Il Portogallo è stato uno dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi economica mondiale degli ultimi anni e per la città di Porto questo è significato l’inizio di un evidente processo di trasferimento della popolazione dal centro verso le periferie. I motivi per questo “abbandono” del centro storico della città si possono trovare nelle diminuite risorse degli abitanti, ma anche nel fatto che, come conseguenza della crisi, negli ultimi anni sono stati davvero pochi i progetti pubblici per la città e la maggior parte di quelli realizzati si è concentrata sul turismo. Conseguentemente il centro storico di Porto è diventato un luogo riservato soprattutto ai turisti, dove la metà degli edifici sono disabitati. La ricerca progettuale risulta collegata a questa condizione affrontando un caso di progressivo abbandono e periferizzazione di un margine del tessuto urbano del centro. L’inquadramento del caso studio assume il contesto come parametro determinante per la comprensione e interpretazione del luogo di progetto e procede con un duale approfondimento: lo sviluppo e l’espansione della città nel corso degli ultimi secoli; la nascita e l’affermazione di una peculiare cultura del progetto architettonico che, nella modernità, ha posto Porto al centro dell’attenzione internazionale con la cosiddetta “Scuola di Porto”, fondata sulla mediazione tra le influenze del rinnovamento del Movimento Moderno, il rapporto tra architettura e tradizione, la morfologia del luogo e il suo paesaggio. L’area di intervento è ubicata nella zona centrale della città, subito al di fuori delle poche tracce rimaste del recinto medioevale. Si tratta di un margine che coincide con il limite dell’area urbana centrale edificata che, prospiciente il fiume, si trova però a ben 70 metri sopra il livello delle sue acque. Una zona che è sempre stata trascurata dai piani urbanistici che hanno indirizzato lo sviluppo della città. Dal punto di vista morfologico, quest’area di margine non risolta è principalmente caratterizzata da un tessuto sfrangiato, che si interrompe in modo scomposto prima dell’inizio dei terrazzamenti a verde che scendono verso il fiume. La situazione ambientale risulta ulteriormente peggiorata dalla presenza di un viadotto sopraelevato su pilotis, realizzato negli ultimi decenni del Novecento, che riduce fortemente l’ampiezza visiva del luogo e, soprattutto, limita la vista del paesaggio verso il fiume e il Ponte Dom Luís I, l’icona della città. Gli edifici di questo ambito urbano sono in gran parte degradati e alcuni sono abbandonati e demoliti. L’area è attualmente un grande parcheggio pubblico che si estende sotto al viadotto, rendendola priva di qualsiasi rilevanza architettonica e ambientale. Nonostante tutte le sue criticità quest’area presenta numerose potenzialità godendo di una posizione centrale e, soprattutto, sottopassato il viadotto, di una vista bellissima sul paesaggio che si può godere dal miradouro esistente: limite naturale che non ha ancora trovato corrispondenza col margine morfologico del tessuto urbano. La strategia principale del progetto per la soluzione del caso urbano si basa sulla ricomposizione del tessuto edificato con l’inserimento di addizioni architettoniche a completamento degli isolati esistenti, articolate in continuità con la definizione di un nuovo disegno del suolo. L’area viene ridefinita come un grande manufatto globale con l’obiettivo di migliorarne la qualità ambientale, integrando il miradouro esistente nel progetto complessivo per la creazione di un insieme organico di spazi costruiti e di spazi aperti. Per rendere l’area parte integrante del tessuto urbano e della vita associata della città il nuovo organismo architettonico è destinato a residenza per studenti, considerato che Porto è una città universitaria e che all’estremità Ovest dell’area di intervento si trova la sede dell’Universidade Lusófona. Otre ad alcuni servizi aperti alle frequentazioni degli abitanti del quartiere, come palestra e sala di lettura, in un nuovo volume ubicato sotto il viadotto trovano posto alcuni spazi dedicati a uffici coworking e a bar in modo di contribuire al carattere di nuova accoglienza che il progetto propone. La costruzione che completa i due isolati “interrotti”che connotano l’area, è pensata come una grande “L” articolata in due ali collegate tra di loro ai piani superiori lasciando aperta la circolazione e garantendo l’attraversamento tra esterno e interno dell’area al piano terreno. Caratterizzato da una distribuzione interna cadenzata dalle unità residenziali, l’edificio mantiene una suddivisione razionale tra fasce di servizio e ambienti serviti, tra spazi privati e spazi di incontro e di uso collettivo. L’inserimento contestuale, l’articolazione degli spazi, i caratteri formali, la composizione dei fronti, le scelte materiche delle nuove parti costruite tendono a richiamare i principi della “Scuola di Porto”. L’intera area è resa godibile da un sistema di spazi aperti e camminamenti raccordati da scale, gradinate, rampe, che risolvono i dislivelli presenti con l’obiettivo primario di immettere il luogo nel circuito delle frequentazioni della città contemporanea.

