Sustainable development cannot leave climate and environment safeguard out of consideration. Concerning the reduction of polluting emissions in the atmosphere, nuclear energy could play a leading role in future strategy. With this purpose, the management of spent nuclear fuel (SNF) is a major concern. In fact, up to 2012, 360500 tHM containing about 95% of reusable uranium and 1% of highly radiotoxic transuranium elements have been globally discharged from worldwide nuclear power reactors. A promising reprocessing approach based on hydrometallurgical partitioning of actinides (An) from SNF coupled with their employment in proper nuclear reactors was proposed in order to enhance safety of waste management. Although to date only uranium and plutonium can be recovered, promising counter-current multistage hydrometallurgical processes for the recycling of all An have been proposed within the last Framework Programs funded by the European Commission. The ultimate approaches entail the preliminary co-extraction of An and lanthanides (Ln) from other fission and corrosion products by a non-selective lipophilic ligand, followed by An stripping by a selective hydrophilic complexing agent. Whereas effective An and Ln extractants have already been identified, the efforts have been driven by the pursuance of effective compounds capable of dealing with the similar chemical behaviour of trivalent 4f and 5f elements. The main challenge lies in the design of a complexant structure satisfying several industrial constraints: i) selectivity towards An; ii) reversibility of An retention; iii) fast complexation kinetics; iv) no hydrodynamic problems; v) stability towards hydrolysis and radiolysis. Furthermore, the ligand should contain only C, H, O and N atoms in order to be fully incinerable without producing secondary solid wastes. To date, several promising hydrophilic ligands have been developed, although none of them fully matched the requirements. This Ph.D. research concerns two innovative hydrophilic ligands. Both ligands present N-heterocyclic atoms exposed on the complexing site in order to enhance selectivity towards An. The experimental activity was mainly focused on the investigation of hydrolytic and radiolytic stability of the ligands from process safety and An separation efficiency points of view. The radiolytic damage was simulated by irradiating the stripping solutions with gamma emitting 60Co sources. The radiolytic stability of key physico chemical properties was assessed because their alteration could seriously affect extracting efficiency and safety of future reprocessing plants. The radiation-induced ligand consumption was quantified by several analytical techniques. According to radiation chemistry theory, a focused experimental campaign was performed to hypothesise the chemical structures of the main degradation products. The exceptional An selectivity of stripping solutions irradiated up to 200 kGy was assessed by means of batch liquid-liquid extraction experiments. Moreover, the complexation of trivalent Am, Cm and Eu with fresh and irradiated ligand samples was investigated, further confirming the selectivity for An and the radiolytic stability. Due to unprecedented resistance towards hydrolysis and radiolysis, a method for stripping solvent recycling was conceived. Finally, the system was successfully tested in a single-stage centrifugal contactor without encountering neither kinetics nor hydrodynamic hindrances. The results of this Ph.D. research decisively proved that this novel stripping solvent promisingly satisfy the abovementioned industrial requirements. For this reason, this system was proposed for testing on real waste in a multi stage centrifugal contactor battery, preliminarily to the final application in the future An separation process from SNF. The experimental activity was mainly performed at Politecnico di Milano, in the Radiochemistry and Radiation Chemistry lab. Abroad research periods at ATALANTE lab (Commissariat à l'Énergie Atomique et aux énergies alternatives, CEA), Radiochemistry lab (Heidelberg University) and Nuclear Waste Management and Reactor Safety Department (ForschungsZentrum Jülich, FZJ) were funded by European scholarships.

