Quando ho iniziato il percorso di studi universitari il principale motivo che mi ha spinto nella scelta di Design degli Interni era, in modo superficiale, la possibilità di poter creare ambienti su misura per le persone, in modo che potessero sentirsi a casa e in un luogo protetto una volta al loro interno; non avevo però considerato il fatto che in pochi istanti un terremoto, un uragano, uno tsunami, carestia, guerre o povertà possano trascinare via queste sicurezze. Questa tesi nasce in seguito ad una concomitanza di circostanze: da tempo desideravo conoscere come venissero gestite le situazioni di emergenza a favore di tutti coloro che rimangono senza un’ abitazione. Il fatto che ultimamente ci siano stati svariati episodi che hanno reso queste tragiche circostanze reali ha risvegliato in me il desiderio di dare risposta a questa mia curiosità. Attraverso un prima fase di ricerca e analisi ho affrontato in modo ampio il tema dell’abitare con tutte le sue sfaccettature, sia sul piano psicologico e sociale legato a ciò che comporta, sia da un punto di vista fisico come casa/abitazione. Questa prima parte vuole però essere solo un punto di partenza per poi declinarsi verso il tema princi- pale dell’ abitare temporaneo focalizzandomi infine sulle situazioni di emergenza. Dal dizionario si trova la seguente definizione: abitare [a-bi-tà-re] (àbito) A v.tr. Occupare abitualmente, riferito a luogo, casa e sim.: la Terra che noi abitiamo; abita un antico palazzo B v.intr. (aus. avere) 1 Aver dimora, risiedere: abitava in una casa della periferia; è un paese dove nessuno vuole a. 2 lett. Trovarsi, avere sede Ma che cosa significa abitare? Dal latino, habitare è un verbo frequentativo (o intensivo) di habere (avere). Esso significa, innanzitutto, avere continuamente o ripetutamente. “Abitare” rimanda quindi all’avere con continuità. L’abitante, al- lora, “ha” il luogo in cui abita. Non tanto nel senso che lo possiede o ne ha proprietà, quanto in quello che ne dispone, lo conosce, ne ha confidenza, ne è pratico. L’abitante “ha” la casa in cui abita, Il cittadino “ha” la città di cui è abitante. Ogni abitante del nostro pianeta (e non solo il nomade assoluto che non abita mai nello stesso luogo) “ha” il mondo. Vi è poi un altro significato concreto che l’abitare possiede. Abitare significa – come Heidegger aveva già detto – costruire. L’essere al mondo come abitare significa quindi costruire un mondo. La costruzio- ne di un mondo è sempre, tuttavia, ricostruzione del mondo già dato. Il mondo già dato che ci circonda e ci attraversa – preesistente all’abitare – è la natura, l’ambiente naturale. L’abitare come costruzione può tuttavia facilmente trasformarsi – e si è senz’altro trasformato – in distruzione del mondo naturale. L’abitare si colloca sempre in questo equilibrio precario tra costruzione-ricostruzione-distruzione. Se abitare è costruire, l’abitare, allora, è sempre qualcosa di artificiale. Per quanto naturali siano i materiali con cui si costruisce l’abitare, per quanto l’abitazione sia inevitabilmente inserita nel mondo naturale (e ne dipenda), essa è sempre un artefatto. E se è un artefatto, ha a che fare con l’arte. Non vi è mai una pura funzionalità (sia pure quella semplice ed elementare dell’abitare) che manchi di un ele- mento estetico. Non vi è artefatto che non svolga una qualche funzione estetica. Esso infatti – si tratti di grandi volumi o di dettagli – è oggetto di visione, appare al nostro sguardo. Siamo allora di fronte ad un altro equilibrio precario: quello tra funzionalità abitativa (in un senso ampio) e funzionalità estetica. Non possiamo non abitare.

