Quali sono le strategie, i ruoli, gli strumenti attraverso cui il progetto di architettura contemporaneo può indirizzare il riconoscimento e la riscrittura di parti del paesaggio, dell’identità e delle relazioni su cui si fonda l’incomparabile ricchezza di racconto urbano di Venezia? Lo scenario che si presenta osservando l’arcipelago di piccole isole che caratterizzano la laguna sud della città ci parla di quella che Salvatore Settis definisce come una morbida assuefazione alla bellezza, una serie di isole e strutture abbandonate all’oblio di sé stesse, senza più un ruolo specifico, una connessione con il loro contesto, come una serie di monumenti immobili lasciati al loro destino. Poveglia è tra queste una dei casi più rappresentativi; ultima isola costruita e abitabile nella successione che porta dalla città di Venezia allo sbocco sul mare di Alberoni, è oggi contesa tra una possibile svendita a imprenditori privati o una sua ridestinazione ad uso pubblico. Come caso-progetto risulta particolarmente interessante in quanto costituisce una sintesi esemplare delle condizioni che caratterizzano l’intero sistema lagunare; la sua peculiare pluralità architettonica ci narra di una stratificazione di tracce che è il risultato delle trasformazioni e riconversioni operate in continuità rispetto al sistema complessivo, in connessione tra la città di Venezia e Malamocco, fondazione di un sistema di isole costruite. Originariamente unitaria oggi risulta costituita da tre isole: l’ottagono fortificato, l’isola centrale composta da una serie di edifici e manufatti e una terza da sempre destinata ad un uso prevalentemente agricolo. In questa progressione sequenziale il progetto del nuovo deve necessariamente confrontarsi con una tessitura di memorie e principî, istituzioni e progetti che ne hanno determinato la forma attuale, l’operante storia presente (MURATORI 1960), riconoscendola come struttura di appoggio per successive modificazioni. La tesi rielabora criticamente i materiali prodotti durante la sessione estiva del workshop W.A.Ve. tenutosi presso lo IUAV nell’estate 2015, concentrandosi sul recupero e la valorizzazione delle strutture difensive di grande valore storico e paesaggistico che caratterizzano o hanno caratterizzato la storia dell’isola, in rapporto con l’intero comparto lagunare sud e Malamocco. La proposta di un nuovo centro per le arti contemporanee vuole offrire a questi luoghi un punto di contatto, un trait d’union capace di riscattare e rivitalizzare un’area attualmente contraddistinta da condizioni di abbandono e marginalità. In questo panorama frammentato si presenta come primaria l’esigenza di dare forma a un atto fondativo: l’introduzione di una struttura architettonica dalla forte identità simbolica e figurativa permette al progetto di coinvolgere una scala territoriale, inserendosi come nuova centralità rispetto al sistema di isole costruite che si attestano sul canale di Santo Spirito. Questa, oltre a offrire una serie di usi collettivi d’eccellenza, dovrà essere in grado di coinvolgere la scala del paesaggio, non attraverso la mimetizzazione ma introducendo una modificazione che allo stesso tempo ne difenda la forma e l’identità. L’ipotesi consiste nel ritrovamento del basamento del Fortino della Ca’Rossa, struttura militare ottagonale scomparsa intorno al 1850, della quale si prevede la possibilità che la rovina si trovi ancora sul fondo della laguna. La stessa ci offre un’occasione eccezionale per l’introduzione di una nuova centralità lagunare. La sua restituzione ci porta a considerare il valore del frammento nel suo essere documento di una speciale forma di artificialità e costruzione del paesaggio lagunare, specifico spazio urbano composto da un arcipelago di centralità locali. Isole, ottagoni fortificati, ridotti e batterie nel loro insieme costituiscono un vero e proprio sistema di luoghi resistenti e, osservati nelle loro diverse profondità, ci permettono di cogliere la meraviglia degli inizi, di