The Fifties and Sixties were prosperous for intellectual vitality: after the catastrophe of the War World II, these are the years of political social and economic rebirth and he years of the so-called economic boom for Italy. In about fifteen years, between 1945 and 1960, the Italian architecture and urban planning scenarios see the succession - or more often the contemporary – of different experiences: Rationalism, Neorealism, Organic style, International Style, and several other research of the high formal and constructive level. In this context the Olivetti experience, which has often been identified as a case study for a critical review of three decades of Italian architecture. There are many contributions that have addressed the issue of the architecture and architects of Adriano Olivetti, constantly placing emphasis on how the reality Ivrea can, in a sense, be a mirror of the complex 'maturation' of those years Italian architectural language. In this regard the Olivetti experience has often been identified as a case study for a critical review of three decades of Italian architecture. There are many contributions focus on architecture and architects of Adriano Olivetti, that emphasize the role of Ivrea as a mirror of the complex 'maturation' of the Italian architectural language in those years. In this framework a partial gap is represented by the Olivetti’s summer camps: Marina di Massa by Annibale Fiocchi and Ottavio Cascio, designed and built between 1948-58 and the summer camp in Brusson (Valle d’Aosta), built in 1956, designed by Leonardo Fiori and Claudio Conte. Summer camp architecture is central in several paper work where, however, the most space was given to the achievements of the Fascist era. When it comes to post-war summer camp and the associated pedagogic programme, there are instead fewer essays. Following this thread this doctoral thesis aims to contribute to this line of research, analyzing the Italian architectural debate of the Fifties and Sixties, tangible in the Olivetti’s summer camp buildings.

Gli anni Cinquanta e Sessanta ci appaiono come un’epoca di grande vitalità intellettuale: si tratta degli anni della rinascita politica, sociale ed economica dell’Italia dopo la catastrofe della guerra, gli anni del cosiddetto boom economico. Nel giro di circa quindici anni, tra il 1945 e il 1960, gli scenari dell’architettura e dell’urbanistica italiana vedono la successione – o più spesso la contemporaneità – di esperienze di ogni genere: gli entusiasmi del primo dopoguerra e la parentesi neorealista; le polemiche del VII CIAM di Bergamo che avevano, da una parte, incrinato i rapporti tra alcuni dei protagonisti dell’architettura italiana (Gardella in prima fila) e i maestri del Razionalismo, e dall’altra approfondito ancora di più il solco che divideva, sempre in nome di un’innovazione dell’architettura, ‘organici’ e ‘razionalisti’; e ancora, un proliferare di episodi architettonici isolati che, mentre si dichiaravano come sintomi di un disagio verso una tradizione moderna ormai fossilizzata nei paradigmi dell’International Style, costituivano al tempo stesso occasioni di sperimentazione e ricerca di nuove strade, spesso con esiti di altissimo livello formale e costruttivo. In questo contesto si colloca l’esperienza olivettiana, che è stata spesso individuata come caso studio per una disamina critica di trent’anni di architettura italiana. Numerosi sono i contributi che hanno affrontato il tema delle architetture e degli architetti di Adriano Olivetti, ponendo costantemente l’accento su come la realtà eporediese possa, in un certo senso, essere specchio della complessa ‘maturazione’ del linguaggio architettonico italiano di quegli anni. In questo quadro una parziale lacuna è rappresentata dalle colonie estive di Marina di Massa, costruita nel 1948-58 su progetto di Annibale Fiocchi e Ottavio Cascio, e dalla colonia realizzata nel 1956 a Brusson, in Valle d’Aosta, su progetto degli architetti Leonardo Fiori e Claudio Conte. L’architettura delle colonie estive italiane è al centro di diversi contributi dove però lo spazio maggiore è stato dato alle realizzazioni di epoca fascista. Di numero indubbiamente inferiore sono invece i contributi sulle colonie del dopoguerra in Italia e sui nuovi programmi pedagogici ad esse associate. Seguendo tale filo conduttore questa tesi di dottorato vuole offrire un contributo a questo filone di ricerca, analizzando il dibattito architettonico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, tangibile nelle soluzioni architettoniche offerte dalle due colonie Olivetti.