Nel corso del XXI secolo si prevede una considerevole crescita della domanda energetica, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo dove l’incremento demografico è più significativo. Ad oggi, i combustibili fossili rappresentano la principale fonte energetica, sebbene siano i principali responsabili per l’emissione di gas serra in atmosfera. Poiché la maggior parte della comunità scientifica concorda oramai nel ritenere che il fenomeno del riscaldamento globale sia collegato all’incremento della concentrazione di gas serra in atmosfera, ingenti sforzi sono stati e sono tuttora dedicati al fine di vincere la sfida di fornire l’energia necessaria per lo sviluppo salvaguardando al contempo il pianeta dal riscaldamento climatico. L’energia nucleare potrebbe rivestire un ruolo determinante nella futura strategia per contenere l’emissione di gas serra. Infatti, le emissioni generate durante l’intera vita di un impianto nucleare, dalla sua costruzione al decommissioning, includendo anche lo stadio di fabbricazione del combustibile, sono limitate e paragonabili, se non inferiori, a quelle delle fonti rinnovabili. In particolare, dal 1971 al 2014, l’energia nucleare ha consentito di evitare il rilascio in atmosfera di circa 56 Gt di CO2, equivalenti a circa due anni di emissioni all’attuale rateo di emissione. Attualmente, i 440 reattori nucleari funzionanti contribuiscono al fabbisogno energetico globale con 381 GWe, equivalenti all’11% dell’energia elettrica generata. Inoltre, 66 impianti nucleari di potenza, in grado di fornire 67 GWe, sono in fase di costruzione. Gli aspetti legati alla sicurezza e al rischio radiologico relativi al funzionamento di un impianto nucleare ed alle attività ad esso collegate sono le principali motivazioni che impediscono all’industria nucleare di raccogliere il consenso della popolazione. In particolare, la gestione del combustibile nucleare esaurito e il possibile utilizzo di materiali nucleari per scopi non pacifici pongono forti perplessità sulla sostenibilità di questa industria. Dall’avvento dell’energia nucleare fino al dicembre 2012, 360500 tonnellate di metalli pesanti sono stati scaricati dai reattori di potenza. Al rateo attuale, circa 10000 tonnellate di metalli pesanti sono estratte ogni anno dai reattori nucleari di tutto il mondo sotto forma di combustibile nucleare esausto. Attualmente, due sono le strategie adottate per la gestione di questo rifiuto: il ciclo aperto e il ciclo chiuso. Il primo consiste nel diretto smaltimento in opportuni depositi di stoccaggio a lungo termine. Il ciclo chiuso, invece, consente di recuperare materiale riutilizzabile. Ad esempio, il combustibile nucleare scaricato da un reattore ad acqua leggera con un burn up di 40 GWd/t contiene circa il 95% (in massa) dell’uranio (94% 238U fertile e 0.8% 235U fissile), 1% di transuranici (isotopi di plutonio, nettunio, americio, curio) e 4% di prodotti di fissione. Ad oggi, alcuni processi idro-metallurgici per il recupero di uranio e plutonio sono stati sviluppati con successo. In particolare, il processo PUREX è stato implementato su scala industriale negli impianti di La Hague (Francia), Maiak (Russia), Sellafield (Regno Unito) e Tokai (Giappone). Circa un terzo del combustibile nucleare scaricato è stato riprocessato per la fabbricazione del combustibile MOX. Sia il combustibile nucleare esausto sia i rifiuti derivanti dagli impianti di riprocessamento devono essere condizionati prima del loro smaltimento. Al fine di assicurare la sicurezza del sito per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari, è necessario scongiurare il rischio di criticità, garantire un appropriato confinamento dei radionuclidi interessati insieme alla rimozione del calore residuo e a un’opportuna schermatura radiologica. Tali depositi devono essere isolati dalla biosfera per circa 300000 anni se si persegue l’opzione del ciclo aperto e per 3000 anni nel caso del ciclo chiuso. Inoltre, se anche gli attinidi minori (nettunio, americio e curio) fossero separati dai rifiuti si recupererebbe un ulteriore ordine di grandezza. A tal fine, è stata sviluppata una promettente strategia basata sulla separazione di attinidi minori con processi idro-metallurgici (partitioning) e