Shelter : abitare l'emergenza

SEIRA, CATERINA
2014/2015

Abstract

Quando ho iniziato il percorso di studi universitari il principale motivo che mi ha spinto nella scelta di Design degli Interni era, in modo superficiale, la possibilità di poter creare ambienti su misura per le persone, in modo che potessero sentirsi a casa e in un luogo protetto una volta al loro interno; non avevo però considerato il fatto che in pochi istanti un terremoto, un uragano, uno tsunami, carestia, guerre o povertà possano trascinare via queste sicurezze. Questa tesi nasce in seguito ad una concomitanza di circostanze: da tempo desideravo conoscere come venissero gestite le situazioni di emergenza a favore di tutti coloro che rimangono senza un’ abitazione. Il fatto che ultimamente ci siano stati svariati episodi che hanno reso queste tragiche circostanze reali ha risvegliato in me il desiderio di dare risposta a questa mia curiosità. Attraverso un prima fase di ricerca e analisi ho affrontato in modo ampio il tema dell’abitare con tutte le sue sfaccettature, sia sul piano psicologico e sociale legato a ciò che comporta, sia da un punto di vista fisico come casa/abitazione. Questa prima parte vuole però essere solo un punto di partenza per poi declinarsi verso il tema princi- pale dell’ abitare temporaneo focalizzandomi infine sulle situazioni di emergenza. Dal dizionario si trova la seguente definizione: abitare [a-bi-tà-re] (àbito) A v.tr. Occupare abitualmente, riferito a luogo, casa e sim.: la Terra che noi abitiamo; abita un antico palazzo B v.intr. (aus. avere) 1 Aver dimora, risiedere: abitava in una casa della periferia; è un paese dove nessuno vuole a. 2 lett. Trovarsi, avere sede Ma che cosa significa abitare? Dal latino, habitare è un verbo frequentativo (o intensivo) di habere (avere). Esso significa, innanzitutto, avere continuamente o ripetutamente. “Abitare” rimanda quindi all’avere con continuità. L’abitante, al- lora, “ha” il luogo in cui abita. Non tanto nel senso che lo possiede o ne ha proprietà, quanto in quello che ne dispone, lo conosce, ne ha confidenza, ne è pratico. L’abitante “ha” la casa in cui abita, Il cittadino “ha” la città di cui è abitante. Ogni abitante del nostro pianeta (e non solo il nomade assoluto che non abita mai nello stesso luogo) “ha” il mondo. Vi è poi un altro significato concreto che l’abitare possiede. Abitare significa – come Heidegger aveva già detto – costruire. L’essere al mondo come abitare significa quindi costruire un mondo. La costruzio- ne di un mondo è sempre, tuttavia, ricostruzione del mondo già dato. Il mondo già dato che ci circonda e ci attraversa – preesistente all’abitare – è la natura, l’ambiente naturale. L’abitare come costruzione può tuttavia facilmente trasformarsi – e si è senz’altro trasformato – in distruzione del mondo naturale. L’abitare si colloca sempre in questo equilibrio precario tra costruzione-ricostruzione-distruzione. Se abitare è costruire, l’abitare, allora, è sempre qualcosa di artificiale. Per quanto naturali siano i materiali con cui si costruisce l’abitare, per quanto l’abitazione sia inevitabilmente inserita nel mondo naturale (e ne dipenda), essa è sempre un artefatto. E se è un artefatto, ha a che fare con l’arte. Non vi è mai una pura funzionalità (sia pure quella semplice ed elementare dell’abitare) che manchi di un ele- mento estetico. Non vi è artefatto che non svolga una qualche funzione estetica. Esso infatti – si tratti di grandi volumi o di dettagli – è oggetto di visione, appare al nostro sguardo. Siamo allora di fronte ad un altro equilibrio precario: quello tra funzionalità abitativa (in un senso ampio) e funzionalità estetica. Non possiamo non abitare.
ARC III - Scuola del Design
18-dic-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/117427