La Cañada è reale. Una terra di nessuno, storicamente legata al passaggio del bestiame, nel tempo ha subito profondi cambiamenti che hanno portato alla sua colonizzazione, un’occupazione sregolata che ha trasformato la sua identità originaria. Da un territorio di spostamenti ad un insediamento illimitato, la fine della transumanza ha cristallizzato il dinamismo nomade della Cañada consolidando la sua presenza nelle vicinanze di Madrid. La Cañada esiste, eppure non sembra reale: stigmatizzata ed occultata, sfugge all’attenzione e al controllo, trascurando le leggi della proprietà. Una città abusiva cresciuta esponenzialmente su un tracciato, una linea lunga quindici chilometri in cui l’assenza delle regole ha dato origine allo sfruttamento del suolo e alla nascita di una comunità emarginata. Una collettività eterogenea e multiculturale, un popolo con diverse origini, in costante metamorfosi come il luogo in cui si è insediato. Una popolazione in fermento, in cerca del riconoscimento dei diritti e della propria identità: esiste per chi vive nel barrio ma è dimenticata ed esclusa dal mondo istituzionale. In una condizione di costante incertezza, agli abitanti della favela è negata la proprietà della loro dimora o della terra che coltivano. Vivendo ai margini dalla società formale, non ne rispettano di conseguenza le regole conducendo un’esistenza illegale ed anonima. La dipendenza economica che la Cañada ha sviluppato nei confronti dei comuni limitrofi come Madrid, Rivas e Coslada, ha determinato con il tempo un graduale fenomeno di esclusione, manifestatosi sia sul piano territoriale che su quello sociale. L’utilizzo improprio della via pecuaria e la negazione da parte delle istituzioni della sua esistenza sono alla base dell’isolamento e dell’auto disprezzo che condizionano la vita nello slum. L'emarginazione e la segregazione sono scandite e accentuate dalla struttura lineare dell’insediamento che, segnato da numerose interruzioni infrastrutturali del tessuto urbano, risulta di conseguenza fortemente settorializzato. La derivante separazione dei gruppi etnici amplifica le differenze e rende la convivenza conflittuale, trasformando la vita della periferia in una lotta incessante per l’affermazione dell’identità individuale. Ma la Cañada è Reale. Abitare la Cañada può essere una scelta forzata indotta dall’emarginazione e dalla povertà, ma anche una decisione personale legata alla storia, alla vita sociale, famigliare e comunitaria condotta fin ora. Il legame affettivo che unisce gli abitanti a questa terra costituisce contemporaneamente l’occasione per rivendicare i diritti della comunità della Cañada e affermare la favela come nuovo modello urbano. La parola “abitare” sottintende i concetti di una dimora fissa, di appartenenza al luogo ma non necessariamente di proprietà. Cosa significa abitare la Cañada? Esiste un’identità radicata in questa terra? Come può la periferia sciogliere i vincoli con il centro urbano? L’architettura racchiude un potenziale enorme: una grande responsabilità sociale in grado di superare il complesso sistema politico che ha favorito, attraverso posizioni discutibili, la crescita dello slum madrileno. Questo forza costituisce il mezzo per studiare ed affrontare le periferie urbane nelle loro diverse manifestazioni a livello globale. In un mondo sempre più urbano la crescita delle città è in continuo aumento e di conseguenza il destino della Cañada è di accogliere grandi masse che condividono povertà e aspirano ad una migliore qualità di vita. La pianificazione ha dunque il compito di dare voce a questa energia che presuppone non solo un nuovo modello di periferia ma più in generale una nuova immagine della città. Esiste una possibilità di rinascita, esistono le basi per il coinvolgimento della popolazione e per l’affermazione della propria identità. La risposta è racchiusa nei concetti di autosufficienza e reversibilità, cambiamento e adattamento, partecipazione e integrazione.

