Policentrismo, urbanizzazione e sviluppo di linee di congiunzione nell’ambito di un territorio provato da vicende economico-sociali che, inevitabilmente, hanno influenzato la storia di un popolo e la sua identità in termini di totale assenza di partnership. Il punto di partenza del progetto è proprio questo: applicare lo strumento del policentrismo e dell’urbanizzazione ad una realtà bisognosa di essere protagonista dell’architettura moderna, quest’ultima vista non solo come scienza e disciplina del territorio, ma anche come mezzo a servizio del sociale. Lo scenario è dunque quello di interventi costruttivi-ricostruttivi che siano rispettosi del tessuto orografico e del tessuto umano e che siano altresì in grado di costituire base per il consolidamento di quei concetti di partnership e di identità di un popolo che fino ad ora non hanno avuto terreno fertile per affermarsi. Agli occhi di un mero viaggiatore, la città appare a tratti come una distesa di terra incolta e collinare, a tratti come un agglomerato di edifici senza regola e senza una ben definita destinazione. Nel febbraio 2015, quando ci siamo recate a Saranda per un sopralluogo, abbiamo potuto osservare la realtà che ci si presentava d’avanti con il bagaglio di due studentesse di architettura alla fine del percorso di studi, percorso che ci ha permesso di elaborare – o provare ad elaborare – un progetto che potesse mettere a frutto le risorse non trascurabili della città. Non per altro, infatti, Saranda e più in generale l’Albania sono stati luoghi cui storicamente hanno mirato le potenze economiche degli anni novanta, Paese dall’agricoltura con notevoli potenzialità dovute al clima, all’abbondanza di acqua, ricchezza e varietà paesaggistica, alla significativa disponibilità di materia prima quali il petrolio e l’energia idroelettrica, alle attrattive turistiche che già di per sé naturalmente offre. Ad oggi, tuttavia, Saranda potrebbe essere definita come una “città non sviluppata”, stato di fatto da cui poi è derivato lo studio della città da parte di urbanisti e storici con gli strumenti che notoriamente vengono utilizzati per studiare ed elaborare lo sviluppo dei Paesi del c.d. Terzo Mondo e delle rispettive realtà cittadine. Da qui il percorso che ci ha condotto ad analizzare lo step dell’informal sector, ovvero quel momento storico in cui i flussi migratori hanno fatto sì che si verificasse una proliferazione non regolamentata di abitazioni in risposta all’aumento repentino della densità della popolazione. Dall’evoluzione dell’ informal sector si è poi passati al progressivo affermarsi del formal sector, vale a dire di quel processo mirato ad addivenire a forme di edilizia abitativa migliorativa rispetto alla precedente, in termini di organizzazione, dimensioni e forme di aggregazione. Lo studio della terza fase del processo di urbanizzazione, quella che la città oggi si trova a vivere, infine ha fatto emergere come le linee di sviluppo di Saranda, quali i principali segmenti nord-sud ed est-ovest della città, non siano sfruttate in maniera ragionevole (per non dire che non sono minimamente sfruttate). È dunque in tale fase che si colloca il progetto, il quale mira alla realizzazione di opere architettoniche, ovvero alla riqualificazione e all’ampliamento di realtà già esistenti, volte a connettere il territorio, vale a dire le diverse zone della città, in un’ottica di miglioramento non solo della realtà urbanistica, ma anche della popolazione stessa.

Lo spazio condiviso : dalla marginalità all'accoglienza. Progetto di sviluppo per un nuovo sistema di servizi pubblici sull’asse Rruga Idriz Alidhima a Saranda, Albania

TROLLI, ANNALISA;SERACCA GUERRIERI, IRENE
2014/2015

Abstract

Policentrismo, urbanizzazione e sviluppo di linee di congiunzione nell’ambito di un territorio provato da vicende economico-sociali che, inevitabilmente, hanno influenzato la storia di un popolo e la sua identità in termini di totale assenza di partnership. Il punto di partenza del progetto è proprio questo: applicare lo strumento del policentrismo e dell’urbanizzazione ad una realtà bisognosa di essere protagonista dell’architettura moderna, quest’ultima vista non solo come scienza e disciplina del territorio, ma anche come mezzo a servizio del sociale. Lo scenario è dunque quello di interventi costruttivi-ricostruttivi che siano rispettosi del tessuto orografico e del tessuto umano e che siano altresì in grado di costituire base per il consolidamento di quei concetti di partnership e di identità di un popolo che fino ad ora non hanno avuto terreno fertile per affermarsi. Agli occhi di un mero viaggiatore, la città appare a tratti come una distesa di terra incolta e collinare, a tratti come un agglomerato di edifici senza regola e senza una ben definita destinazione. Nel febbraio 2015, quando ci siamo recate a Saranda per un sopralluogo, abbiamo potuto osservare la realtà che ci si presentava d’avanti con il bagaglio di due studentesse di architettura alla fine del percorso di studi, percorso che ci ha permesso di elaborare – o provare ad elaborare – un progetto che potesse mettere a frutto le risorse non trascurabili della città. Non per altro, infatti, Saranda e più in generale l’Albania sono stati luoghi cui storicamente hanno mirato le potenze economiche degli anni novanta, Paese dall’agricoltura con notevoli potenzialità dovute al clima, all’abbondanza di acqua, ricchezza e varietà paesaggistica, alla significativa disponibilità di materia prima quali il petrolio e l’energia idroelettrica, alle attrattive turistiche che già di per sé naturalmente offre. Ad oggi, tuttavia, Saranda potrebbe essere definita come una “città non sviluppata”, stato di fatto da cui poi è derivato lo studio della città da parte di urbanisti e storici con gli strumenti che notoriamente vengono utilizzati per studiare ed elaborare lo sviluppo dei Paesi del c.d. Terzo Mondo e delle rispettive realtà cittadine. Da qui il percorso che ci ha condotto ad analizzare lo step dell’informal sector, ovvero quel momento storico in cui i flussi migratori hanno fatto sì che si verificasse una proliferazione non regolamentata di abitazioni in risposta all’aumento repentino della densità della popolazione. Dall’evoluzione dell’ informal sector si è poi passati al progressivo affermarsi del formal sector, vale a dire di quel processo mirato ad addivenire a forme di edilizia abitativa migliorativa rispetto alla precedente, in termini di organizzazione, dimensioni e forme di aggregazione. Lo studio della terza fase del processo di urbanizzazione, quella che la città oggi si trova a vivere, infine ha fatto emergere come le linee di sviluppo di Saranda, quali i principali segmenti nord-sud ed est-ovest della città, non siano sfruttate in maniera ragionevole (per non dire che non sono minimamente sfruttate). È dunque in tale fase che si colloca il progetto, il quale mira alla realizzazione di opere architettoniche, ovvero alla riqualificazione e all’ampliamento di realtà già esistenti, volte a connettere il territorio, vale a dire le diverse zone della città, in un’ottica di miglioramento non solo della realtà urbanistica, ma anche della popolazione stessa.
COLINI, LAURA
ARC I - Scuola di Architettura e Società
30-set-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/113022