Oltre la fabbrica: le colonie di vacanza Olivetti di Brusson e Marina di Massa

MERRA, MONICA

Abstract

The Fifties and Sixties were prosperous for intellectual vitality: after the catastrophe of the War World II, these are the years of political social and economic rebirth and he years of the so-called economic boom for Italy. In about fifteen years, between 1945 and 1960, the Italian architecture and urban planning scenarios see the succession - or more often the contemporary – of different experiences: Rationalism, Neorealism, Organic style, International Style, and several other research of the high formal and constructive level. In this context the Olivetti experience, which has often been identified as a case study for a critical review of three decades of Italian architecture. There are many contributions that have addressed the issue of the architecture and architects of Adriano Olivetti, constantly placing emphasis on how the reality Ivrea can, in a sense, be a mirror of the complex 'maturation' of those years Italian architectural language. In this regard the Olivetti experience has often been identified as a case study for a critical review of three decades of Italian architecture. There are many contributions focus on architecture and architects of Adriano Olivetti, that emphasize the role of Ivrea as a mirror of the complex 'maturation' of the Italian architectural language in those years. In this framework a partial gap is represented by the Olivetti’s summer camps: Marina di Massa by Annibale Fiocchi and Ottavio Cascio, designed and built between 1948-58 and the summer camp in Brusson (Valle d’Aosta), built in 1956, designed by Leonardo Fiori and Claudio Conte. Summer camp architecture is central in several paper work where, however, the most space was given to the achievements of the Fascist era. When it comes to post-war summer camp and the associated pedagogic programme, there are instead fewer essays. Following this thread this doctoral thesis aims to contribute to this line of research, analyzing the Italian architectural debate of the Fifties and Sixties, tangible in the Olivetti’s summer camp buildings.
PRUSICKI, MARCO STANISLAO
PRACCHI, ATTILIO
29-apr-2016
Gli anni Cinquanta e Sessanta ci appaiono come un’epoca di grande vitalità intellettuale: si tratta degli anni della rinascita politica, sociale ed economica dell’Italia dopo la catastrofe della guerra, gli anni del cosiddetto boom economico. Nel giro di circa quindici anni, tra il 1945 e il 1960, gli scenari dell’architettura e dell’urbanistica italiana vedono la successione – o più spesso la contemporaneità – di esperienze di ogni genere: gli entusiasmi del primo dopoguerra e la parentesi neorealista; le polemiche del VII CIAM di Bergamo che avevano, da una parte, incrinato i rapporti tra alcuni dei protagonisti dell’architettura italiana (Gardella in prima fila) e i maestri del Razionalismo, e dall’altra approfondito ancora di più il solco che divideva, sempre in nome di un’innovazione dell’architettura, ‘organici’ e ‘razionalisti’; e ancora, un proliferare di episodi architettonici isolati che, mentre si dichiaravano come sintomi di un disagio verso una tradizione moderna ormai fossilizzata nei paradigmi dell’International Style, costituivano al tempo stesso occasioni di sperimentazione e ricerca di nuove strade, spesso con esiti di altissimo livello formale e costruttivo. In questo contesto si colloca l’esperienza olivettiana, che è stata spesso individuata come caso studio per una disamina critica di trent’anni di architettura italiana. Numerosi sono i contributi che hanno affrontato il tema delle architetture e degli architetti di Adriano Olivetti, ponendo costantemente l’accento su come la realtà eporediese possa, in un certo senso, essere specchio della complessa ‘maturazione’ del linguaggio architettonico italiano di quegli anni. In questo quadro una parziale lacuna è rappresentata dalle colonie estive di Marina di Massa, costruita nel 1948-58 su progetto di Annibale Fiocchi e Ottavio Cascio, e dalla colonia realizzata nel 1956 a Brusson, in Valle d’Aosta, su progetto degli architetti Leonardo Fiori e Claudio Conte. L’architettura delle colonie estive italiane è al centro di diversi contributi dove però lo spazio maggiore è stato dato alle realizzazioni di epoca fascista. Di numero indubbiamente inferiore sono invece i contributi sulle colonie del dopoguerra in Italia e sui nuovi programmi pedagogici ad esse associate. Seguendo tale filo conduttore questa tesi di dottorato vuole offrire un contributo a questo filone di ricerca, analizzando il dibattito architettonico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, tangibile nelle soluzioni architettoniche offerte dalle due colonie Olivetti.
Tesi di dottorato
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