sulla loro successiva trasformazione in radionuclidi a vita breve o addirittura stabili (transmutation). Grazie a questo approccio è possibile ridurre le dimensioni e la pericolosità dei depositi, migliorando l’accettabilità sociale dell’industria nucleare. A livello internazionale sono stati proposti numerosi e promettenti processi multistadio in contro-corrente per il riciclo degli attinidi minori. Il recupero del nettunio potrebbe essere effettuato con un processo PUREX avanzato, mediante un accurato controllo del suo stato di ossidazione. Invece, americio e curio sono presenti allo stato trivalente nelle condizioni di riprocessamento. In questo stato di ossidazione, la loro affinità con gli estraenti impiegati nel processo PUREX è molto limitata. Conseguentemente, ulteriori passaggi sono necessari per raggiungere il loro completo recupero. Inoltre, per un’ottimale trasmutazione, la soluzione di attinidi trivalenti deve essere purificata dai lantanidi, data la loro elevata sezione di cattura neutronica. Sfortunatamente, il simile comportamento chimico di attinidi e lantanidi trivalenti e lo sfavorevole rapporto di massa nel combustibile nucleare esausto rendono questo passaggio molto complicato. Sia attinidi che lantanidi trivalenti sono acidi forti nella teoria Hard and Soft Acids and Bases (HSAB) di Pearson e, conseguentemente, hanno un’elevata affinità con basi forti. Leganti che presentano atomi hard donor (ossigeno e fosforo) nel sito di complessazione interagiscono in maniera elettrostatica, senza possibilità di discriminazione, con attinidi e lantanidi trivalenti. Invece, la separazione selettiva degli attinidi può essere ottenuta qualora atomi soft donor (azoto e zolfo) fossero inseriti nel sito complessante del legante. Nel corso degli ultimi progetti europei sono stati sviluppati processi che perseguono la separazione degli attinidi mediante loro stripping selettivo ad opera di opportuni agenti complessanti idrofili. Al tal fine, si è pensato di sintetizzare leganti con il medesimo sito complessante che ha permesso l’affermazione degli estraenti eterociclici azotati nell’ambito del processo SANEX. I gruppi funzionali lipofili sono dunque stati sostituiti con opportuni gruppi idrofili al fine di garantire una sufficiente solubilità in fase acquosa. Molteplici leganti idrofili solfonati sono stati messi a punto sulla base delle strutture complessanti delle BTP, BTBP e BTPhen. Tra questi, l’agente complessante denominato SO3 Ph BTP è stato approfonditamente studiato per via della sua elevata selettività verso la famiglia degli attinidi. Il suo utilizzo in processi di tipo i SANEX è stato dimostrato con successo grazie a esperimenti condotti in batteria multistadio di contattori in controcorrente. Una serie di requisiti deve essere necessariamente tenuta in considerazione nel momento in cui si cerca di sviluppare un legante in grado di separare efficacemente attinidi da lantanidi. In particolare le caratteristiche richieste sono: i) selettività per gli attinidi, ovvero elevata affinità per gli attinidi e bassa per i lantanidi; ii) reversibilità della ritenzione degli attinidi, ovvero semplice rilascio; iii) solubilità nei solventi di interesse; iv) cinetica di complessazione rapida; v) assenza di problemi idrodinamici, quali presenza di precipitati o terze fasi; vi) stabilità nei confronti di idrolisi e radiolisi; vii) principio CHON. L’ultimo requisito, come già descritto, richiede che il legante possegga solo atomi di C, H, O e N, in modo da non lasciare rifiuti solidi secondari in seguito a smaltimento a fine vita. Tra gli agenti complessanti idrofili proposti in letteratura, nessuno rispetta il principio CHON. Ad oggi nessuno dei leganti studiati ha mostrato di possedere tutti i requisiti necessari per la sua futura implementazione industriale. Il presente progetto di ricerca si colloca nell’ambito del progetto europeo SACSESS dedicato allo sviluppo di approcci innovativi al partitioning di attinidi a partire dal combustibile nucleare esausto. L’attività di ricerca è stata volta principalmente allo studio della resistenza idrolitica e radiolitica di due agenti complessanti idrofili innovativi. Entrambi presentano tre atomi di azoto a formare il sito donatore