cui la figura della rovina non offre che una fugace intuizione (BONAITI 2013). La memoria è al contempo conservazione e mutamento, rigenerazione per l’abitabilità dei luoghi; lo studio dei processi antropologici, intesi come civiltà e cultura dell’abitare, diventa l’aspetto pratico (MIOTTO, NICOLINI 1998) di un’idea, rendendo possibile una visione dell’architettura intesa come pratica, mestiere e allo stesso tempo cultura a servizio di una società. Con questo tipo di proiezione si può andare oltre alla stretta necessità e ai contenuti di utilità che vengono proposti dalla forma: così l’architettura non è solo funzionale a un uso ma necessaria alla costituzione di un valore simbolico. L’interpretazione attenta del paesaggio lagunare ci suggerisce specifici temi verso i quali rivolgere l’attenzione: abitare le rovine significa riconoscerne la relazione con il luogo, le caratteristiche, i rapporti di forma e di ordine che instituiscono, insieme alle immagini che fanno parte del teatro mnemonico proprio di questo contesto. Emergono in particolare il tema delle isole-recinti e il loro inserimento nel paesaggio lagunare, il tema dei bordi e le diverse relazioni che essi creano con l’interno e l’esterno, condizionando spesso in maniera totalmente contrapposta la concezione di pieno e vuoto, struttura monumentale o organismo edilizio. Utilizzando queste tracce, que’ rottami e principî come fondamenti per una rifondazione del luogo, il progetto si propone come forma di archeologia del presente che restituisce un’identità perduta ad una parte del territorio lagunare. Accogliendo anche in esso nuovi spazi dedicati alle attività umane, sperimenterà la costruzione di strutture che accordino progresso scientifico e cultura umanistica, in una visione di ampio respiro che riunisca la ricerca, la contemplazione e l’arte come nuove difese per città di Venezia.
Forme della difesa. Riemersioni dell'antico e attualità della memoria nel progetto di una nuova istituzione per le arti nella laguna Sud di Venezia
MIGLIETTA, ENRICO
2015/2016
Abstract
Quali sono le strategie, i ruoli, gli strumenti attraverso cui il progetto di architettura contemporaneo può indirizzare il riconoscimento e la riscrittura di parti del paesaggio, dell’identità e delle relazioni su cui si fonda l’incomparabile ricchezza di racconto urbano di Venezia? Lo scenario che si presenta osservando l’arcipelago di piccole isole che caratterizzano la laguna sud della città ci parla di quella che Salvatore Settis definisce come una morbida assuefazione alla bellezza, una serie di isole e strutture abbandonate all’oblio di sé stesse, senza più un ruolo specifico, una connessione con il loro contesto, come una serie di monumenti immobili lasciati al loro destino. Poveglia è tra queste una dei casi più rappresentativi; ultima isola costruita e abitabile nella successione che porta dalla città di Venezia allo sbocco sul mare di Alberoni, è oggi contesa tra una possibile svendita a imprenditori privati o una sua ridestinazione ad uso pubblico. Come caso-progetto risulta particolarmente interessante in quanto costituisce una sintesi esemplare delle condizioni che caratterizzano l’intero sistema lagunare; la sua peculiare pluralità architettonica ci narra di una stratificazione di tracce che è il risultato delle trasformazioni e riconversioni operate in continuità rispetto al sistema complessivo, in connessione tra la città di Venezia e Malamocco, fondazione di un sistema di isole costruite. Originariamente unitaria oggi risulta costituita da tre isole: l’ottagono fortificato, l’isola centrale composta da una serie di edifici e manufatti e una terza da sempre destinata ad un uso prevalentemente agricolo. In questa progressione sequenziale il progetto del nuovo deve necessariamente confrontarsi con una tessitura di memorie e principî, istituzioni e progetti che ne hanno determinato la forma attuale, l’operante storia presente (MURATORI 1960), riconoscendola come struttura di appoggio per