italia, ed in particolare di quelle categorie a cui è concesso di scontare parte della pena esternamente al carcere. Sono stati consultati testi e articoli riguardanti il tema delle carceri e delle problematiche odierne ad esse connesse: si sono inoltre organizzati incontri tematici con psicologi, avvocati e volontari che lavorano a contatto con i detenuti, i quali hanno fornito preziosi suggerimenti anche per quello che riguarda l’articolazione del progetto architettonico. Il secondo aspetto cardine della ricerca che si è affrontato è quello dell’Agricoltura sociale. Negli ultimi anni essa è stata al centro di un dibattito sempre più ampio e diffuso che ha coinvolto un numero crescente di soggetti operanti nei settori legati all’agricoltura. Nel panorama europeo emergono numerosi esempi di attività in tale ambito. Il progetto di tesi intende infatti dare forma ad una fattoria sociale, tipologia non consolidata e oggi ancora poco sperimentata in Italia. Sono state individuate quelle strutture presenti nel territorio Italiano (comunità di recupero per tossicodipendenti e detenuti, fattorie sociali, cooperative agricole) che fossero tipologicamene affini a quella da progettare; successivamente si è intrapreso un viaggio studio atto ad avere un’esperienza diretta e più concreta delle esigenze e delle problematiche che caratterizzano chi opera nel settore in cui ci si vuole inserire. Parallelamente è stato condotto uno studio manualistico e normativo più specifico e scientificamente coerente finalizzato alla definizione di un programma funzionale corretto, sia dal punto di vista qualitativo, distributivo che quantitativo (metrature dei diversi ambienti). Il risultato di tale analisi è un programma inedito, che si rifà alle diverse strutture visitate e studiate, definendo i nuovi caratteri di un modello sperimentale di espiazione di pena che sia al contempo un luogo attivo per i cittadini. L’area prevista per l’avviamento dell’attività è un terreno in conduzione al committente situato nella frazione di Pontesesto, al confine tra i comuni di Rozzano ed Opera. E’ stata condotta l’analisi della zona di progetto che ha portato a perimetrare l’area di intervento per una superficie di 8000 mq, caratterizzata dalla pre-esistenza di tre capannoni e di un silos. In accordo con la committenza e a valle di una serie di valutazioni di carattere urbanistico ed economico, si è scelto di demolire i capannoni esistenti, ormai obsolescenti, mantenendo invece il silos in quanto elemento simbolicamente rilevante per l’area. Seguendo una logica di fattibilità ed economicità sono stati considerati vincoli e normative per giungere ad una soluzione architettonica consona al tema trattato, l'aspetto normativo non ha però voluto rappresentare un limite fisso, bensì un punto di confronto, ammettendo la possibilità che il progetto potesse anche divenire una variante allo stesso PGT. Il progetto architettonico è il risultato delle riflessioni su quanto di cui si è venuti a conoscenza e rappresenta la formulazione di un modello tipologico nuovo. L’architettura acquisisce quindi una funzione esplicitamente didattica ed educativa e il disegno degli spazi si rende capace di suggerire un modo nuovo e ben specifico di vivere e relazionarsi. Essa tenta dunque di farsi promotrice di una vita comunitaria e aperta all’interazione con la realtà locale, e di favorire il reinserimento nella società e la rieducazione dei detenuti ospiti della struttura. Da qui nasce l’idea del non-muro, un setto in mattoni che attraversa trasversalmente l'area, andando a costituire punti di limite e di connessione tra le parti, occasioni di relazione tra l’area privata abitata dai detenuti - costituita dalla dimora vera e propria e dalla struttura aziendale - e l’area pubblica vissuta dai cittadini.
ALLEGRI, DAVIDE
ARC I - Scuola di Architettura e Società
24-lug-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/108311