al fine di esaltare la selettività verso la famiglia degli attinidi. La valutazione dell’impatto della radiolisi sulla sicurezza dell’intero processo e sull’efficienza di separazione sono stati i principali obiettivi della ricerca. Al fine di simulare e stimare il danno radiolitico impartito in condizioni rappresentative per il futuro processo industriale, le soluzioni di stripping contenenti i complessanti idrofili sono state irraggiate a diverse dosi per mezzo di sorgenti gamma di 60Co e successivamente analizzate con opportune tecniche di indagine. Gli obiettivi principali del progetto sono stati: i) valutazione della stabilità chimico fisica del sistema in termini di densità, viscosità, acidità e concentrazione di ioni nitrato; ii) quantificazione del consumo di legante attraverso HPLC-DAD, con ulteriore conferma per mezzo di tecniche UV-vis, NMR e FT-Raman; iii) identificazione dei principali prodotti di degradazione attraverso accoppiamento tra HPLC e ESI-MS; iv) valutazione delle proprietà estraenti di soluzioni di stripping irraggiate in condizioni sperimentali simulanti i processi i SANEX e GANEX attraverso tests di estrazione liquido-liquido in presenza di soluzioni simulanti il raffinato PUREX; v) valutazione del meccanismo di speciazione rispetto a cationi trivalenti di americio, curio e europio attraverso tecniche di analisi UV-vis e TRLFS su soluzioni fresche, invecchiate ed irraggiate. Inoltre, visti gli eccellenti risultati sperimentali relativi alla resistenza a idrolisi e radiolisi per la soluzione di stripping, tale sistema è stato proposto per essere studiato in una batteria multistadio di contattori centrifughi in presenza di raffinato PUREX non sintetico. A tal proposito, un esperimento in contattore centrifugo a singolo stadio è stato condotto durante il periodo trascorso al centro di ricerca FZJ. Questo test rappresenta un passaggio imprescindibile per la valutazione dell’efficienza del singolo stadio e, quindi, per lo sviluppo di un flow-sheet di processo.

Novel i-SANEX/GANEX formulation for hydrometallurgical actinide separation from spent nuclear fuel

MOSSINI, EROS

Abstract

Sustainable development cannot leave climate and environment safeguard out of consideration. Concerning the reduction of polluting emissions in the atmosphere, nuclear energy could play a leading role in future strategy. With this purpose, the management of spent nuclear fuel (SNF) is a major concern. In fact, up to 2012, 360500 tHM containing about 95% of reusable uranium and 1% of highly radiotoxic transuranium elements have been globally discharged from worldwide nuclear power reactors. A promising reprocessing approach based on hydrometallurgical partitioning of actinides (An) from SNF coupled with their employment in proper nuclear reactors was proposed in order to enhance safety of waste management. Although to date only uranium and plutonium can be recovered, promising counter-current multistage hydrometallurgical processes for the recycling of all An have been proposed within the last Framework Programs funded by the European Commission. The ultimate approaches entail the preliminary co-extraction of An and lanthanides (Ln) from other fission and corrosion products by a non-selective lipophilic ligand, followed by An stripping by a selective hydrophilic complexing agent. Whereas effective An and Ln extractants have already been identified, the efforts have been driven by the pursuance of effective compounds capable of dealing with the similar chemical behaviour of trivalent 4f and 5f elements. The main challenge lies in the design of a complexant structure satisfying several industrial constraints: i) selectivity towards An; ii) reversibility of An retention; iii) fast complexation kinetics; iv) no hydrodynamic problems; v) stability towards hydrolysis and radiolysis. Furthermore, the ligand should contain only C, H, O and N atoms in order to be fully incinerable without producing secondary solid wastes. To date, several promising hydrophilic ligands have been developed, although none of them fully matched the requirements. This Ph.D. research concerns two innovative hydrophilic ligands. Both ligands present N-heterocyclic atoms exposed on the complexing site in