“La prospettiva, nella forma che ancora pratichiamo, nasce nelle mani di un architetto come strumento grafico atto a rappresentare la realtà tridimensionale sul foglio a due dimensioni, ad esaltazione della terza perché, a differenza delle rappresentazioni in pianta o prospetto, conferisce agli oggetti raffigurati l’aspetto di solidi in rilievo. In questo senso essa prevale, per fornire all’artista-architetto la facoltà di verifica e di misura dello spazio, sia in senso percettivo che in senso intellettuale.” La geometria proiettiva, che è alla base della scienza della rappresentazione, ha dato supporto a ingegneri e architetti di ogni tempo. I suoi insegnamenti hanno permesso il controllo delle forme tridimensionali nello spazio e la loro riproduzione sul supporto bidimensionale. Uno degli aspetti particolarmente interessanti della geometria proiettiva è che a essa è riconducibile la percezione delle immagini che si ha nella realtà. In questa ricerca tratteremo un caso estremo della rappresentazione,: “dimostrazione dell’incertezza della vista, rivelazione degli aspetti fantastici della natura”, controllo estremo di tecniche infallibili: l’anamorfosi. L’anamorfosi è una forma di rappresentazione che sfrutta le leggi della prospettiva piana per ottenere un’immagine distorta e indecifrabile che, se osservata da un preciso punto dello spazio, o per mezzo di strumenti di mediazione, si ricompone e si rettifica mostrando figure prima irriconoscibili. Conosciuta empiricamente già agli inizi del cinquecento, per i connotati magici e i suoi potenti meccanismi illusori la “Magia Anamorphotica”3 diviene scienza esatta solo nel Seicento. Uno dei più importanti contributi in materia si deve a Jean Francois Nicéron, nel suo trattato “Perspective curieuse ou magie artificielle des effets merveilleux” (1638) nel quale porta a esaltazione l’assurdità e allo stesso tempo la rigorosità dei procedimenti anamorfici. Il fascino dell’anamorfosi deriva proprio dalla sua natura contraddittoria: il connubio tra il carattere sbalorditivo e illusorio della rappresentazione e la precisione matematica delle sue tecniche. La ricerca di un punto d’incontro tra il rigore delle forme architettoniche e la libertà dell’immagine artistica non è una pratica nuova; sperimentata durante il periodo Barocco, l’arte pittorica del trompe-l’œil apre le porte all’illusione, all’esplorazione di spazi che vanno oltre i confini dettati dall’architettura. L’interesse per questa, potremmo definirla “eccezione” della prospettiva classica, deriva dalla volontà di indagare il profondo rapporto che arte e scienza hanno giocato nella definizione dei procedimenti anamorfici ma, soprattutto, dimostrare quanto la comprensione e l’integrazione delle tecniche della geometria proiettiva classica, con i nuovi strumenti che la tecnologia offre, sia indispensabile per generare un linguaggio innovativo nell’ambito della rappresentazione.
Poinct de l'oeil. L'anamorfosi di Jean François Nicéron tra spazio e immagine
MAZZALAI, SILVIA
2014/2015
Abstract
“La prospettiva, nella forma che ancora pratichiamo, nasce nelle mani di un architetto come strumento grafico atto a rappresentare la realtà tridimensionale sul foglio a due dimensioni, ad esaltazione della terza perché, a differenza delle rappresentazioni in pianta o prospetto, conferisce agli oggetti raffigurati l’aspetto di solidi in rilievo. In questo senso essa prevale, per fornire all’artista-architetto la facoltà di verifica e di misura dello spazio, sia in senso percettivo che in senso intellettuale.” La geometria proiettiva, che è alla base della scienza della rappresentazione, ha dato supporto a ingegneri e architetti di ogni tempo. I suoi insegnamenti hanno permesso il controllo delle forme tridimensionali nello spazio e la loro riproduzione sul supporto bidimensionale. Uno degli aspetti particolarmente interessanti della geometria proiettiva è che a essa è riconducibile la percezione delle immagini che si ha nella realtà. In questa ricerca tratteremo un caso estremo della rappresentazione,: “dimostrazione dell’incertezza della vista, rivelazione degli aspetti fantastici della natura”, controllo estremo di tecniche infallibili: l’anamorfosi. L’anamorfosi è una forma di rappresentazione che sfrutta le leggi della prospettiva piana per ottenere un’immagine distorta e indecifrabile che, se osservata da un preciso punto dello spazio, o per mezzo di strumenti di mediazione, si ricompone e si rettifica mostrando figure prima irriconoscibili. Conosciuta empiricamente già agli inizi del cinquecento, per i connotati magici e i suoi potenti meccanismi illusori la “Magia Anamorphotica”3 diviene scienza esatta solo nel Seicento. Uno dei più importanti contributi in materia si deve a Jean Francois Nicéron, nel suo trattato “Perspective curieuse ou magie artificielle des effets merveilleux” (1638) nel quale porta a esaltazione l’assurdità e allo stesso tempo la rigorosità dei procedimenti anamorfici. Il fascino dell’anamorfosi deriva proprio dalla sua natura contraddittoria: il connubio tra il carattere sbalorditivo e illusorio della rappresentazione e la precisione matematica delle sue tecniche. La ricerca di un punto d’incontro tra il rigore delle forme architettoniche e la libertà dell’immagine artistica non è una pratica nuova; sperimentata durante il periodo Barocco, l’arte pittorica del trompe-l’œil apre le porte all’illusione, all’esplorazione di spazi che vanno oltre i confini dettati dall’architettura. L’interesse per questa, potremmo definirla “eccezione” della prospettiva classica, deriva dalla volontà di indagare il profondo rapporto che arte e scienza hanno giocato nella definizione dei procedimenti anamorfici ma, soprattutto, dimostrare quanto la comprensione e l’integrazione delle tecniche della geometria proiettiva classica, con i nuovi strumenti che la tecnologia offre, sia indispensabile per generare un linguaggio innovativo nell’ambito della rappresentazione.File | Dimensione | Formato | |
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