Lo sviluppo di questa tesi nasce con la partecipazione al concorso 10m2: space for hospitality promosso da Periferica, un associazione di Mazara del Vallo. Il concorso, proposto per la valorizzazione di una cava di tufo di proprietà dell’associazione, prevedeva il progetto di un rifugio temporaneo per gli ospiti delle attività promosse da Periferica. Il bando chiedeva al progettista di soddisfare diversi requisiti primi tra tutti la trasportabilità e la facilità di montaggio, ma prima di partire col progetto si sono rese necessarie una serie di considerazioni ed analisi sulla storia ed il significato di rifugio e sull’abitare mobile. Condizione di emergenza o alternativa al tradizionale sviluppo urbano, la casa mobile o il rifugio smontabile conosce durante la prima metà di del ’900 uno sviluppo principalmente americano. La corsa all’oro, la guerra di Secessione, la storia stessa della nazione americana è intrisa di immagini di città carovaniere, mutevoli accampamenti destinati ad urbanizzare parti sempre più ampie di una terra sconfinata. Pertanto l’idea moderna di casa mobile è strettamente legata agli sterminati orizzonti americani. In Europa la situazione è molto diversa, le costruzioni provvisorie non avevano preso un ruolo principale nella contesto urbano. Già nel 1920 Le Corbusier, aveva disegnato e realizzato la maison Voisins ma il progetto di Pierre Jannaret e Jan Prouvè del 1947 costituisce il capostipite moderno della teoria delle case mobili a configurazione variabile. Questo progetto influenzerà, al di là dei materiali, tutti i più interessanti esempi di tipologie per l’abitabilità mobile e transitoria. L’alloggio dei due architetti si estende ribaltando a libro le sue pareti e configura uno spazio il cui nucleo centrale, con impianti per cucina e bagno, è l’unico elemento fisso e trasportabile con un rimorchio. Strutture gonfiabili, cartoni pressati, materie plastiche ed uso spinto del colore configurano ad una serie di realizzazioni che porteranno ad un estetica cosmonautica portandoci ai progetti pieni di ironie dei radicali degli anni Settanta. Il design italiano di quegli anni approfondisce parecchio il tema della casa mobile e del nomadismo. Con la mostra al Moma del 1972 Italy: the New Domestic Landscape si approfondisce il tema degli ambienti mobili, dove la spostabilità fu intesa come fuga da una città inabitabile risalta con le mobile home espandibile studiate da Rosselli e Zanuso si ponesse in contrasto con le invenzioni di Sottsass e Bellini. Negli ultimi anni invece il concetto di casa mobile è associato a quello di container, spesso utilizzati in caso di calamità. Progetti molto interessanti, sia dal punto di vista tecnologico che formale, sono invece stati realizzati da Renzo Piano con Diogene e da Kengo Kuma. Da qui la decisione di intraprendere il progetto prendendo come punto di partenza l’antica arte dell’origami. L’obiettivo era quello realizzare un modulo che, come un foglio di carta, si potesse piegare e posare facilmente. Il modulo che può ospitare fino a tre persone è composto da quattro parti principali (basamento, muri portanti, membrana legno/tessuto e arredi). Per permettere al modulo di piegarsi come un foglio di carta la scelta è ricaduta su un materiale che è un insieme di legno e tessuto, grazie a questa soluzione il pannello può piegarsi ed essere riposto nella base quando il rifugio è smontato. Il passo successivo all’esperienza del concorso è quello di proporre un materiale differente ma allo stesso tempo molto simile al pannello in legno e tessuto. Infatti se prima il tessuto si trovava tra due parti di legno ora si è deciso di portarlo all’esterno. Questo può essere realizzato grazie alla tecnica della depressurizzazione. La tecnica del sottovuoto è comunemente utilizzata nel settore alimentare, questa grazie all’asportazione dell’aria dal contenitore permette di preservare maggiormente gli alimenti. Per la realizzazione del nuovo pannello l’idea è quella di realizzare un pattern regolare che andrà ad inserirsi in una membrana tessile, essa verrà successivamente sigillata e depressurizzata. Grazie alla sagomatura del materiale interno, una volta aspirata l'aria, il pannello si autoconfigurerà nella forma progettata passando da una membrana flessibile ad un pannello autoportante. Uno dei vantaggi di questa tecnica è che una volta reintrodotta l’aria il manufatto ritorna alle condizioni originali.

