Il progetto affronta la questione relativa alla nuova valorizzazione del lascito di Expo Milano 2015. L’area si inserisce in un brano di città generica dal carattere frammentario ed insulare, definito dal tracciato infrastrutturale che attraversa il Nord-Ovest della città e che genera spazi interstiziali e residuali, disconnessi dalle zone più urbane. L’intento progettuale è quello di ristabilire una relazione con il contesto locale e, allo stesso tempo, inserire il progetto all’interno di un sistema non solo milanese, ma anche territoriale, nell’ottica di generare nuove forme di urbanità all’interno della città diffusa. Si configura un progetto dallo sviluppo graduale, avente come vincoli/potenzialità quegli elementi definibili “preesistenze”, ovvero il lascito materiale dell’Esposizione, utili a ristabilire fin da subito un contatto con la città. Se l’infrastrutturazione, da un lato, è ritenuta un effettivo limite, è da considerarsi, d’altro canto, come una delle principali risorse per la riqualificazione poiché corrispondente ad un sistema di vere e proprie “eterotopie” foucaultiane in grado di connettere alla metropoli. Lo stadio si inserisce come elemento capace di creare urbanità; principio generatore di usi differenti che rendono lo spazio un “luogo” secondo la definizione che ne dà M. Augé. Oggigiorno l’evento sportivo è tanto delocalizzato da essere fruibile virtualmente da qualsiasi parte del mondo, il contesto dell’edificio vero e proprio perde spesso valore. L’obiettivo è dunque quello di ristabilire un contatto con il territorio circostante, sia favorendo la pedonalità sia mantenendo una relazione visiva con il luogo. La copertura diventa ulteriore dispositivo di relazione con la città; strutturalmente indipendente rispetto al volume che comprende la cavea, si protende generando spazi coperti il cui utilizzo è slegato da quello canonico del grande evento. In questo modo l’edificio si “estroflette” facendosi portatore di dinamiche e processi relazionali. Come afferma M. de Certeau «Lo spazio sarebbe rispetto al luogo ciò che diventa la parola quando è parlata», così lo stadio si fa luogo se effettivamente praticato e assume quindi identità.

Urban Stadium. Post Expo

BORRONI, MARGHERITA;LAMPERTI, MARTINA;GAMBARE', MARCO
2014/2015

Abstract

Il progetto affronta la questione relativa alla nuova valorizzazione del lascito di Expo Milano 2015. L’area si inserisce in un brano di città generica dal carattere frammentario ed insulare, definito dal tracciato infrastrutturale che attraversa il Nord-Ovest della città e che genera spazi interstiziali e residuali, disconnessi dalle zone più urbane. L’intento progettuale è quello di ristabilire una relazione con il contesto locale e, allo stesso tempo, inserire il progetto all’interno di un sistema non solo milanese, ma anche territoriale, nell’ottica di generare nuove forme di urbanità all’interno della città diffusa. Si configura un progetto dallo sviluppo graduale, avente come vincoli/potenzialità quegli elementi definibili “preesistenze”, ovvero il lascito materiale dell’Esposizione, utili a ristabilire fin da subito un contatto con la città. Se l’infrastrutturazione, da un lato, è ritenuta un effettivo limite, è da considerarsi, d’altro canto, come una delle principali risorse per la riqualificazione poiché corrispondente ad un sistema di vere e proprie “eterotopie” foucaultiane in grado di connettere alla metropoli. Lo stadio si inserisce come elemento capace di creare urbanità; principio generatore di usi differenti che rendono lo spazio un “luogo” secondo la definizione che ne dà M. Augé. Oggigiorno l’evento sportivo è tanto delocalizzato da essere fruibile virtualmente da qualsiasi parte del mondo, il contesto dell’edificio vero e proprio perde spesso valore. L’obiettivo è dunque quello di ristabilire un contatto con il territorio circostante, sia favorendo la pedonalità sia mantenendo una relazione visiva con il luogo. La copertura diventa ulteriore dispositivo di relazione con la città; strutturalmente indipendente rispetto al volume che comprende la cavea, si protende generando spazi coperti il cui utilizzo è slegato da quello canonico del grande evento. In questo modo l’edificio si “estroflette” facendosi portatore di dinamiche e processi relazionali. Come afferma M. de Certeau «Lo spazio sarebbe rispetto al luogo ciò che diventa la parola quando è parlata», così lo stadio si fa luogo se effettivamente praticato e assume quindi identità.
MALERBA, PIER GIORGIO
DE ANTONELLIS, STEFANO
PIZZI, EMILIO
SANGIORGI, CLAUDIO
ARC II - Scuola di Architettura Civile
21-dic-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/117627