Costruire il margine. Porto, residenza per studenti a Fontainhas

SERAFIMOV, VARDAN
2014/2015

Abstract

Il Portogallo è stato uno dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi economica mondiale degli ultimi anni e per la città di Porto questo è significato l’inizio di un evidente processo di trasferimento della popolazione dal centro verso le periferie. I motivi per questo “abbandono” del centro storico della città si possono trovare nelle diminuite risorse degli abitanti, ma anche nel fatto che, come conseguenza della crisi, negli ultimi anni sono stati davvero pochi i progetti pubblici per la città e la maggior parte di quelli realizzati si è concentrata sul turismo. Conseguentemente il centro storico di Porto è diventato un luogo riservato soprattutto ai turisti, dove la metà degli edifici sono disabitati. La ricerca progettuale risulta collegata a questa condizione affrontando un caso di progressivo abbandono e periferizzazione di un margine del tessuto urbano del centro. L’inquadramento del caso studio assume il contesto come parametro determinante per la comprensione e interpretazione del luogo di progetto e procede con un duale approfondimento: lo sviluppo e l’espansione della città nel corso degli ultimi secoli; la nascita e l’affermazione di una peculiare cultura del progetto architettonico che, nella modernità, ha posto Porto al centro dell’attenzione internazionale con la cosiddetta “Scuola di Porto”, fondata sulla mediazione tra le influenze del rinnovamento del Movimento Moderno, il rapporto tra architettura e tradizione, la morfologia del luogo e il suo paesaggio. L’area di intervento è ubicata nella zona centrale della città, subito al di fuori delle poche tracce rimaste del recinto medioevale. Si tratta di un margine che coincide con il limite dell’area urbana centrale edificata che, prospiciente il fiume, si trova però a ben 70 metri sopra il livello delle sue acque. Una zona che è sempre stata trascurata dai piani urbanistici che hanno indirizzato lo sviluppo della città. Dal punto di vista morfologico, quest’area di margine non risolta è principalmente caratterizzata da un tessuto sfrangiato, che si interrompe in modo scomposto prima dell’inizio dei terrazzamenti a verde che scendono verso il fiume. La situazione ambientale risulta ulteriormente peggiorata dalla presenza di un viadotto sopraelevato su pilotis, realizzato negli ultimi decenni del Novecento, che riduce fortemente l’ampiezza visiva del luogo e, soprattutto, limita la vista del paesaggio verso il fiume e il Ponte Dom Luís I, l’icona della città. Gli edifici di questo ambito urbano sono in gran parte degradati e alcuni sono abbandonati e demoliti. L’area è attualmente un grande parcheggio pubblico che si estende sotto al viadotto, rendendola priva di qualsiasi rilevanza architettonica e ambientale. Nonostante tutte le sue criticità quest’area presenta numerose potenzialità godendo di una posizione centrale e, soprattutto, sottopassato il viadotto, di una vista bellissima sul paesaggio che si può godere dal miradouro esistente: limite naturale che non ha ancora trovato corrispondenza col margine morfologico del tessuto urbano. La strategia principale del progetto per la soluzione del caso urbano si basa sulla ricomposizione del tessuto edificato con l’inserimento di addizioni architettoniche a completamento degli isolati esistenti, articolate in continuità con la definizione di un nuovo disegno del suolo. L’area viene ridefinita come un grande manufatto globale con l’obiettivo di migliorarne la qualità ambientale, integrando il miradouro esistente nel progetto complessivo per la creazione di un insieme organico di spazi costruiti e di spazi aperti. Per rendere l’area parte integrante del tessuto urbano e della vita associata della città il nuovo organismo architettonico è destinato a residenza per studenti, considerato che Porto è una città universitaria e che all’estremità Ovest dell’area di intervento si trova la sede dell’Universidade Lusófona. Otre ad alcuni servizi aperti alle frequentazioni degli abitanti del quartiere, come palestra e sala di lettura, in un nuovo volume ubicato sotto il viadotto trovano posto alcuni spazi dedicati a uffici coworking e a bar in modo di contribuire al carattere di nuova accoglienza che il progetto propone. La costruzione che completa i due isolati “interrotti”che connotano l’area, è pensata come una grande “L” articolata in due ali collegate tra di loro ai piani superiori lasciando aperta la circolazione e garantendo l’attraversamento tra esterno e interno dell’area al piano terreno. Caratterizzato da una distribuzione interna cadenzata dalle unità residenziali, l’edificio mantiene una suddivisione razionale tra fasce di servizio e ambienti serviti, tra spazi privati e spazi di incontro e di uso collettivo. L’inserimento contestuale, l’articolazione degli spazi, i caratteri formali, la composizione dei fronti, le scelte materiche delle nuove parti costruite tendono a richiamare i principi della “Scuola di Porto”. L’intera area è resa godibile da un sistema di spazi aperti e camminamenti raccordati da scale, gradinate, rampe, che risolvono i dislivelli presenti con l’obiettivo primario di immettere il luogo nel circuito delle frequentazioni della città contemporanea.
SCAGLIA, MARIO
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-apr-2016
2014/2015
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/121849