Lo studio si occupa del fenomeno delle alterazioni architettoniche non autorizzate nel centro storico della città di Napoli. Per alterazioni architettoniche non autorizzate s’intendono tutte quelle operazioni di piccola scala che hanno modificato lo stato originale di un edificio, eseguite senza alcuna forma di permesso o dichiarazione. Il fenomeno è stato affrontato prendendo in prestito il concetto di glitch, che in elettrotecnica viene usato per indicare un comportamento anomalo all’interno di un circuito, causato da un errore imprevisto; l’alterazione assume i caratteri di un’anomalia il cui circuito – nel nostro caso – è rappresentato dal paesaggio urbano, da cui il titolo Urban Glitch. Lo stato di abbandono politico e amministrativo nel quale versa ormai da decenni la questione delle alterazioni architettoniche non autorizzate nel centro storico rende a nostro avviso urgente la costruzione di un punto di partenza aggiornato dal quale sviluppare, in una fase successiva, una concreta strategia d’intervento. Tra le problematiche collaterali indotte dal fenomeno vi è, infatti, anche la perdita di un serio monitoraggio del patrimonio storico architettonico – definito tale a seguito dell’entrata nel 1995 del centro storico fra i siti protetti dall’UNESCO – che è lasciato alla libera trasfigurazione da parte dei singoli privati. Questo studio prende le mosse da un’osservazione ravvicinata dei fenomeni, e tenta di mostrare il fitto intreccio tra le alterazioni spaziali del tessuto edilizio storico e una condizione di ghettizzazione, sia sociale che urbanistica. In prospettiva, suggerisce che l’azione di matrice spaziale orientata dalla tutela del patrimonio architettonico non possa essere dissociata da una azione di matrice sociale, orientata al trattamento di quella che oggi è una sorta di periferia interna alla città consolidata. In altre parole non si tratta, a nostro avviso, di liquidare il fenomeno come una sorta di “virus” da debellare (come diversi studi accademici e provvedimenti amministrativi hanno teso a fare), ma di riconoscere anche i risvolti – non di rado positivi – che questo intrattiene col tessuto sociale, e considerare tali risvolti come possibili appigli per un ripensamento della politica di tutela del centro storico (con particolare riferimento alle sue dinamiche socio-demografiche, e alla relazione che queste mantengono con le forme dell’abitare contemporaneo). Pur mantenendo una forte attenzione agli aspetti architettonici, lo studio si è sforzato di considerare le molte dimensioni del fenomeno, misurandosi con una loro non sempre facile comprensione, e con la difficoltà a far corrisponde a un “problema” una determinata “soluzione”. È proprio in ragione di questa complessità che si è preferito non tanto prefigurare un’univoca “via d’uscita”, valida per ogni edificio della città storica, ma piuttosto costituire un punto di partenza utile ad assumere una più matura consapevolezza del tema, dal quale – insieme a figure professionali che vanno oltre quella dell’architetto – sviluppare una strategia integrata tra politiche urbanistiche e sociali. Il cuore del lavoro corrisponde quindi alla costruzione di un “vocabolario” architettonico nel quale si descrivono analiticamente e si riconducono a un limitato numero di tipologie le alterazioni non autorizzate apportate agli edifici. Il vocabolario potrebbe fungere da “manuale” per aiutare la valutazione trasparente degli aspetti di compatibilità e incompatibilità che tali alterazioni mantengono rispetto a un determinato quadro politico e culturale, e quindi per l’orientamento eventuali interventi futuri.
Urban glitch. Variazioni di un organismo in libero uso
GIANNOTTI, FULVIO;PALUMBO, MICHELE
2015/2016
Abstract
Lo studio si occupa del fenomeno delle alterazioni architettoniche non autorizzate nel centro storico della città di Napoli. Per alterazioni architettoniche non autorizzate s’intendono tutte quelle operazioni di piccola scala che hanno modificato lo stato originale di un edificio, eseguite senza alcuna forma di permesso o dichiarazione. Il fenomeno è stato affrontato prendendo in prestito il concetto di glitch, che in elettrotecnica viene usato per indicare un comportamento anomalo all’interno di un circuito, causato da un errore imprevisto; l’alterazione assume i caratteri di un’anomalia il cui circuito – nel nostro caso – è rappresentato dal paesaggio urbano, da cui il titolo Urban Glitch. Lo stato di abbandono politico e amministrativo nel quale versa ormai da decenni la questione delle alterazioni architettoniche non autorizzate nel centro storico rende a nostro avviso urgente la costruzione di un punto di partenza aggiornato dal quale sviluppare, in una fase successiva, una concreta strategia d’intervento. Tra le problematiche collaterali indotte dal fenomeno vi è, infatti, anche la perdita di un serio monitoraggio del patrimonio storico architettonico – definito tale a seguito dell’entrata nel 1995 del centro storico fra i siti protetti dall’UNESCO – che è lasciato alla libera trasfigurazione da parte dei singoli privati. Questo studio prende le mosse da un’osservazione ravvicinata dei fenomeni, e tenta di mostrare il fitto intreccio tra le alterazioni spaziali del tessuto edilizio storico e una condizione di ghettizzazione, sia sociale che urbanistica. In prospettiva, suggerisce che l’azione di matrice spaziale orientata dalla tutela del patrimonio architettonico non possa essere dissociata da una azione di matrice sociale, orientata al trattamento di quella che oggi è una sorta di periferia interna alla città consolidata. In altre parole non si tratta, a nostro avviso, di liquidare il fenomeno come una sorta di “virus” da debellare (come diversi studi accademici e provvedimenti amministrativi hanno teso a fare), ma di riconoscere anche i risvolti – non di rado positivi – che questo intrattiene col tessuto sociale, e considerare tali risvolti come possibili appigli per un ripensamento della politica di tutela del centro storico (con particolare riferimento alle sue dinamiche socio-demografiche, e alla relazione che queste mantengono con le forme dell’abitare contemporaneo). Pur mantenendo una forte attenzione agli aspetti architettonici, lo studio si è sforzato di considerare le molte dimensioni del fenomeno, misurandosi con una loro non sempre facile comprensione, e con la difficoltà a far corrisponde a un “problema” una determinata “soluzione”. È proprio in ragione di questa complessità che si è preferito non tanto prefigurare un’univoca “via d’uscita”, valida per ogni edificio della città storica, ma piuttosto costituire un punto di partenza utile ad assumere una più matura consapevolezza del tema, dal quale – insieme a figure professionali che vanno oltre quella dell’architetto – sviluppare una strategia integrata tra politiche urbanistiche e sociali. Il cuore del lavoro corrisponde quindi alla costruzione di un “vocabolario” architettonico nel quale si descrivono analiticamente e si riconducono a un limitato numero di tipologie le alterazioni non autorizzate apportate agli edifici. Il vocabolario potrebbe fungere da “manuale” per aiutare la valutazione trasparente degli aspetti di compatibilità e incompatibilità che tali alterazioni mantengono rispetto a un determinato quadro politico e culturale, e quindi per l’orientamento eventuali interventi futuri.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/126090