Il post Expo, lascerà nell'area pochi e significativi segni del suo passaggio; viene visto come un ritorno alla memoria dell’area verde esistente, tenendo come punto saldo e di partenza la legacy dell’Esposizione Universale 2015: i canali d’acqua, il Palazzo Italia, l’Arena, cascina Triulza, il Decumano e i due ponti come punti di accesso fondamentali per il raggiungimento del sito, ma elemento fondamentale per lo sviluppo del progetto è la richiesta di adibire ad area verde il 60% dell'area. Il progetto del masterplan pone questo fattore come suo principio costruttivo; il parco che si va a strutturare non è mai frammentato se non da una delicata infrastruttura di collegamento di tipo elettrico, quindi permette una crescita di una natura spontanea ma nel contempo antropizzata a partire da campi incolti, boschi, parchi agricoli, verde attrezzato fino ad arrivare ad un’entità artificiale specchio della società italiana. La parte di costruito del progetto è invece realizzata attraverso un offset del perimetro esterno, dettata da un principio flessibile che può esser riempito secondo un’alternanza di vuoti e pieni che si contrappongono rispetto alle funzioni esistenti. Si introducono attività che portano alla formazione di un quartiere multifunzionale con aree museali, edifici per uffici e startup, industria vivaistica, un polo universitario per la Statale, laboratori di ricerca, serre e laboratori didattici e di ricerca. Il progetto finale prende forma dall’evoluzione del semplice degli spazi verdi incolti al complesso della modernità architettonica che si manifesta attraverso lo stadio. La funzione sportiva all’interno dell’area finisce per costituire l’ipotesi di riqualificazione per eccellenza: oltre a permettere l’introduzione di svariate funzioni così diverse e apparentemente slegate fra loro, consente di restituire onore ad un’attività che, soprattutto in Italia, sta diventando sempre più violenta e poco sociale. La sfida che il progetto si prefigge è quella di dare nuova vita, attraverso l’inserimento di un’attività, che deve qui esprimere tutta la sua (innata ma non sempre evidente) funzione sociale. La sua forma è creata dal contesto stesso; la copertura nasce dal parco con una lieve inclinazione fino a raggiungere una chiusura quasi totale nei pressi della forte infrastruttura a nord. Ogni geometria è parametrizzata e ottimizzata per rispondere al meglio ai carichi. Questo processo, attraverso lo studio utilizzato alla base del ragionamento sulla Cupola Geodetica di Richard Buckminster Fuller, ha permesso lo sviluppo di una struttura spaziale completamente autoportante in acciaio con diametro di 150 metri circa aiutata esclusivamente da minime saldature ai nodi di collegamento. La piazza che si crea tra il parco e lo stadio è ideata come luogo di collegamento, l’in-between tra l’artificiale e il naturale, luogo in cui questi interagiscono portando ad un simposio fra il verde ed il costruito. “L’architettura è la continuazione della natura nella sua attività costruittiva” Karl Friedrich Schinkel, Das Architektoische Lehbrunch, 1804-1835
Burgeon Stadium. Uno stadio nel post Expo
PELAGATTI, MELISSA
2014/2015
Abstract
Il post Expo, lascerà nell'area pochi e significativi segni del suo passaggio; viene visto come un ritorno alla memoria dell’area verde esistente, tenendo come punto saldo e di partenza la legacy dell’Esposizione Universale 2015: i canali d’acqua, il Palazzo Italia, l’Arena, cascina Triulza, il Decumano e i due ponti come punti di accesso fondamentali per il raggiungimento del sito, ma elemento fondamentale per lo sviluppo del progetto è la richiesta di adibire ad area verde il 60% dell'area. Il progetto del masterplan pone questo fattore come suo principio costruttivo; il parco che si va a strutturare non è mai frammentato se non da una delicata infrastruttura di collegamento di tipo elettrico, quindi permette una crescita di una natura spontanea ma nel contempo antropizzata a partire da campi incolti, boschi, parchi agricoli, verde attrezzato fino ad arrivare ad un’entità artificiale specchio della società italiana. La parte di costruito del progetto è invece realizzata attraverso un offset del perimetro esterno, dettata da un principio flessibile che può esser riempito secondo un’alternanza di vuoti e pieni che si contrappongono rispetto alle funzioni esistenti. Si introducono attività che portano alla formazione di un quartiere multifunzionale con aree museali, edifici per uffici e startup, industria vivaistica, un polo universitario per la Statale, laboratori di ricerca, serre e laboratori didattici e di ricerca. Il progetto finale prende forma dall’evoluzione del semplice degli spazi verdi incolti al complesso della modernità architettonica che si manifesta attraverso lo stadio. La funzione sportiva all’interno dell’area finisce per costituire l’ipotesi di riqualificazione per eccellenza: oltre a permettere l’introduzione di svariate funzioni così diverse e apparentemente slegate fra loro, consente di restituire onore ad un’attività che, soprattutto in Italia, sta diventando sempre più violenta e poco sociale. La sfida che il progetto si prefigge è quella di dare nuova vita, attraverso l’inserimento di un’attività, che deve qui esprimere tutta la sua (innata ma non sempre evidente) funzione sociale. La sua forma è creata dal contesto stesso; la copertura nasce dal parco con una lieve inclinazione fino a raggiungere una chiusura quasi totale nei pressi della forte infrastruttura a nord. Ogni geometria è parametrizzata e ottimizzata per rispondere al meglio ai carichi. Questo processo, attraverso lo studio utilizzato alla base del ragionamento sulla Cupola Geodetica di Richard Buckminster Fuller, ha permesso lo sviluppo di una struttura spaziale completamente autoportante in acciaio con diametro di 150 metri circa aiutata esclusivamente da minime saldature ai nodi di collegamento. La piazza che si crea tra il parco e lo stadio è ideata come luogo di collegamento, l’in-between tra l’artificiale e il naturale, luogo in cui questi interagiscono portando ad un simposio fra il verde ed il costruito. “L’architettura è la continuazione della natura nella sua attività costruittiva” Karl Friedrich Schinkel, Das Architektoische Lehbrunch, 1804-1835File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/117589