order to enhance selectivity towards An. The experimental activity was mainly focused on the investigation of hydrolytic and radiolytic stability of the ligands from process safety and An separation efficiency points of view. The radiolytic damage was simulated by irradiating the stripping solutions with gamma emitting 60Co sources. The radiolytic stability of key physico chemical properties was assessed because their alteration could seriously affect extracting efficiency and safety of future reprocessing plants. The radiation-induced ligand consumption was quantified by several analytical techniques. According to radiation chemistry theory, a focused experimental campaign was performed to hypothesise the chemical structures of the main degradation products. The exceptional An selectivity of stripping solutions irradiated up to 200 kGy was assessed by means of batch liquid-liquid extraction experiments. Moreover, the complexation of trivalent Am, Cm and Eu with fresh and irradiated ligand samples was investigated, further confirming the selectivity for An and the radiolytic stability. Due to unprecedented resistance towards hydrolysis and radiolysis, a method for stripping solvent recycling was conceived. Finally, the system was successfully tested in a single-stage centrifugal contactor without encountering neither kinetics nor hydrodynamic hindrances. The results of this Ph.D. research decisively proved that this novel stripping solvent promisingly satisfy the abovementioned industrial requirements. For this reason, this system was proposed for testing on real waste in a multi stage centrifugal contactor battery, preliminarily to the final application in the future An separation process from SNF. The experimental activity was mainly performed at Politecnico di Milano, in the Radiochemistry and Radiation Chemistry lab. Abroad research periods at ATALANTE lab (Commissariat à l'Énergie Atomique et aux énergies alternatives, CEA), Radiochemistry lab (Heidelberg University) and Nuclear Waste Management and Reactor Safety Department (ForschungsZentrum Jülich, FZJ) were funded by European scholarships.
BOTTANI, CARLO ENRICO
MARIANI, MARIO
15-feb-2016
Nel corso del XXI secolo si prevede una considerevole crescita della domanda energetica, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo dove l’incremento demografico è più significativo. Ad oggi, i combustibili fossili rappresentano la principale fonte energetica, sebbene siano i principali responsabili per l’emissione di gas serra in atmosfera. Poiché la maggior parte della comunità scientifica concorda oramai nel ritenere che il fenomeno del riscaldamento globale sia collegato all’incremento della concentrazione di gas serra in atmosfera, ingenti sforzi sono stati e sono tuttora dedicati al fine di vincere la sfida di fornire l’energia necessaria per lo sviluppo salvaguardando al contempo il pianeta dal riscaldamento climatico. L’energia nucleare potrebbe rivestire un ruolo determinante nella futura strategia per contenere l’emissione di gas serra. Infatti, le emissioni generate durante l’intera vita di un impianto nucleare, dalla sua costruzione al decommissioning, includendo anche lo stadio di fabbricazione del combustibile, sono limitate e paragonabili, se non inferiori, a quelle delle fonti rinnovabili. In particolare, dal 1971 al 2014, l’energia nucleare ha consentito di evitare il rilascio in atmosfera di circa 56 Gt di CO2, equivalenti a circa due anni di emissioni all’attuale rateo di emissione. Attualmente, i 440 reattori nucleari funzionanti contribuiscono al fabbisogno energetico globale con 381 GWe, equivalenti all’11% dell’energia elettrica generata. Inoltre, 66 impianti nucleari di potenza, in grado di fornire 67 GWe, sono in fase di costruzione. Gli aspetti legati alla sicurezza e al rischio radiologico relativi al funzionamento di un impianto nucleare ed alle attività ad esso collegate sono le principali motivazioni che impediscono all’industria nucleare di raccogliere il consenso della popolazione. In particolare, la gestione del combustibile nucleare esaurito e il possibile utilizzo di materiali nucleari per scopi non pacifici pongono forti perplessità sulla sostenibilità di questa industria. Dall’avvento