Il lavoro di tesi si colloca all’interno del più ampio dibattito che coinvolge il tema della residenza sociale. Specie nel contesto europeo esso ha assunto una rinnovata centralità rispetto alle dinamiche che caratterizzano le politiche abitative in generale. La crisi economica diffusa e persistente (e di conseguenza quella sociale ed abitativa) ha obbligato a riflettere su logiche insediative diffuse ed economicamente sostenibili. Il social housing deve essere inteso non in senso dispregiativo in quanto paradigma di abitazioni di basso livello qualitativo di una società in declino, ma al contrario come modello abitativo diffuso, in grado di affrontare le criticità di natura finanziaria proponendo nuclei residenziale di alta qualità architettonica e sociale. La residenza che sia in grado di affrontare la questione abitativa dal punto di vista dell’abitante anche allo stato attuale della società contemporanea, dimostra come la casa sia ancora il luogo designato a raccontare la storia sociale e personale dell’individuo. Fin dalle sue origini la casa ha assolto e soddisfatto quel ruolo di rifugio e di protezione in grado di consentire a qualsiasi soggetto, dall’uomo cosmopolita di Nietzsche che si forma in una condizione di isolamento interno, fino ad arrivare alla famiglia apparentemente perfetta del positivismo, la quale elevava la dimora casalinga a manifesto del proprio essere, di sviluppare il proprio IO e di formarsi dal punto di vista personale. Partendo dalla conoscenza del passato e studiando l’esperienza di quei paesi che oggi, principalmente nel nord Europa, sentono il tema della residenza collettiva come fondante e di primaria importanza per una crescita sociale, la tesi affronta il tema in un contesto che solo ora sta timidamente provando a far sentire la propria voce. Il lavoro si concentra su di un’area che è localizzata nel comune di Monza (circa 120.000 abitanti), capoluogo dell’omonima provincia di Monza e Brianza. Monza annovera ben oltre 500 richieste di alloggi per persone bisognose (popolari), a cui attualmente non riesce a far fronte nemmeno in minima parte. Dal punto di vista urbanistico l’area fa parte di quel sistema – individuato dall’ultima variante del PGT - caratterizzato da ben 21 aree industriali dismesse, perlopiù in condizioni di avanzato degrado, che si configurano come vere e proprie “metastasi” urbane. Il progetto si pone quindi l’obiettivo di agire su due scale di intervento differenti: la prima a livello della città, attraverso un intervento di ricucitura urbana tra il centro storico e la periferia, inserendosi sull’asse che, a partire dal parco e attraversando il centro cittadino, collega la zona del Parco all’estremo sud. Nello specifico l’intervento prevede il recupero “ideologico” delle aree dismesse presenti in tale direzione mediante l’inserimento di funzioni pubbliche, culturali e di spazi ad uso collettivo. Differentemente, la strategia a piccola scala interviene sulla singola area di progetto, agendo a livello del singolo abitante. In particolare il progetto interviene su una ex area industriale tessile, sviluppatasi qui sul finire dell’Ottocento grazie all’apporto e alla presenza di due importanti corsi d’acqua, il fiume Lambro e il canale Villoresi, suo affluente, che verso la fine degli anni Ottanta, causa spostamento della produzione ed espansione delle grandi multinazionali verso altri mercati, si è vista obbligata a dismettere la propria attività. L’area di progetto, individuata dal PGT come area da riqualificare, si colloca all’interno di un tessuto molto eterogeneo, privo di un carattere univoco che possa identificarlo. All’interno di un tessuto variegato come quello monzese e della Brianza in generale ed all’interno di un paese che dal punto di vista sociale fatica a crescere, si è scelto di intervenire su quest’area specifica poiché, a differenza delle altre, si trova al centro di una serie di isolati residenziali all’interno dei quali è difficilmente riconoscibile un polo attrattivo. L’area scelta, infatti, partendo dalle previsioni del piano, si collocherebbe come centro cittadino nella parte sud della città e fungerebbe da catalizzatore per quella parte di città che, in uscita dal centro storico fatica a trovare una sua identità a causa di una progettazione di massa che, dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Novanta non vedeva nella pianificazione il suo obiettivo primario. Proprio per questo la tesi identifica nel lavoro svolto, il tassello iniziale, il punto di partenza all’interno di una più ampia strategia di ricucitura del tessuto urbano che dia continuità ad un forte e riconoscibile sistema di relazioni che possano stratificarsi all’interno di un tessuto che, con il passare degli anni e causa anche l’immobilità delle istituzioni ai vari livelli decisionali, rischia di sgretolarsi sempre più.
