Uno dei problemi centrali in finanza è saper modellizzare l’evoluzione del valore di un titolo al fine di prezzare correttamente contratti ad esso connessi. Nel corso del tempo sono stati introdotti molti modelli a tal fine. I primi ad essere sviluppati erano caratterizzati da un andamento deterministico per i bond, lognormale per gli altri asset elementari (ad esempio un’azione). In essi la varianza (o la sua radice, detta volatilità) viene assunta come costante, e l’andamento del prezzo continuo. In seguito sono state esaminate altre classi, quali modelli con salto o a varianza non più deterministica. I modelli a volatilità stocastica sono una tipologia molto utilizzata sia a livello di trading che di gestione del rischio. In pratica in essi la varianza segue un processo stocastico correlato al prezzo. Un modello simile è completamente specificato dalle dinamiche dell’asset e della sua volatilità. L’esempio più famoso ed utilizzato è il modello di Heston, in cui la dinamica della varianza ha entrambi drift e parte stocastica lineari nella varianza stessa. Questo già riesce a replicare molti comportamenti tipici dei prezzi osservati sul mercato, come ad esempio l’effetto leva (più la volatilità è alta, più il prezzo scende, in quanto c’è un rischio maggiore) o il ritorno verso la media della volatilità (il termine di deriva del processo della volatilità ha una forma tale da riportare questo processo verso un livello medio, costante o variabile nel tempo in modo deterministico). Inoltre, come molti modelli a volatilità stocastica, replica molto bene l’andamento dei prezzi delle opzioni su scadenze lunghe. Se poi si aggiunge una componente di salto indipendente da tutto il resto, rendendolo un modello in cui la volatilità è stocastica e inoltre il prezzo non è continuo, si ottiene un’ottima corrispondenza anche su quelle più brevi. Tuttavia presenta alcuni problemi. Prima di tutto, sperimentalmente si osserva che un esponente quadratico per il drift (termine deterministico di deriva) e uno di ordine 3/2 per la parte stocastica (termine aleatorio) nella dinamica della varianza garantisce un errore molto minore su tutte le scadenze. Questo è vero sia definendo l’errore come lo scostamento quadratico medio da una martingala del prezzo scontato (si va a vedere su vari step temporali qual è il valore atteso scontato del sottostante e lo si confronta con quello in 0), sia usando altre metriche, come l’errore quadratico medio dei prezzi di alcune opzioni plain vanilla. In generale ci sono molti studi a riguardo. Secondo, quando si passa al pricing di opzioni su varianza realizzata o sull’indice di volatilità VIX, il modello di Heston, come tutti i suoi predecessori, fornisce risultati inconsistenti. Un esempio eclatante è la curva delle volatilità implicite nei prezzi di opzioni plain vanilla su varianza realizzata: tale modello fornisce uno smile con pendenza negativa, in contrasto con quanto ci si aspetta. Questo, come sarà meglio dettagliato in seguito, rappresenta un grande ostacolo soprattutto dal punto di vista della gestione del rischio, tanto più perché opzioni di questo tipo stanno diventando sempre più liquide al giorno d’oggi, dunque serve una loro modellizzazione consistente. La soluzione presentata in questo lavoro è il modello 3/2. Come vedremo meglio in seguito, questo non solo presenta diverse evidenze sperimentali, ma anche una trattabilità analitica del tutto paragonabile al modello di Heston, sia nella versione con salti che senza. La struttura di questa tesi è la seguente: nel Capitolo 1 verranno presentati i modelli a volatilità stocastica in generale, soffermandosi sui modelli di Heston, di Bates e sul modello 3/2, con o senza salti; inoltre verranno analizzate le evidenze a sostegno e la derivazione di questo ultimo modello a partire da un set di ipotesi naturali. Nel Capitolo 2 verranno presentati i principali metodi numerici basati su trasformate di Laplace o Fourier, compreso come calcolare la trasformata congiunta di Fourier-Laplace del prezzo logaritmico e della varianza realizzata, come derivare la relativa trasformata del prezzo di un’opzione plain vanilla con una procedura stile Carr-Madan e come si può efficacemente invertirla in modo numerico. Questi codici saranno poi importanti in fase di calibrazione. Nel Capitolo 3 vengono invece presentati schemi di simulazione congiunta per l’asset e la sua volatilità, da utilizzare in metodi Monte Carlo, e due modi per ridurre la varianza. Nel Capitolo 4 viene riportata una trattazione più teorica di come si possano costruire metodi basati su EDP per payoff europei qualsiasi, oltre ad un paio di esempi specifici in cui si utilizzano schemi alle differenze finite. Nel Capitolo 5 viene mostrata un’importante applicazione di questo modello introdotto: la modellizzazione consistente del VIX e l’ottenimento di formule di pricing per call e futures su VIX in presenza/assenza di salti. Infine il capitolo finale riporta uno studio concreto fatto calibrando i modelli a dati di mercato e facendo pricing di diversi strumenti finanziari. Per tutti i capitoli vengono riportati internamente i principali codici MatLab implementati inerenti all’argomento trattato. Altri codici secondari, di supporto, o che risultino delle semplici varianti di quelli presentati possono essere trovati nell’Appendice B, mentre l’Appendice A contiene le dimostrazioni di alcuni teoremi particolarmente lunghe e/o complesse.