dell’energia nucleare fino al dicembre 2012, 360500 tonnellate di metalli pesanti sono stati scaricati dai reattori di potenza. Al rateo attuale, circa 10000 tonnellate di metalli pesanti sono estratte ogni anno dai reattori nucleari di tutto il mondo sotto forma di combustibile nucleare esausto. Attualmente, due sono le strategie adottate per la gestione di questo rifiuto: il ciclo aperto e il ciclo chiuso. Il primo consiste nel diretto smaltimento in opportuni depositi di stoccaggio a lungo termine. Il ciclo chiuso, invece, consente di recuperare materiale riutilizzabile. Ad esempio, il combustibile nucleare scaricato da un reattore ad acqua leggera con un burn up di 40 GWd/t contiene circa il 95% (in massa) dell’uranio (94% 238U fertile e 0.8% 235U fissile), 1% di transuranici (isotopi di plutonio, nettunio, americio, curio) e 4% di prodotti di fissione. Ad oggi, alcuni processi idro-metallurgici per il recupero di uranio e plutonio sono stati sviluppati con successo. In particolare, il processo PUREX è stato implementato su scala industriale negli impianti di La Hague (Francia), Maiak (Russia), Sellafield (Regno Unito) e Tokai (Giappone). Circa un terzo del combustibile nucleare scaricato è stato riprocessato per la fabbricazione del combustibile MOX. Sia il combustibile nucleare esausto sia i rifiuti derivanti dagli impianti di riprocessamento devono essere condizionati prima del loro smaltimento. Al fine di assicurare la sicurezza del sito per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari, è necessario scongiurare il rischio di criticità, garantire un appropriato confinamento dei radionuclidi interessati insieme alla rimozione del calore residuo e a un’opportuna schermatura radiologica. Tali depositi devono essere isolati dalla biosfera per circa 300000 anni se si persegue l’opzione del ciclo aperto e per 3000 anni nel caso del ciclo chiuso. Inoltre, se anche gli attinidi minori (nettunio, americio e curio) fossero separati dai rifiuti si recupererebbe un ulteriore ordine di grandezza. A tal fine, è stata sviluppata una promettente strategia basata sulla separazione di attinidi minori con processi idro-metallurgici (partitioning) e sulla loro successiva trasformazione in radionuclidi a vita breve o addirittura stabili (transmutation). Grazie a questo approccio è possibile ridurre le dimensioni e la pericolosità dei depositi, migliorando l’accettabilità sociale dell’industria nucleare. A livello internazionale sono stati proposti numerosi e promettenti processi multistadio in contro-corrente per il riciclo degli attinidi minori. Il recupero del nettunio potrebbe essere effettuato con un processo PUREX avanzato, mediante un accurato controllo del suo stato di ossidazione. Invece, americio e curio sono presenti allo stato trivalente nelle condizioni di riprocessamento. In questo stato di ossidazione, la loro affinità con gli estraenti impiegati nel processo PUREX è molto limitata. Conseguentemente, ulteriori passaggi sono necessari per raggiungere il loro completo recupero. Inoltre, per un’ottimale trasmutazione, la soluzione di attinidi trivalenti deve essere purificata dai lantanidi, data la loro elevata sezione di cattura neutronica. Sfortunatamente, il simile comportamento chimico di attinidi e lantanidi trivalenti e lo sfavorevole rapporto di massa nel combustibile nucleare esausto rendono questo passaggio molto complicato. Sia attinidi che lantanidi trivalenti sono acidi forti nella teoria Hard and Soft Acids and Bases (HSAB) di Pearson e, conseguentemente, hanno un’elevata affinità con basi forti. Leganti che presentano atomi hard donor (ossigeno e fosforo) nel sito di complessazione interagiscono in maniera elettrostatica, senza possibilità di discriminazione, con attinidi e lantanidi trivalenti. Invece, la separazione selettiva degli attinidi può essere ottenuta qualora atomi soft donor (azoto e zolfo) fossero inseriti nel sito complessante del legante. Nel corso degli ultimi progetti europei sono stati sviluppati processi che perseguono la separazione degli attinidi mediante loro stripping selettivo ad opera di opportuni agenti complessanti idrofili. Al tal fine, si è pensato di sintetizzare leganti con il medesimo sito complessante che ha permesso