La fotocatalisi eterogenea include una grande varietà di applicazioni, come le ossidazioni, le deidrogenazioni, il trasferimento di idrogeno, la rimozione degli inquinanti gassosi, la depurazione delle acque, ecc. Una delle applicazioni più studiate riguarda i processi di ossidazione avanzata (AOPs), per la rimozione di inquinanti organici non biodegradabili. Rispetto alle tecniche convenzionali di purificazione, come l’adsorbimento su carboni attivi, filtrazione, microfiltrazione e osmosi inversa, i processi di ossidazione avanzata hanno il vantaggio di decomporre totalmente gli inquinanti persistenti (ad esempio fenoli, pesticidi, solventi, ecc.) in prodotti che possono essere reimmessi nell’ambiente, come l’anidride carbonica e l’acqua (1), oppure li trasforma in prodotti innocui e biodegradabili, che possono successivamente essere trattati con i metodi convenzionali. Tutti questi processi di ossidazione avanzata sono accomunati dalla generazione di radicali HO∙, che ossidano gli inquinanti organici causando la loro decomposizione. Il biossido di titanio è un catalizzatore largamente studiato per la fotodegradazione dei composti organici, grazie all’alta fotoattività, non tossicità e stabilità in soluzione acquosa. Quando esposto a radiazioni UV, queste promuovono gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione, formando siti ossidanti e riducenti capaci di ossidare direttamente i composti organici a CO2 e H2O e di formare radicali ossidanti (HO∙ e O2-•) in presenza di acqua e ossigeno. Tuttavia le polveri di TiO2 disperse sono difficili da maneggiare e da rimuovere dal sistema acquoso dopo la loro applicazione. La necessità di un trattamento di recupero del catalizzatore dalle acque reflue aumenta i costi di processo, perciò sono stati condotti vari tentativi per immobilizzare il TiO2 su altri materiali, come il vetro, il quarzo, la silice, il carbone attivo, le zeoliti e i polimeri, come l’alcool polivinilico o il polistirene. Spesso l’immobilizzazione del TiO2 su supporti solidi modera la sua attività, perché riduce l’estensione della superficie irradiata e perché può complicare lo scambio degli inquinanti fra la soluzione e il solido fotocatalitico. Una delle tecnologie applicate all’immobilizzazione del TiO2 è la realizzazione di una membrana costituita da materiali nano-ibridi, in cui sono compresenti una fase altamente idrofoba e una idrofila, legate fra di loro mediante legami covalenti. I reattori fotocatalitici a membrana uniscono le caratteristiche assorbenti della membrana e l’attività ossidante del biossido di titanio. Gli ionomeri perfluorurati (ad esempio Nafion® e Aquivion®) possiedono caratteristiche uniche, come la stabilità termica e chimica, la permeabilità ai gas, la trasparenza alle radiazioni UV-visibili e una straordinaria conduttività ionica, oltre al fatto che sono stabili all’ossidazione, per cui non possono essere degradati dal fotocatalizzatore. Poiché sono trasparenti alle radiazioni, queste membrane possono essere applicate direttamente sulla superficie della sorgente luminosa, in modo da poter aumentare la resa quantica del catalizzatore (6; 7). Infatti uno dei fattori che condiziona l’efficienza dei processi foto-indotti è la presenza di particolato, che scherma parte della radiazione luminosa prima che raggiunga il catalizzatore disperso nelle acque da depurare. La maggior efficacia di queste membrane fotoattive è relativa alla degradazione di composti cationici, che vengono assorbiti grazie alle interazioni elettrostatiche con i gruppi –SO3- dello ionomero. Per un processo più ecologico sarebbe opportuno usare fonti rinnovabili, come l’energia solare. Tuttavia, a causa dell’ampio band gap (3.2 eV), il biossido di titanio assorbe solo la radiazione UV (λ<390 nm), che è meno del 5 % dello spettro solare. La ferrite di lantanio (LaFeO3) è un materiale appartenente alla famiglia delle perovskiti, che possiede una promettente attività fotocatalitica nel visibile (λass>420 nm), grazie al band gap di 2.1 eV. La ferrite di lantanio è un catalizzatore per reazioni Fenton-like e, a differenza dei comuni sali di ferro utilizzati, è più efficiente e stabile in sistemi acquosi a lungo termine. In questa tesi, la ferrite di lantanio è stata immobilizzata sulla membrana fluoropolimerica e usata per degradare inquinanti non biodegradabili, come la Rodamina B base e il Metanil Yellow.