Origami rigido-flessibile. Progetto di un rifugio temporaneo : dalla ricerca della forma allo sviluppo della tecnologia depressostatica autoapprontabile

PEDRETTI, EDOARDO
2015/2016

Abstract

Lo sviluppo di questa tesi nasce con la partecipazione al concorso 10m2: space for hospitality promosso da Periferica, un associazione di Mazara del Vallo. Il concorso, proposto per la valorizzazione di una cava di tufo di proprietà dell’associazione, prevedeva il progetto di un rifugio temporaneo per gli ospiti delle attività promosse da Periferica. Il bando chiedeva al progettista di soddisfare diversi requisiti primi tra tutti la trasportabilità e la facilità di montaggio, ma prima di partire col progetto si sono rese necessarie una serie di considerazioni ed analisi sulla storia ed il significato di rifugio e sull’abitare mobile. Condizione di emergenza o alternativa al tradizionale sviluppo urbano, la casa mobile o il rifugio smontabile conosce durante la prima metà di del ’900 uno sviluppo principalmente americano. La corsa all’oro, la guerra di Secessione, la storia stessa della nazione americana è intrisa di immagini di città carovaniere, mutevoli accampamenti destinati ad urbanizzare parti sempre più ampie di una terra sconfinata. Pertanto l’idea moderna di casa mobile è strettamente legata agli sterminati orizzonti americani. In Europa la situazione è molto diversa, le costruzioni provvisorie non avevano preso un ruolo principale nella contesto urbano. Già nel 1920 Le Corbusier, aveva disegnato e realizzato la maison Voisins ma il progetto di Pierre Jannaret e Jan Prouvè del 1947 costituisce il capostipite moderno della teoria delle case mobili a configurazione variabile. Questo progetto influenzerà, al di là dei materiali, tutti i più interessanti esempi di tipologie per l’abitabilità mobile e transitoria. L’alloggio dei due architetti si estende ribaltando a libro le sue pareti e configura uno spazio il cui nucleo centrale, con impianti per cucina e bagno, è l’unico elemento fisso e trasportabile con un rimorchio. Strutture gonfiabili, cartoni pressati, materie plastiche ed uso spinto del colore configurano ad una serie di realizzazioni che porteranno ad un estetica cosmonautica portandoci ai progetti pieni di ironie dei radicali degli anni Settanta. Il design italiano di quegli anni approfondisce parecchio il tema della casa mobile e del nomadismo. Con la mostra al Moma del 1972 Italy: the New Domestic Landscape si approfondisce il tema degli ambienti mobili, dove la spostabilità fu intesa come fuga da una città inabitabile risalta con le mobile home espandibile studiate da Rosselli e Zanuso si ponesse in contrasto con le invenzioni di Sottsass e Bellini. Negli ultimi anni invece il concetto di casa mobile è associato a quello di container, spesso utilizzati in caso di calamità. Progetti molto interessanti, sia dal punto di vista tecnologico che formale, sono invece stati realizzati da Renzo Piano con Diogene e da Kengo Kuma. Da qui la decisione di intraprendere il progetto prendendo come punto di partenza l’antica arte dell’origami. L’obiettivo era quello realizzare un modulo che, come un foglio di carta, si potesse piegare e posare facilmente. Il modulo che può ospitare fino a tre persone è composto da quattro parti principali (basamento, muri portanti, membrana legno/tessuto e arredi). Per permettere al modulo di piegarsi come un foglio di carta la scelta è ricaduta su un materiale che è un insieme di legno e tessuto, grazie a questa soluzione il pannello può piegarsi ed essere riposto nella base quando il rifugio è smontato. Il passo successivo all’esperienza del concorso è quello di proporre un materiale differente ma allo stesso tempo molto simile al pannello in legno e tessuto. Infatti se prima il tessuto si trovava tra due parti di legno ora si è deciso di portarlo all’esterno. Questo può essere realizzato grazie alla tecnica della depressurizzazione. La tecnica del sottovuoto è comunemente utilizzata nel settore alimentare, questa grazie all’asportazione dell’aria dal contenitore permette di preservare maggiormente gli alimenti. Per la realizzazione del nuovo pannello l’idea è quella di realizzare un pattern regolare che andrà ad inserirsi in una membrana tessile, essa verrà successivamente sigillata e depressurizzata. Grazie alla sagomatura del materiale interno, una volta aspirata l'aria, il pannello si autoconfigurerà nella forma progettata passando da una membrana flessibile ad un pannello autoportante. Uno dei vantaggi di questa tecnica è che una volta reintrodotta l’aria il manufatto ritorna alle condizioni originali.
ZANELLI, ALESSANDRA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-lug-2016
2015/2016
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/123632