l’affermazione degli estraenti eterociclici azotati nell’ambito del processo SANEX. I gruppi funzionali lipofili sono dunque stati sostituiti con opportuni gruppi idrofili al fine di garantire una sufficiente solubilità in fase acquosa. Molteplici leganti idrofili solfonati sono stati messi a punto sulla base delle strutture complessanti delle BTP, BTBP e BTPhen. Tra questi, l’agente complessante denominato SO3 Ph BTP è stato approfonditamente studiato per via della sua elevata selettività verso la famiglia degli attinidi. Il suo utilizzo in processi di tipo i SANEX è stato dimostrato con successo grazie a esperimenti condotti in batteria multistadio di contattori in controcorrente. Una serie di requisiti deve essere necessariamente tenuta in considerazione nel momento in cui si cerca di sviluppare un legante in grado di separare efficacemente attinidi da lantanidi. In particolare le caratteristiche richieste sono: i) selettività per gli attinidi, ovvero elevata affinità per gli attinidi e bassa per i lantanidi; ii) reversibilità della ritenzione degli attinidi, ovvero semplice rilascio; iii) solubilità nei solventi di interesse; iv) cinetica di complessazione rapida; v) assenza di problemi idrodinamici, quali presenza di precipitati o terze fasi; vi) stabilità nei confronti di idrolisi e radiolisi; vii) principio CHON. L’ultimo requisito, come già descritto, richiede che il legante possegga solo atomi di C, H, O e N, in modo da non lasciare rifiuti solidi secondari in seguito a smaltimento a fine vita. Tra gli agenti complessanti idrofili proposti in letteratura, nessuno rispetta il principio CHON. Ad oggi nessuno dei leganti studiati ha mostrato di possedere tutti i requisiti necessari per la sua futura implementazione industriale. Il presente progetto di ricerca si colloca nell’ambito del progetto europeo SACSESS dedicato allo sviluppo di approcci innovativi al partitioning di attinidi a partire dal combustibile nucleare esausto. L’attività di ricerca è stata volta principalmente allo studio della resistenza idrolitica e radiolitica di due agenti complessanti idrofili innovativi. Entrambi presentano tre atomi di azoto a formare il sito donatore al fine di esaltare la selettività verso la famiglia degli attinidi. La valutazione dell’impatto della radiolisi sulla sicurezza dell’intero processo e sull’efficienza di separazione sono stati i principali obiettivi della ricerca. Al fine di simulare e stimare il danno radiolitico impartito in condizioni rappresentative per il futuro processo industriale, le soluzioni di stripping contenenti i complessanti idrofili sono state irraggiate a diverse dosi per mezzo di sorgenti gamma di 60Co e successivamente analizzate con opportune tecniche di indagine. Gli obiettivi principali del progetto sono stati: i) valutazione della stabilità chimico fisica del sistema in termini di densità, viscosità, acidità e concentrazione di ioni nitrato; ii) quantificazione del consumo di legante attraverso HPLC-DAD, con ulteriore conferma per mezzo di tecniche UV-vis, NMR e FT-Raman; iii) identificazione dei principali prodotti di degradazione attraverso accoppiamento tra HPLC e ESI-MS; iv) valutazione delle proprietà estraenti di soluzioni di stripping irraggiate in condizioni sperimentali simulanti i processi i SANEX e GANEX attraverso tests di estrazione liquido-liquido in presenza di soluzioni simulanti il raffinato PUREX; v) valutazione del meccanismo di speciazione rispetto a cationi trivalenti di americio, curio e europio attraverso tecniche di analisi UV-vis e TRLFS su soluzioni fresche, invecchiate ed irraggiate. Inoltre, visti gli eccellenti risultati sperimentali relativi alla resistenza a idrolisi e radiolisi per la soluzione di stripping, tale sistema è stato proposto per essere studiato in una batteria multistadio di contattori centrifughi in presenza di raffinato PUREX non sintetico. A tal proposito, un esperimento in contattore centrifugo a singolo stadio è stato condotto durante il periodo trascorso al centro di ricerca FZJ. Questo test rappresenta un passaggio imprescindibile per la valutazione dell’efficienza del singolo stadio e, quindi, per lo sviluppo di un flow-sheet di processo.
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