Dai primi utilizzi del termine found footage ad oggi, vi sono state evoluzioni enormi nel campo dell’audiovisivo che hanno permesso a questa espressione di abbracciare un raggio sempre più ampio di significati. Di rado nell’era attuale si parla di “metraggio ritrovato”, ma sempre più frequentemente ci si trova di fronte a collage, remix, mash up o più in generale riappropriazione di contenuti, divenuti ormai pratiche molto comuni nei più svariati ambiti oltre a quello cinematografico. Il progressivo sviluppo tecnologico ha infatti fornito gli strumenti con cui produrre e rielaborare materiale riducendone al minimo i costi e accorciando enormemente le tempistiche di lavorazione. Questo ha permesso, da un lato, ad un numero sempre maggiore di persone di padroneggiare il linguaggio audiovisivo e dall’altro di assistere all’aumento esponenziale del volume di materiale prodotto. Ci troviamo così di fronte ad una sovrapproduzione incontrollata di quelli che potremmo definire “beni immateriali” e che non sempre trovano uno scopo o utilizzo immediato all’interno del nostro processo di lavoro. Una volta terminata la fase di montaggio, infatti, rimangono minuti e minuti di girato che vengono facilmente archiviati, in attesa di avere un utilizzo futuro. Alla luce di questo é necessario partire dallo studio e dell’analisi delle pratiche di produzione di un artefatto audiovisivo e dal flusso di lavoro che si nasconde dietro la creazione di esso. Da qui evidenziare quelli che definiamo gli “scarti di lavorazione” partendo dalle abitudini ed esigenze di quella stessa collettività che contribuisce alla produzione di tale tipologia di materiale. L’obiettivo finale è quello di sviluppare un progetto che possa da un lato sensibilizzare chi viene coinvolto sul valore di questi “frammenti” e dall’altro incentivare la condivisione, lo scambio e la rielaborazione di essi. Questo potrà generare nuove future connessioni tra gli utenti coinvolti e portare a differenti e nuove interpretazioni di ciascuno dei materiali condivisi.

Hybrid. Platform for remixable found footage

ROSA, MARTINA
2014/2015

Abstract

Dai primi utilizzi del termine found footage ad oggi, vi sono state evoluzioni enormi nel campo dell’audiovisivo che hanno permesso a questa espressione di abbracciare un raggio sempre più ampio di significati. Di rado nell’era attuale si parla di “metraggio ritrovato”, ma sempre più frequentemente ci si trova di fronte a collage, remix, mash up o più in generale riappropriazione di contenuti, divenuti ormai pratiche molto comuni nei più svariati ambiti oltre a quello cinematografico. Il progressivo sviluppo tecnologico ha infatti fornito gli strumenti con cui produrre e rielaborare materiale riducendone al minimo i costi e accorciando enormemente le tempistiche di lavorazione. Questo ha permesso, da un lato, ad un numero sempre maggiore di persone di padroneggiare il linguaggio audiovisivo e dall’altro di assistere all’aumento esponenziale del volume di materiale prodotto. Ci troviamo così di fronte ad una sovrapproduzione incontrollata di quelli che potremmo definire “beni immateriali” e che non sempre trovano uno scopo o utilizzo immediato all’interno del nostro processo di lavoro. Una volta terminata la fase di montaggio, infatti, rimangono minuti e minuti di girato che vengono facilmente archiviati, in attesa di avere un utilizzo futuro. Alla luce di questo é necessario partire dallo studio e dell’analisi delle pratiche di produzione di un artefatto audiovisivo e dal flusso di lavoro che si nasconde dietro la creazione di esso. Da qui evidenziare quelli che definiamo gli “scarti di lavorazione” partendo dalle abitudini ed esigenze di quella stessa collettività che contribuisce alla produzione di tale tipologia di materiale. L’obiettivo finale è quello di sviluppare un progetto che possa da un lato sensibilizzare chi viene coinvolto sul valore di questi “frammenti” e dall’altro incentivare la condivisione, lo scambio e la rielaborazione di essi. Questo potrà generare nuove future connessioni tra gli utenti coinvolti e portare a differenti e nuove interpretazioni di ciascuno dei materiali condivisi.
CIANCIA, MARIANA
ARC III - Scuola del Design
28-lug-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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