RiformiaMOnza
ROSSI, ANDREA;SIMONETTA, DAVIDE
2014/2015
Abstract
Il lavoro di tesi si colloca all’interno del più ampio dibattito che coinvolge il tema della residenza sociale. Specie nel contesto europeo esso ha assunto una rinnovata centralità rispetto alle dinamiche che caratterizzano le politiche abitative in generale. La crisi economica diffusa e persistente (e di conseguenza quella sociale ed abitativa) ha obbligato a riflettere su logiche insediative diffuse ed economicamente sostenibili. Il social housing deve essere inteso non in senso dispregiativo in quanto paradigma di abitazioni di basso livello qualitativo di una società in declino, ma al contrario come modello abitativo diffuso, in grado di affrontare le criticità di natura finanziaria proponendo nuclei residenziale di alta qualità architettonica e sociale. La residenza che sia in grado di affrontare la questione abitativa dal punto di vista dell’abitante anche allo stato attuale della società contemporanea, dimostra come la casa sia ancora il luogo designato a raccontare la storia sociale e personale dell’individuo. Fin dalle sue origini la casa ha assolto e soddisfatto quel ruolo di rifugio e di protezione in grado di consentire a qualsiasi soggetto, dall’uomo cosmopolita di Nietzsche che si forma in una condizione di isolamento interno, fino ad arrivare alla famiglia apparentemente perfetta del positivismo, la quale elevava la dimora casalinga a manifesto del proprio essere, di sviluppare il proprio IO e di formarsi dal punto di vista personale. Partendo dalla conoscenza del passato e studiando l’esperienza di quei paesi che oggi, principalmente nel nord Europa, sentono il tema della residenza collettiva come fondante e di primaria importanza per una crescita sociale, la tesi affronta il tema in un contesto che solo ora sta timidamente provando a far sentire la propria voce. Il lavoro si concentra su di un’area che è localizzata nel comune di Monza (circa 120.000 abitanti), capoluogo dell’omonima provincia di Monza e Brianza. Monza annovera ben oltre 500 richieste di alloggi per persone bisognose (popolari), a cui attualmente non riesce a far fronte nemmeno in minima parte. Dal punto di vista urbanistico l’area fa parte di quel sistema – individuato dall’ultima variante del PGT - caratterizzato da ben 21 aree industriali dismesse, perlopiù in condizioni di avanzato degrado, che si configurano come vere e proprie “metastasi” urbane. Il progetto si pone quindi l’obiettivo di agire su due scale di intervento differenti: la prima a livello della città, attraverso un intervento di ricucitura urbana tra il centro storico e la periferia, inserendosi sull’asse che, a partire dal parco e attraversando il centro cittadino, collega la zona del Parco all’estremo sud. Nello specifico l’intervento prevede il recupero “ideologico” delle aree dismesse presenti in tale direzione mediante l’inserimento di funzioni pubbliche, culturali e di spazi ad uso collettivo. Differentemente, la strategia a piccola scala interviene sulla singola area di progetto, agendo a livello del singolo abitante. In particolare il progetto interviene su una ex area industriale tessile, sviluppatasi qui sul finire dell’Ottocento grazie all’apporto e alla presenza di due importanti corsi d’acqua, il fiume Lambro e il canale Villoresi, suo affluente, che verso la fine degli anni Ottanta, causa spostamento della produzione ed espansione delle grandi multinazionali verso altri mercati, si è vista obbligata a dismettere la propria attività. L’area di progetto, individuata dal PGT come area da riqualificare, si colloca all’interno di un tessuto molto eterogeneo, privo di un carattere univoco che possa identificarlo. All’interno di un tessuto variegato come quello monzese e della Brianza in generale ed all’interno di un paese che dal punto di vista sociale fatica a crescere, si è scelto di intervenire su quest’area specifica poiché, a differenza delle altre, si trova al centro di una serie di isolati residenziali all’interno dei quali è difficilmente riconoscibile un polo attrattivo. L’area scelta, infatti, partendo dalle previsioni del piano, si collocherebbe come centro cittadino nella parte sud della città e fungerebbe da catalizzatore per quella parte di città che, in uscita dal centro storico fatica a trovare una sua identità a causa di una progettazione di massa che, dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Novanta non vedeva nella pianificazione il suo obiettivo primario. Proprio per questo la tesi identifica nel lavoro svolto, il tassello iniziale, il punto di partenza all’interno di una più ampia strategia di ricucitura del tessuto urbano che dia continuità ad un forte e riconoscibile sistema di relazioni che possano stratificarsi all’interno di un tessuto che, con il passare degli anni e causa anche l’immobilità delle istituzioni ai vari livelli decisionali, rischia di sgretolarsi sempre più.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/112948