successive modificazioni. La tesi rielabora criticamente i materiali prodotti durante la sessione estiva del workshop W.A.Ve. tenutosi presso lo IUAV nell’estate 2015, concentrandosi sul recupero e la valorizzazione delle strutture difensive di grande valore storico e paesaggistico che caratterizzano o hanno caratterizzato la storia dell’isola, in rapporto con l’intero comparto lagunare sud e Malamocco. La proposta di un nuovo centro per le arti contemporanee vuole offrire a questi luoghi un punto di contatto, un trait d’union capace di riscattare e rivitalizzare un’area attualmente contraddistinta da condizioni di abbandono e marginalità. In questo panorama frammentato si presenta come primaria l’esigenza di dare forma a un atto fondativo: l’introduzione di una struttura architettonica dalla forte identità simbolica e figurativa permette al progetto di coinvolgere una scala territoriale, inserendosi come nuova centralità rispetto al sistema di isole costruite che si attestano sul canale di Santo Spirito. Questa, oltre a offrire una serie di usi collettivi d’eccellenza, dovrà essere in grado di coinvolgere la scala del paesaggio, non attraverso la mimetizzazione ma introducendo una modificazione che allo stesso tempo ne difenda la forma e l’identità. L’ipotesi consiste nel ritrovamento del basamento del Fortino della Ca’Rossa, struttura militare ottagonale scomparsa intorno al 1850, della quale si prevede la possibilità che la rovina si trovi ancora sul fondo della laguna. La stessa ci offre un’occasione eccezionale per l’introduzione di una nuova centralità lagunare. La sua restituzione ci porta a considerare il valore del frammento nel suo essere documento di una speciale forma di artificialità e costruzione del paesaggio lagunare, specifico spazio urbano composto da un arcipelago di centralità locali. Isole, ottagoni fortificati, ridotti e batterie nel loro insieme costituiscono un vero e proprio sistema di luoghi resistenti e, osservati nelle loro diverse profondità, ci permettono di cogliere la meraviglia degli inizi, di cui la figura della rovina non offre che una fugace intuizione (BONAITI 2013). La memoria è al contempo conservazione e mutamento, rigenerazione per l’abitabilità dei luoghi; lo studio dei processi antropologici, intesi come civiltà e cultura dell’abitare, diventa l’aspetto pratico (MIOTTO, NICOLINI 1998) di un’idea, rendendo possibile una visione dell’architettura intesa come pratica, mestiere e allo stesso tempo cultura a servizio di una società. Con questo tipo di proiezione si può andare oltre alla stretta necessità e ai contenuti di utilità che vengono proposti dalla forma: così l’architettura non è solo funzionale a un uso ma necessaria alla costituzione di un valore simbolico. L’interpretazione attenta del paesaggio lagunare ci suggerisce specifici temi verso i quali rivolgere l’attenzione: abitare le rovine significa riconoscerne la relazione con il luogo, le caratteristiche, i rapporti di forma e di ordine che instituiscono, insieme alle immagini che fanno parte del teatro mnemonico proprio di questo contesto. Emergono in particolare il tema delle isole-recinti e il loro inserimento nel paesaggio lagunare, il tema dei bordi e le diverse relazioni che essi creano con l’interno e l’esterno, condizionando spesso in maniera totalmente contrapposta la concezione di pieno e vuoto, struttura monumentale o organismo edilizio. Utilizzando queste tracce, que’ rottami e principî come fondamenti per una rifondazione del luogo, il progetto si propone come forma di archeologia del presente che restituisce un’identità perduta ad una parte del territorio lagunare. Accogliendo anche in esso nuovi spazi dedicati alle attività umane, sperimenterà la costruzione di strutture che accordino progresso scientifico e cultura umanistica, in una visione di ampio respiro che riunisca la ricerca, la contemplazione e l’arte come nuove difese per città di Venezia.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/10589/126249