Il modello 3/2 : teoria e algoritmi di pricing
POGLIANI, ALESSANDRO
2015/2016
Abstract
Uno dei problemi centrali in finanza è saper modellizzare l’evoluzione del valore di un titolo al fine di prezzare correttamente contratti ad esso connessi. Nel corso del tempo sono stati introdotti molti modelli a tal fine. I primi ad essere sviluppati erano caratterizzati da un andamento deterministico per i bond, lognormale per gli altri asset elementari (ad esempio un’azione). In essi la varianza (o la sua radice, detta volatilità) viene assunta come costante, e l’andamento del prezzo continuo. In seguito sono state esaminate altre classi, quali modelli con salto o a varianza non più deterministica. I modelli a volatilità stocastica sono una tipologia molto utilizzata sia a livello di trading che di gestione del rischio. In pratica in essi la varianza segue un processo stocastico correlato al prezzo. Un modello simile è completamente specificato dalle dinamiche dell’asset e della sua volatilità. L’esempio più famoso ed utilizzato è il modello di Heston, in cui la dinamica della varianza ha entrambi drift e parte stocastica lineari nella varianza stessa. Questo già riesce a replicare molti comportamenti tipici dei prezzi osservati sul mercato, come ad esempio l’effetto leva (più la volatilità è alta, più il prezzo scende, in quanto c’è un rischio maggiore) o il ritorno verso la media della volatilità (il termine di deriva del processo della volatilità ha una forma tale da riportare questo processo verso un livello medio, costante o variabile nel tempo in modo deterministico). Inoltre, come molti modelli a volatilità stocastica, replica molto bene l’andamento dei prezzi delle opzioni su scadenze lunghe. Se poi si aggiunge una componente di salto indipendente da tutto il resto, rendendolo un modello in cui la volatilità è stocastica e inoltre il prezzo non è continuo, si ottiene un’ottima corrispondenza anche su quelle più brevi. Tuttavia presenta alcuni problemi. Prima di tutto, sperimentalmente si osserva che un esponente quadratico per il drift (termine deterministico di deriva) e uno di ordine 3/2 per la parte stocastica (termine aleatorio) nella dinamica della varianza garantisce un errore molto minore su tutte le scadenze. Questo è vero sia definendo l’errore come lo scostamento quadratico medio da una martingala del prezzo scontato (si va a vedere su vari step temporali qual è il valore atteso scontato del sottostante e lo si confronta con quello in 0), sia usando altre metriche, come l’errore quadratico medio dei prezzi di alcune opzioni plain vanilla. In generale ci sono molti studi a riguardo. Secondo, quando si passa al pricing di opzioni su varianza realizzata o sull’indice di volatilità VIX, il modello di Heston, come tutti i suoi predecessori, fornisce risultati inconsistenti. Un esempio eclatante è la curva delle volatilità implicite nei prezzi di opzioni plain vanilla su varianza realizzata: tale modello fornisce uno smile con pendenza negativa, in contrasto con quanto ci si aspetta. Questo, come sarà meglio dettagliato in seguito, rappresenta un grande ostacolo soprattutto dal punto di vista della gestione del rischio, tanto più perché opzioni di questo tipo stanno diventando sempre più liquide al giorno d’oggi, dunque serve una loro modellizzazione consistente. La soluzione presentata in questo lavoro è il modello 3/2. Come vedremo meglio in seguito, questo non solo presenta diverse evidenze sperimentali, ma anche una trattabilità analitica del tutto paragonabile al modello di Heston, sia nella versione con salti che senza. La struttura di questa tesi è la seguente: nel Capitolo 1 verranno presentati i modelli a volatilità stocastica in generale, soffermandosi sui modelli di Heston, di Bates e sul modello 3/2, con o senza salti; inoltre verranno analizzate le evidenze a sostegno e la derivazione di questo ultimo modello a partire da un set di ipotesi naturali. Nel Capitolo 2 verranno presentati i principali metodi numerici basati su trasformate di Laplace o Fourier, compreso come calcolare la trasformata congiunta di Fourier-Laplace del prezzo logaritmico e della varianza realizzata, come derivare la relativa trasformata del prezzo di un’opzione plain vanilla con una procedura stile Carr-Madan e come si può efficacemente invertirla in modo numerico. Questi codici saranno poi importanti in fase di calibrazione. Nel Capitolo 3 vengono invece presentati schemi di simulazione congiunta per l’asset e la sua volatilità, da utilizzare in metodi Monte Carlo, e due modi per ridurre la varianza. Nel Capitolo 4 viene riportata una trattazione più teorica di come si possano costruire metodi basati su EDP per payoff europei qualsiasi, oltre ad un paio di esempi specifici in cui si utilizzano schemi alle differenze finite. Nel Capitolo 5 viene mostrata un’importante applicazione di questo modello introdotto: la modellizzazione consistente del VIX e l’ottenimento di formule di pricing per call e futures su VIX in presenza/assenza di salti. Infine il capitolo finale riporta uno studio concreto fatto calibrando i modelli a dati di mercato e facendo pricing di diversi strumenti finanziari. Per tutti i capitoli vengono riportati internamente i principali codici MatLab implementati inerenti all’argomento trattato. Altri codici secondari, di supporto, o che risultino delle semplici varianti di quelli presentati possono essere trovati nell’Appendice B, mentre l’Appendice A contiene le dimostrazioni di alcuni teoremi particolarmente lunghe e/o complesse.File | Dimensione | Formato | |
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