Fotodegradazione di inquinanti idrosolubili mediante l'uso di membrane fluoropolimeriche contenenti catalizzatori attivati da luce ultravioletta e visibile
SCHEPIS, NICOLE
2014/2015
Abstract
La fotocatalisi eterogenea include una grande varietà di applicazioni, come le ossidazioni, le deidrogenazioni, il trasferimento di idrogeno, la rimozione degli inquinanti gassosi, la depurazione delle acque, ecc. Una delle applicazioni più studiate riguarda i processi di ossidazione avanzata (AOPs), per la rimozione di inquinanti organici non biodegradabili. Rispetto alle tecniche convenzionali di purificazione, come l’adsorbimento su carboni attivi, filtrazione, microfiltrazione e osmosi inversa, i processi di ossidazione avanzata hanno il vantaggio di decomporre totalmente gli inquinanti persistenti (ad esempio fenoli, pesticidi, solventi, ecc.) in prodotti che possono essere reimmessi nell’ambiente, come l’anidride carbonica e l’acqua (1), oppure li trasforma in prodotti innocui e biodegradabili, che possono successivamente essere trattati con i metodi convenzionali. Tutti questi processi di ossidazione avanzata sono accomunati dalla generazione di radicali HO∙, che ossidano gli inquinanti organici causando la loro decomposizione. Il biossido di titanio è un catalizzatore largamente studiato per la fotodegradazione dei composti organici, grazie all’alta fotoattività, non tossicità e stabilità in soluzione acquosa. Quando esposto a radiazioni UV, queste promuovono gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione, formando siti ossidanti e riducenti capaci di ossidare direttamente i composti organici a CO2 e H2O e di formare radicali ossidanti (HO∙ e O2-•) in presenza di acqua e ossigeno. Tuttavia le polveri di TiO2 disperse sono difficili da maneggiare e da rimuovere dal sistema acquoso dopo la loro applicazione. La necessità di un trattamento di recupero del catalizzatore dalle acque reflue aumenta i costi di processo, perciò sono stati condotti vari tentativi per immobilizzare il TiO2 su altri materiali, come il vetro, il quarzo, la silice, il carbone attivo, le zeoliti e i polimeri, come l’alcool polivinilico o il polistirene. Spesso l’immobilizzazione del TiO2 su supporti solidi modera la sua attività, perché riduce l’estensione della superficie irradiata e perché può complicare lo scambio degli inquinanti fra la soluzione e il solido fotocatalitico. Una delle tecnologie applicate all’immobilizzazione del TiO2 è la realizzazione di una membrana costituita da materiali nano-ibridi, in cui sono compresenti una fase altamente idrofoba e una idrofila, legate fra di loro mediante legami covalenti. I reattori fotocatalitici a membrana uniscono le caratteristiche assorbenti della membrana e l’attività ossidante del biossido di titanio. Gli ionomeri perfluorurati (ad esempio Nafion® e Aquivion®) possiedono caratteristiche uniche, come la stabilità termica e chimica, la permeabilità ai gas, la trasparenza alle radiazioni UV-visibili e una straordinaria conduttività ionica, oltre al fatto che sono stabili all’ossidazione, per cui non possono essere degradati dal fotocatalizzatore. Poiché sono trasparenti alle radiazioni, queste membrane possono essere applicate direttamente sulla superficie della sorgente luminosa, in modo da poter aumentare la resa quantica del catalizzatore (6; 7). Infatti uno dei fattori che condiziona l’efficienza dei processi foto-indotti è la presenza di particolato, che scherma parte della radiazione luminosa prima che raggiunga il catalizzatore disperso nelle acque da depurare. La maggior efficacia di queste membrane fotoattive è relativa alla degradazione di composti cationici, che vengono assorbiti grazie alle interazioni elettrostatiche con i gruppi –SO3- dello ionomero. Per un processo più ecologico sarebbe opportuno usare fonti rinnovabili, come l’energia solare. Tuttavia, a causa dell’ampio band gap (3.2 eV), il biossido di titanio assorbe solo la radiazione UV (λ<390 nm), che è meno del 5 % dello spettro solare. La ferrite di lantanio (LaFeO3) è un materiale appartenente alla famiglia delle perovskiti, che possiede una promettente attività fotocatalitica nel visibile (λass>420 nm), grazie al band gap di 2.1 eV. La ferrite di lantanio è un catalizzatore per reazioni Fenton-like e, a differenza dei comuni sali di ferro utilizzati, è più efficiente e stabile in sistemi acquosi a lungo termine. In questa tesi, la ferrite di lantanio è stata immobilizzata sulla membrana fluoropolimerica e usata per degradare inquinanti non biodegradabili, come la Rodamina B base e il Metanil Yellow.File | Dimensione | Formato | |
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