Canada Real Galiana

BATTOLLA, CATERINA;IMBERTI, FILIPPO;CHIAPPONI, BEATRICE
2014/2015

Abstract

La Cañada è reale. Una terra di nessuno, storicamente legata al passaggio del bestiame, nel tempo ha subito profondi cambiamenti che hanno portato alla sua colonizzazione, un’occupazione sregolata che ha trasformato la sua identità originaria. Da un territorio di spostamenti ad un insediamento illimitato, la fine della transumanza ha cristallizzato il dinamismo nomade della Cañada consolidando la sua presenza nelle vicinanze di Madrid. La Cañada esiste, eppure non sembra reale: stigmatizzata ed occultata, sfugge all’attenzione e al controllo, trascurando le leggi della proprietà. Una città abusiva cresciuta esponenzialmente su un tracciato, una linea lunga quindici chilometri in cui l’assenza delle regole ha dato origine allo sfruttamento del suolo e alla nascita di una comunità emarginata. Una collettività eterogenea e multiculturale, un popolo con diverse origini, in costante metamorfosi come il luogo in cui si è insediato. Una popolazione in fermento, in cerca del riconoscimento dei diritti e della propria identità: esiste per chi vive nel barrio ma è dimenticata ed esclusa dal mondo istituzionale. In una condizione di costante incertezza, agli abitanti della favela è negata la proprietà della loro dimora o della terra che coltivano. Vivendo ai margini dalla società formale, non ne rispettano di conseguenza le regole conducendo un’esistenza illegale ed anonima. La dipendenza economica che la Cañada ha sviluppato nei confronti dei comuni limitrofi come Madrid, Rivas e Coslada, ha determinato con il tempo un graduale fenomeno di esclusione, manifestatosi sia sul piano territoriale che su quello sociale. L’utilizzo improprio della via pecuaria e la negazione da parte delle istituzioni della sua esistenza sono alla base dell’isolamento e dell’auto disprezzo che condizionano la vita nello slum. L'emarginazione e la segregazione sono scandite e accentuate dalla struttura lineare dell’insediamento che, segnato da numerose interruzioni infrastrutturali del tessuto urbano, risulta di conseguenza fortemente settorializzato. La derivante separazione dei gruppi etnici amplifica le differenze e rende la convivenza conflittuale, trasformando la vita della periferia in una lotta incessante per l’affermazione dell’identità individuale. Ma la Cañada è Reale. Abitare la Cañada può essere una scelta forzata indotta dall’emarginazione e dalla povertà, ma anche una decisione personale legata alla storia, alla vita sociale, famigliare e comunitaria condotta fin ora. Il legame affettivo che unisce gli abitanti a questa terra costituisce contemporaneamente l’occasione per rivendicare i diritti della comunità della Cañada e affermare la favela come nuovo modello urbano. La parola “abitare” sottintende i concetti di una dimora fissa, di appartenenza al luogo ma non necessariamente di proprietà. Cosa significa abitare la Cañada? Esiste un’identità radicata in questa terra? Come può la periferia sciogliere i vincoli con il centro urbano? L’architettura racchiude un potenziale enorme: una grande responsabilità sociale in grado di superare il complesso sistema politico che ha favorito, attraverso posizioni discutibili, la crescita dello slum madrileno. Questo forza costituisce il mezzo per studiare ed affrontare le periferie urbane nelle loro diverse manifestazioni a livello globale. In un mondo sempre più urbano la crescita delle città è in continuo aumento e di conseguenza il destino della Cañada è di accogliere grandi masse che condividono povertà e aspirano ad una migliore qualità di vita. La pianificazione ha dunque il compito di dare voce a questa energia che presuppone non solo un nuovo modello di periferia ma più in generale una nuova immagine della città. Esiste una possibilità di rinascita, esistono le basi per il coinvolgimento della popolazione e per l’affermazione della propria identità. La risposta è racchiusa nei concetti di autosufficienza e reversibilità, cambiamento e adattamento, partecipazione e integrazione.
PETRILLO, AGOSTINO
BASABE, LUIS
ARC I - Scuola di Architettura e Società
30-set-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/113183