Luogo conteso tra dimensione urbana e scala geografica; tra terra ed acqua; tra abitare e frequentare, la soglia che la città di Messina riserva all’approdo di genti e merci alberga in un palinsesto destituito, ancorché capace di riverberarne memoria. È in questo territorio che la residualità urbana inscritta tra la geometria dei Nuovi Quartieri della Mosella (Piano Borzì, 1908) e lo spontaneismo di Contrada Pace, pur vedendosi differita il traffico portuale pesante in località Tremestrieri e, parimenti sottratta la capacità strategica dal recinto fieristico (A. Libera, M. de Renzi, 1938), sedimenta inedite frammistioni del quotidiano. Il progetto opera dunque rifunzionalizzazione di un’area – la radice della “falce”, albergata nelle proprie marginalità insediative dai relitti dalla civilizzazione utilitaristica. Così è per la Real Cittadella (XVII sec.), ad accogliere l’inutilizzato impianto inceneritore, i dismessi cantieri SMEB, gli acciai dei serbatoi-carburanti, l’asfalto del molo Norimberga e, poco oltre, il marmo della Stazione Marittima (A. Mazzoni, 1937, con opera di M. Cascella). Infrastruttura di scavalco a completamento di plesso ferroviario, la funzionalità emiciclica all’origine dello scalo, traslata su piano verticale, veste le fattezze di moderno hub ricettivo, altresì vocandosi a presidio territoriale. Dunque l’anamorfosi di Messina-Porto consistendo le definizioni di «paesaggio» susseguitesi a contemporaneità, restituisce metrica ad un territorio zenitale in cui segni e tracce, “opere di controllo dei suoli [ad] accomunare spazi disarticolati” (S. Martini, 2010), esprimono la sola metafora possibile per una terra brevis del Mediterraneo: la finis maris.

Terra brevis. Paesaggi minimi, architetture e materie per la stazione di Messina-Marittima

MACRINA, LUCIA FILOMENA
2014/2015

Abstract

Luogo conteso tra dimensione urbana e scala geografica; tra terra ed acqua; tra abitare e frequentare, la soglia che la città di Messina riserva all’approdo di genti e merci alberga in un palinsesto destituito, ancorché capace di riverberarne memoria. È in questo territorio che la residualità urbana inscritta tra la geometria dei Nuovi Quartieri della Mosella (Piano Borzì, 1908) e lo spontaneismo di Contrada Pace, pur vedendosi differita il traffico portuale pesante in località Tremestrieri e, parimenti sottratta la capacità strategica dal recinto fieristico (A. Libera, M. de Renzi, 1938), sedimenta inedite frammistioni del quotidiano. Il progetto opera dunque rifunzionalizzazione di un’area – la radice della “falce”, albergata nelle proprie marginalità insediative dai relitti dalla civilizzazione utilitaristica. Così è per la Real Cittadella (XVII sec.), ad accogliere l’inutilizzato impianto inceneritore, i dismessi cantieri SMEB, gli acciai dei serbatoi-carburanti, l’asfalto del molo Norimberga e, poco oltre, il marmo della Stazione Marittima (A. Mazzoni, 1937, con opera di M. Cascella). Infrastruttura di scavalco a completamento di plesso ferroviario, la funzionalità emiciclica all’origine dello scalo, traslata su piano verticale, veste le fattezze di moderno hub ricettivo, altresì vocandosi a presidio territoriale. Dunque l’anamorfosi di Messina-Porto consistendo le definizioni di «paesaggio» susseguitesi a contemporaneità, restituisce metrica ad un territorio zenitale in cui segni e tracce, “opere di controllo dei suoli [ad] accomunare spazi disarticolati” (S. Martini, 2010), esprimono la sola metafora possibile per una terra brevis del Mediterraneo: la finis maris.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-apr-2016
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/121590