La fine di Expo pone la necessità di trovare un progetto che si faccia carico di interpretare il lascito di questa manifestazione, con un’attenzione particolare a temi cruciali come la resilienza e il riuso. La posizione e il numero di connessioni che lega quest’area alla città di Milano motiva la scelta di progettare un nuovo quartiere e porvi una macrofunzione. Per il quartiere è stato studiato l’insediamento di un polo scientifico in cui convivano ricerca e industria; mentre per quanto riguarda la macrofunzione la proposta è di realizzarvi uno stadio di calcio. Di Expo si è scelto di conservare le vie d’acqua, Cardo, Decumano, i lotti nella parte edificata, Palazzo Italia, Albero della vita e alcune funzioni accessorie; in questo modo viene tramandato l’impianto originario che riteniamo il carattere più distintivo. Il quartiere occupa il 36% della superficie di Expo, lasciando la restante verde; questo parco si aggiunge alla corona di parchi attorno a Milano e continua il raggio verde RV7. Il parco è concepito come un vassoio, perimetrato da una fascia alberata che ricalca il perimetro di Expo e su cui si appoggiano alcune funzioni che lo rendono attrattivo e vivibile. Tra queste c’è lo stadio, dimensionato per contenere 50.000 spettatori. Quest’edificio pone il tema del “grande in architettura” e il ruolo dello stadio alla scala della città e nel contesto. Le peculiarità del progetto sono l’unitarietà data dall’involucro, il rapporto con il parco alla quota zero, l’integrazione di funzioni semi-pubbliche nello stadio, gli spazi sotto la cavea e l’effetto teatrale del muro di tifosi sul campo. L’involucro amplifica l’effetto volumetrico dell’edificio aumentando l’iconicità dell’architettura, funzionale al senso di appartenenza del tifoso e al suo ruolo per la città. Il piano terra contiene gli spazi dei controlli, senza togliere superficie al parco, cosicché si possa sempre accedere al museo, bar, ristoranti e uffici. I camminamenti dei due anelli sono progettati per permettere la continuità visiva con il parco, che viene negata all’interno della cavea, per concentrare tutta l’attenzione sul campo e sulle tribune, aumentando la teatralità dello spettacolo in atto.

The hive. Proposta di masterplan per il post-Expo

PAFUNDO, GIULIA;FERRARINI, GIUSEPPE;PEREGO, ANDREA
2014/2015

Abstract

La fine di Expo pone la necessità di trovare un progetto che si faccia carico di interpretare il lascito di questa manifestazione, con un’attenzione particolare a temi cruciali come la resilienza e il riuso. La posizione e il numero di connessioni che lega quest’area alla città di Milano motiva la scelta di progettare un nuovo quartiere e porvi una macrofunzione. Per il quartiere è stato studiato l’insediamento di un polo scientifico in cui convivano ricerca e industria; mentre per quanto riguarda la macrofunzione la proposta è di realizzarvi uno stadio di calcio. Di Expo si è scelto di conservare le vie d’acqua, Cardo, Decumano, i lotti nella parte edificata, Palazzo Italia, Albero della vita e alcune funzioni accessorie; in questo modo viene tramandato l’impianto originario che riteniamo il carattere più distintivo. Il quartiere occupa il 36% della superficie di Expo, lasciando la restante verde; questo parco si aggiunge alla corona di parchi attorno a Milano e continua il raggio verde RV7. Il parco è concepito come un vassoio, perimetrato da una fascia alberata che ricalca il perimetro di Expo e su cui si appoggiano alcune funzioni che lo rendono attrattivo e vivibile. Tra queste c’è lo stadio, dimensionato per contenere 50.000 spettatori. Quest’edificio pone il tema del “grande in architettura” e il ruolo dello stadio alla scala della città e nel contesto. Le peculiarità del progetto sono l’unitarietà data dall’involucro, il rapporto con il parco alla quota zero, l’integrazione di funzioni semi-pubbliche nello stadio, gli spazi sotto la cavea e l’effetto teatrale del muro di tifosi sul campo. L’involucro amplifica l’effetto volumetrico dell’edificio aumentando l’iconicità dell’architettura, funzionale al senso di appartenenza del tifoso e al suo ruolo per la città. Il piano terra contiene gli spazi dei controlli, senza togliere superficie al parco, cosicché si possa sempre accedere al museo, bar, ristoranti e uffici. I camminamenti dei due anelli sono progettati per permettere la continuità visiva con il parco, che viene negata all’interno della cavea, per concentrare tutta l’attenzione sul campo e sulle tribune, aumentando la teatralità dello spettacolo in atto.
ARC II - Scuola di Architettura Civile
21-dic-2015
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/117636