Scrivere sulla rappresentazione del corpo nell’arte contemporanea, che giorno per giorno si mostra attraverso una pluralità di manifestazioni, risulta un atto estremamente arduo, ed ancor più complesso è cercar di capire quale sia il motivo per cui, in tali rappresentazioni, la corporeità si stia lentamente frammentando. Nella continua evoluzione dei propri rinvii metaforici e simbolici, il concetto di corpo ha assunto molteplici significati antropologici e filosofici, giungendo nella contemporaneità a rappresentarsi in relazione alla stessa condizione umana, che è completamente condizionata e definita dal contesto culturale e tecnologico in cui essa si sviluppa, un contesto mutevole e transitorio in cui la carne dell’individuo ancor prima di essere totalmente digitalizzata viene costantemente modificata, mutilata e plasmata. E’ quindi questo uno degli aspetti più importanti e spesso dimenticati dell’arte, ovvero la capacità di divenire chiave di lettura della società entro la quale essa si sviluppa, una società che riduce ogni aspetto dell’essere umano alla sua sola biologia, riuscendo a far perdere valore allo stesso corpo, che da una parte è considerato come un “oggetto” manipolabile e dall’altra è addirittura idolatrato dando vita al crescente desiderio di avere un corpo perfetto che prescinde dal modo più o meno etico attraverso cui si ottiene. Lo sviluppo scientifico e medico, associato al mondo capitalista secolarizzato e al crescente desiderio di perfezione, hanno reso molto attuale il tema del potenziamento umano, facendo in modo che tale corpo perdesse lentamente la propria unità formale per trasformarsi in una macchina assemblabile e disassemblabile. Allo stesso modo, le nuove realtà virtuali, attraverso la tridimenzionalizzazione delle immagini sono diventate capaci di comunicare con il corpo umano, aprendo quindi all’individuo la possibilità di immedesimarsi in un mondo creato solo per lui al punto da fargli credere di poter digitalizzare addirittura emozioni come l’amore o la pulsione sessuale. Il corpo quindi, in questo particolare periodo storico, può modificarsi perdendo il proprio genere sessuale, la propria età, oltre che la propria fisionomia, facendo in modo che qualunque essere umano possa diventare l’avatar di se stesso. Il corpo virtuale non solo si raddoppia, ma inizia a moltiplicarsi, a dissolversi, a frantumare il proprio organismo diventando carne priva di organi dotata di muti-identità, costruendo una nuova prospettiva sia di se stessi che del mondo circostante. Il frammento quindi, non solo del proprio corpo ma della propria psiche, inizia nell’epoca moderna a sovrapporsi alla figura identitaria unica. Il corpo è attualmente al centro di un’attenzione quasi ossessiva, che lo scompone e lo ricompone, lo considera da punti di vista diversi, ne ridisegna i confini, ne amplifica le funzioni fisiche e sociali, lo trasforma in una astratta password e nell’oggetto di una continua sorveglianza, in un caleidoscopio d’immagini che ci abbaglia, e che alla fine pone il problema se sia possibile ricomporre una unità. Non sembra tanto assurdo quindi che gli artisti moderni e contemporanei abbiano lentamente abbandonato l’idea di corpo unitario per dedicarsi alle sue sole parti, facendo sì che le sole membra siano diventate epicentro di una profonda discussione antropologica dovuta alla convinzione dei più lungimiranti fra loro che l’essere umano stia lentamente perdendo la propria identità a causa di tali mutamenti. Le scissioni del soggetto postmoderno sono dunque determinate dalla sua frammentazione, dalla sua infinita duplicazione, come immediatamente hanno percepito e tradotto in immagini inequivocabili gli artisti più “acuti” della postmodernità, rappresentando gli enormi mutamenti sociali che caratterizzano questo secolo. E’ così che il frammento si è impossessato della scena artistica contemporanea diventando l’epicentro dell’azione artistica. Da queste premesse nasce l’idea di progettare un allestimento museale all’interno del quale vengono mostrati svariati artisti che, spinti in tali azioni da una conseguita coscienza della disintegrazione dell’io nell’età postmoderna, attraverso le proprie opere diventano specchio di una intera società, rappresentando il corpo fisico sezionato, dilazionato, digitalizzato, visualizzato e ricreato per diventare l’estensione o la frammentazione del corpo reale. Gli artisti contemporanei quindi non fanno altro che costruire una lente d’ingrandimento sulla realtà contemporanea facendo in modo che le loro opere diventino strumenti di contemplazione e di meditazione sulla vita di tutti i giorni, restituendoci chiaramente il disagio dovuto alla perdita d’identità, la frammentazione e la mutazione del nostro corpo, facendo sì che i pensieri da esse scaturite diventino monito di un possibile futuro distopico. La mostra quindi, attraverso l’uso di rappresentazioni figurative al limite del distopico, vuole essere un mezzo per riconsegnare al corpo il proprio ruolo, o almeno quello di provare a decifrarlo in relazione al nuovo contesto mediatico e multimediale. Il progetto si pone quindi come uno strumento non solo prettamente analitico ma anche comunicativo, un progetto che si fissa come obiettivo quello di “utilizzare” l’arte contemporanea come un mezzo per creare una nuova coscienza collettiva connessa capace di smuovere i sentimenti e le emozioni dei visitatori attraverso una serie di pratiche estetiche che si interfacciano giorno per giorno sempre di più con i dispositivi elettronici e tecnologici, i quali a loro volta sono passati da essere terreno di confine a passaggio quotidiano del vivere.

