Berlino, la città, è il punto di partenza, l’incipit del pensiero progettuale. Marc Augé definiva la città come “un cantiere” in cui tutto si trasforma cancellando, ogni giorno, la memoria del giorno precedente, e in questa perenne trasformazione è riposta ogni speranza per un futuro imprevedibile e quindi inconoscibile. Il passato è semplicemente rimosso, come rimossa è la necessità di definire, in senso proprio, cioè come proiezione del passato in un futuro attendibile, un progetto. Berlino si presenta come un cantiere, una città frammentata che cerca con fatica una forma riconoscibile, una città storica stratificata e incompleta. La città dell’avanguardia sembra essersi arresa alla consolatoria poetica del frammento, accettando il rapporto tra la crisi della vita sociale e la frammentazione dello spazio urbano, relegandosi al solo linguaggio. Davanti a questo fallimento dell’architettura moderna nella costruzione della città l’obiettivo del progetto è stata la ricerca di un principio d’ordine, di una trama, per provare a riconoscere un disegno più generale, di delineare una reale alternativa alle forme della città. L’approfondimento critico della storia di Berlino ha permesso di ristabilire un comprensibile sistema di nessi sintattici tra i fatti che costruiscono i luoghi dell’abitare, di riconoscere i segni e le trame sottese del territorio, seguendoli con il progetto che, a questo punto, tende alla ricomposizione della città. L’area di progetto del Charité è stata l’occasione per proporre una tesi per la città di Berlino. Lo studio preciso dei tracciati storici ha portato a una conoscenza esatta della regola insita nel costruito, mostrando anche tuttavia il contrasto, l’interruzione che porta a un dialogo e a un confronto obbligato fra i personaggi della città. Il progetto per il centro di ricerca non deve essere considerato come un ampliamento di un brano della città ma come una costruzione o meglio ridefinizione della città esistente. Aldo Rossi affermava che solo attraverso il progetto è possibile rendere manifesti e comprensibili i fatti costruiti: solo con un ipotesi è possibile capire quale sarà la dinamica della città del futuro, come si comporteranno i fatti urbani presi in causa, quali saranno i vincoli e i problemi da affrontare. Il progetto del Charité non vuole risolvere una situazione emarginata stretta dai vincoli che l’hanno resa un brano di territorio snaturato dal corpus della città, ma una nuova visione (o composizione) urbana, un nuovo rapporto tra architettura e costruito, rafforzandosi a vicenda con architetture riconoscibili: un disegno di corti crea un sistema di pieni e vuoti culminanti con il parco che dall’edificio storico della Charité si affaccia sul fiume.

Berlino : una nuova composizione urbana per l'area dell'ospedale universitario Charité

BERNUZZI, LUCA;NORIS, ALESSANDRO;BRIGLIANO, ALESSANDRO
2014/2015

Abstract

Berlino, la città, è il punto di partenza, l’incipit del pensiero progettuale. Marc Augé definiva la città come “un cantiere” in cui tutto si trasforma cancellando, ogni giorno, la memoria del giorno precedente, e in questa perenne trasformazione è riposta ogni speranza per un futuro imprevedibile e quindi inconoscibile. Il passato è semplicemente rimosso, come rimossa è la necessità di definire, in senso proprio, cioè come proiezione del passato in un futuro attendibile, un progetto. Berlino si presenta come un cantiere, una città frammentata che cerca con fatica una forma riconoscibile, una città storica stratificata e incompleta. La città dell’avanguardia sembra essersi arresa alla consolatoria poetica del frammento, accettando il rapporto tra la crisi della vita sociale e la frammentazione dello spazio urbano, relegandosi al solo linguaggio. Davanti a questo fallimento dell’architettura moderna nella costruzione della città l’obiettivo del progetto è stata la ricerca di un principio d’ordine, di una trama, per provare a riconoscere un disegno più generale, di delineare una reale alternativa alle forme della città. L’approfondimento critico della storia di Berlino ha permesso di ristabilire un comprensibile sistema di nessi sintattici tra i fatti che costruiscono i luoghi dell’abitare, di riconoscere i segni e le trame sottese del territorio, seguendoli con il progetto che, a questo punto, tende alla ricomposizione della città. L’area di progetto del Charité è stata l’occasione per proporre una tesi per la città di Berlino. Lo studio preciso dei tracciati storici ha portato a una conoscenza esatta della regola insita nel costruito, mostrando anche tuttavia il contrasto, l’interruzione che porta a un dialogo e a un confronto obbligato fra i personaggi della città. Il progetto per il centro di ricerca non deve essere considerato come un ampliamento di un brano della città ma come una costruzione o meglio ridefinizione della città esistente. Aldo Rossi affermava che solo attraverso il progetto è possibile rendere manifesti e comprensibili i fatti costruiti: solo con un ipotesi è possibile capire quale sarà la dinamica della città del futuro, come si comporteranno i fatti urbani presi in causa, quali saranno i vincoli e i problemi da affrontare. Il progetto del Charité non vuole risolvere una situazione emarginata stretta dai vincoli che l’hanno resa un brano di territorio snaturato dal corpus della città, ma una nuova visione (o composizione) urbana, un nuovo rapporto tra architettura e costruito, rafforzandosi a vicenda con architetture riconoscibili: un disegno di corti crea un sistema di pieni e vuoti culminanti con il parco che dall’edificio storico della Charité si affaccia sul fiume.
BELLONI, FRANCESCA
BRUNO, FRANCESCO
MIELE, EZIO
PETRINI, VINCENZO
ARC II - Scuola di Architettura Civile
24-lug-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/109401