Il progetto “Interferenze” nasce dalla necessità del comune di Bergamo di riqualificare e quindi di dare una nuova identità all’area dell’ex carcere di Sant’Agata. Partendo dal recupero dell’architettura storica, l’intento è quello di creare un nuovo palcoscenico per le arti performative, che porti alla riattivazione di una delle strutture più interessanti del centro storico. Tramite questo progetto si vuole trasformare uno spazio abbandonato, all’interno delle mura della città vecchia, in un polo catalizzatore. La volontà di partenza è quella di destinare gli spazi a centri di ricerca e di produzione nel campo teatrale, rimanendo legati alla tradizione artistica della città. In un’epoca dove la tecnologia ed i nuovi media sono alla base della nostra società, il mezzo per raggiungere questo obiettivo sembra proprio essere il digitale. L’idea nasce dal concetto di interferenza, con questo termine si indica il momento in cui un segnale di disturbo altera la percezione di un segnale trasmesso, trasformandolo in un segnale distorto; allo stesso modo questo progetto vuole indagare come il teatro tradizionale interagisce con le nuove tecnologie, considerandole come l’agente disturbante. Il teatro applicato a queste nuove frontiere digitali rimane però ancora oggi un enigma da risolvere, un panorama in cui tanti sono stati i tentativi di definire questa disciplina artistica emergente, attraverso numerosi spettacoli innovativi ed eterogenei, ma che facilmente tendono a sconfinare in altri campi performativi di appartenenza. Per fare chiarezza su questo tema la mia indagine si è concentrata sulla suddivisione del teatro in tutte le sue componenti e l’analisi caso per caso, cercando di capire come abbia risposto a questo sviluppo tecnologico. Scenografie, attori e costumi digitali sono le tre macrocategorie prese in considerazione per cercare di definire la trasformazione del teatro tradizionale dopo la “rivoluzione digitale” avvenuta negli ultimi decenni. Il risultato di questa ricerca si concretizza in una mostra interattiva in cui il penitenziario diventa uno spazio adibito al racconto dello scenario digitale teatrale. Le varie celle aiutano a scoprire gli approfondimenti monotematici lungo il percorso. La mostra si trasforma in un’esperienza immersiva, enfatizzata dalla realtà virtuale, che amplifica non solo la capacità di coinvolgimento dei visitatori, ma anche la quantità di informazioni esposte. Al centro di questo edificio, infine, ho progettato un’architettura parassita che, al suo interno, si declina sia come padiglione espositivo, grazie alle sue pareti dinamiche, sia come scenario perfetto per la produzione di spettacoli teatrali digitali.

Interferenze. Riattivazione dell'ex carcere Sant'Agata a Bergamo

DIRACO, MAURIZIO
2015/2016

Abstract

Il progetto “Interferenze” nasce dalla necessità del comune di Bergamo di riqualificare e quindi di dare una nuova identità all’area dell’ex carcere di Sant’Agata. Partendo dal recupero dell’architettura storica, l’intento è quello di creare un nuovo palcoscenico per le arti performative, che porti alla riattivazione di una delle strutture più interessanti del centro storico. Tramite questo progetto si vuole trasformare uno spazio abbandonato, all’interno delle mura della città vecchia, in un polo catalizzatore. La volontà di partenza è quella di destinare gli spazi a centri di ricerca e di produzione nel campo teatrale, rimanendo legati alla tradizione artistica della città. In un’epoca dove la tecnologia ed i nuovi media sono alla base della nostra società, il mezzo per raggiungere questo obiettivo sembra proprio essere il digitale. L’idea nasce dal concetto di interferenza, con questo termine si indica il momento in cui un segnale di disturbo altera la percezione di un segnale trasmesso, trasformandolo in un segnale distorto; allo stesso modo questo progetto vuole indagare come il teatro tradizionale interagisce con le nuove tecnologie, considerandole come l’agente disturbante. Il teatro applicato a queste nuove frontiere digitali rimane però ancora oggi un enigma da risolvere, un panorama in cui tanti sono stati i tentativi di definire questa disciplina artistica emergente, attraverso numerosi spettacoli innovativi ed eterogenei, ma che facilmente tendono a sconfinare in altri campi performativi di appartenenza. Per fare chiarezza su questo tema la mia indagine si è concentrata sulla suddivisione del teatro in tutte le sue componenti e l’analisi caso per caso, cercando di capire come abbia risposto a questo sviluppo tecnologico. Scenografie, attori e costumi digitali sono le tre macrocategorie prese in considerazione per cercare di definire la trasformazione del teatro tradizionale dopo la “rivoluzione digitale” avvenuta negli ultimi decenni. Il risultato di questa ricerca si concretizza in una mostra interattiva in cui il penitenziario diventa uno spazio adibito al racconto dello scenario digitale teatrale. Le varie celle aiutano a scoprire gli approfondimenti monotematici lungo il percorso. La mostra si trasforma in un’esperienza immersiva, enfatizzata dalla realtà virtuale, che amplifica non solo la capacità di coinvolgimento dei visitatori, ma anche la quantità di informazioni esposte. Al centro di questo edificio, infine, ho progettato un’architettura parassita che, al suo interno, si declina sia come padiglione espositivo, grazie alle sue pareti dinamiche, sia come scenario perfetto per la produzione di spettacoli teatrali digitali.
GIACOMAZZI, PAOLO
ARC III - Scuola del Design
21-dic-2016
2015/2016
Tesi di laurea Magistrale
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