Il frammento del corpo. La disintegrazione come metafora della contemporaneità. Progetto per una mostra

IANNONE, DAVIDE
2015/2016

Abstract

Scrivere sulla rappresentazione del corpo nell’arte contemporanea, che giorno per giorno si mostra attraverso una pluralità di manifestazioni, risulta un atto estremamente arduo, ed ancor più complesso è cercar di capire quale sia il motivo per cui, in tali rappresentazioni, la corporeità si stia lentamente frammentando. Nella continua evoluzione dei propri rinvii metaforici e simbolici, il concetto di corpo ha assunto molteplici significati antropologici e filosofici, giungendo nella contemporaneità a rappresentarsi in relazione alla stessa condizione umana, che è completamente condizionata e definita dal contesto culturale e tecnologico in cui essa si sviluppa, un contesto mutevole e transitorio in cui la carne dell’individuo ancor prima di essere totalmente digitalizzata viene costantemente modificata, mutilata e plasmata. E’ quindi questo uno degli aspetti più importanti e spesso dimenticati dell’arte, ovvero la capacità di divenire chiave di lettura della società entro la quale essa si sviluppa, una società che riduce ogni aspetto dell’essere umano alla sua sola biologia, riuscendo a far perdere valore allo stesso corpo, che da una parte è considerato come un “oggetto” manipolabile e dall’altra è addirittura idolatrato dando vita al crescente desiderio di avere un corpo perfetto che prescinde dal modo più o meno etico attraverso cui si ottiene. Lo sviluppo scientifico e medico, associato al mondo capitalista secolarizzato e al crescente desiderio di perfezione, hanno reso molto attuale il tema del potenziamento umano, facendo in modo che tale corpo perdesse lentamente la propria unità formale per trasformarsi in una macchina assemblabile e disassemblabile. Allo stesso modo, le nuove realtà virtuali, attraverso la tridimenzionalizzazione delle immagini sono diventate capaci di comunicare con il corpo umano, aprendo quindi all’individuo la possibilità di immedesimarsi in un mondo creato solo per lui al punto da fargli credere di poter digitalizzare addirittura emozioni come l’amore o la pulsione sessuale. Il corpo quindi, in questo particolare periodo storico, può modificarsi perdendo il proprio genere sessuale, la propria età, oltre che la propria fisionomia, facendo in modo che qualunque essere umano possa diventare l’avatar di se stesso. Il corpo virtuale non solo si raddoppia, ma inizia a moltiplicarsi, a dissolversi, a frantumare il proprio organismo diventando carne priva di organi dotata di muti-identità, costruendo una nuova prospettiva sia di se stessi che del mondo circostante. Il frammento quindi, non solo del proprio corpo ma della propria psiche, inizia nell’epoca moderna a sovrapporsi alla figura identitaria unica. Il corpo è attualmente al centro di un’attenzione quasi ossessiva, che lo scompone e lo ricompone, lo considera da punti di vista diversi, ne ridisegna i confini, ne amplifica le funzioni fisiche e sociali, lo trasforma in una astratta password e nell’oggetto di una continua sorveglianza, in un caleidoscopio d’immagini che ci abbaglia, e che alla fine pone il problema se sia possibile ricomporre una unità. Non sembra tanto assurdo quindi che gli artisti moderni e contemporanei abbiano lentamente abbandonato l’idea di corpo unitario per dedicarsi alle sue sole parti, facendo sì che le sole membra siano diventate epicentro di una profonda discussione antropologica dovuta alla convinzione dei più lungimiranti fra loro che l’essere umano stia lentamente perdendo la propria identità a causa di tali mutamenti. Le scissioni del soggetto postmoderno sono dunque determinate dalla sua frammentazione, dalla sua infinita duplicazione, come immediatamente hanno percepito e tradotto in immagini inequivocabili gli artisti più “acuti” della postmodernità, rappresentando gli enormi mutamenti sociali che caratterizzano questo secolo. E’ così che il frammento si è impossessato della scena artistica contemporanea diventando l’epicentro dell’azione artistica. Da queste premesse nasce l’idea di progettare un allestimento museale all’interno del quale vengono mostrati svariati artisti che, spinti in tali azioni da una conseguita coscienza della disintegrazione dell’io nell’età postmoderna, attraverso le proprie opere diventano specchio di una intera società, rappresentando il corpo fisico sezionato, dilazionato, digitalizzato, visualizzato e ricreato per diventare l’estensione o la frammentazione del corpo reale. Gli artisti contemporanei quindi non fanno altro che costruire una lente d’ingrandimento sulla realtà contemporanea facendo in modo che le loro opere diventino strumenti di contemplazione e di meditazione sulla vita di tutti i giorni, restituendoci chiaramente il disagio dovuto alla perdita d’identità, la frammentazione e la mutazione del nostro corpo, facendo sì che i pensieri da esse scaturite diventino monito di un possibile futuro distopico. La mostra quindi, attraverso l’uso di rappresentazioni figurative al limite del distopico, vuole essere un mezzo per riconsegnare al corpo il proprio ruolo, o almeno quello di provare a decifrarlo in relazione al nuovo contesto mediatico e multimediale. Il progetto si pone quindi come uno strumento non solo prettamente analitico ma anche comunicativo, un progetto che si fissa come obiettivo quello di “utilizzare” l’arte contemporanea come un mezzo per creare una nuova coscienza collettiva connessa capace di smuovere i sentimenti e le emozioni dei visitatori attraverso una serie di pratiche estetiche che si interfacciano giorno per giorno sempre di più con i dispositivi elettronici e tecnologici, i quali a loro volta sono passati da essere terreno di confine a passaggio quotidiano del vivere.
MARANI, PIETRO
ARC III - Scuola del Design
28-apr-2016
2015/2016
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/122210