Il progetto di laurea riguarda la fondazione di un Centro Integrato per le Arti Contemporanee nell’ex scalo ferroviario di San Cristoforo a Milano. Insediare in quest’area una polo museale significa realizzare un elemento di attrazione dalle altre zone della città e dall’esterno urbano. Ma soprattutto un sistema di spazi generatore di attività culturali permanenti, in una periferia segnata da dinamiche di degrado urbano che si riflettono nello spazio pubblico e residenziale, con conseguenze rilevanti a livello sociale. La specifica posizione dell’area consente al progetto la connessione diretta ai numerosi sistemi di trasporto che si incrociano in questa zona di Milano, conferendogli un’accessibilità diretta rispetto al centro della città: la ferrovia di porta Genova, la nuova linea metropolitana in costruzione, l’asse del Naviglio Grande e i suoi percorsi ciclabili. L’analisi delle strutture spaziali esistenti nell’area rileva la condizione di frattura, sviluppatasi nel corso del tempo, che si evidenzia a livello morfologico e tipologico, nei confronti dei brani di città del quartiere di Porta Genova, area che rappresenta la matrice storica dello sviluppo urbano di quest’area che giunge fino al quartiere Lorenteggio e che, nonostante la complessità delle modificazioni succedutisi soprattutto negli ultimi 50 anni, ha conservato le tracce fondamentali della sua specifica identità urbana. Un’identità stabilizzata nel corso del XIX secolo, in cui i principi insediativi caratteristici della Milano storica sono stati assorbiti e strutturalmente modificati dalla cultura industriale. Quest’ultima ha prodotto esiti originali, tra le quali emergono specifiche forme di contaminazione morfologica e tipologica tra il principio del recinto produttivo e l’isolato urbano residenziale e misto, come nel caso dell’Ansaldo. È questa un’identità insediativa che si è successivamente interrotta mano a mano che lo sviluppo urbano si è prolungato verso ovest, seguendo il tracciato dei binari e del Naviglio Grande. Tale processo ha determinato l’attuale condizione di mancanza di un’identità precisa dell’area di progetto. La presenza dell’esteso scalo ferroviario in via di progressiva dismissione, in particolare, continua a rappresentare un elemento di separazione tra il quartiere Giambellino e gli spazi di risulta compresi tra lo scalo stesso e il Naviglio. È sulla base dei caratteri specifici di questa condizione di interruzione urbana, che il nuovo centro per la periferia rappresentato dalla nuova istituzione museale proposta dalla tesi, costituisce un principio di ricostruzione critica del sito. Ciò avviene mediante un principio di fondazione critica che insieme all’edificio, si estende sugli spazi pubblici da esso coinvolti nella rigenerazione morfologica e identitaria dell’area che si attesta sulla direttrice di Piazza Tirana. Non essendo il sito portatore in sé di tracce ed elementi di riferimento sufficienti, nonostante siano in esso presenti disegni urbani forti come lo stesso q.t. Giambellino e la torre residenziale realizzata sull’ex area industriale SCAC, la ricerca dei fondamenti interpreta i sedimenti della città storica ancora presenti nell’attigua area di Porta Genova, caposaldo dell’intera area urbana sud-ovest e verso quel settore di città che si è sviluppato lungo i margini prima delle mura spagnole e dei navigli e successivamente della ferrovia . I principi insediativi da individuare e recuperare, che rappresentano una sorta di codice genetico di questo comparto urbano, sono il frutto del processo storico di rigenerazione continua dei codici urbani che si realizza nel rapporto tra spazi costruiti, spazi aperti, spazi di relazione; tipi, forme, isolati, frammenti di tessuto urbano. In una prima fase di analisi questi fondamenti sono stati riconosciuti, isolati, scomposti nelle loro parti e sintetizzati nei loro principi. Da qui l’idea di costruire un progetto che si configuri come una sorta ri-montaggio critico di questi stessi principi insediativi che rappresentando la memoria della città, costituiscono il sostrato archeologico della nostra contemporaneità. Rimontaggio critico significa che tali contenuti morfologici non sono semplicemente assunti quali elementi di un processo meccanico di traslazione dalla città storica all’area di progetto: il metodo progettuale seguito è stato quello di riordinarli all’interno dell’area declinandoli e trasfigurandoli. La loro riorganizzazione in una nuova architettura-caposaldo si integra ad un’azione di scavo del piano del suolo urbano, instaurando così nuove relazioni spaziali basate sul vuoto, sul calco, sul negativo. Lo scavo rimanda infatti all’idea di fondazione: in questo caso il progetto diventa esso stesso una nuova fondazione che rivela archeologicamente una sorta di struttura originaria della città futura. Questo processo di rimontaggio dei frammenti della città consolidata, ha portato alla reinterpretazione dei valori e delle relazioni tra i vari elementi che compongono l’architettura del Centro integrato per le arti contemporanee, rendendoli organici attraverso un principio insediativo che interpreta l’interferenza tra i sedimi e le tracce delle idee di città che si infrangono sulla gigantesca impronta dello scalo ferroviario di San Cristoforo: la proiezioni dei disegni urbani dei quartieri “autosufficienti”; i tracciati stradali che disegnano i grandi isolati aperti; il sedime della torre di piazza Tirana; il solco di scala territoriale del Naviglio Grande; la presenza stessa del vecchio edificio della stazione. Queste tracce e resti della periferia si sovrappongono generando, grazie alla loro reciproca interferenza, la figura geometrica che regola il principio insediativo morfologico dell’edificio di progetto: sorta di arcipelago di pieni e di vuoti, di usi e significati. La metodologia seguita per l’elaborazione del progetto di un Centro integrato per le arti contemporanee, rappresenta dunque un esperimento di connessione tra storia e futuro, che proponendo l’interpretazione di una specifica parte della cultura urbana di Milano, rappresenta un possibile contributo alla rigenerazione del margine urbano di San Cristoforo.

Rimontaggio radicato. La fondazione di un centro integrato per le arti contemporanee nell’ex scalo ferroviario di San Cristoforo a Milano

GERMANI, ALBERTO
2015/2016

Abstract

Il progetto di laurea riguarda la fondazione di un Centro Integrato per le Arti Contemporanee nell’ex scalo ferroviario di San Cristoforo a Milano. Insediare in quest’area una polo museale significa realizzare un elemento di attrazione dalle altre zone della città e dall’esterno urbano. Ma soprattutto un sistema di spazi generatore di attività culturali permanenti, in una periferia segnata da dinamiche di degrado urbano che si riflettono nello spazio pubblico e residenziale, con conseguenze rilevanti a livello sociale. La specifica posizione dell’area consente al progetto la connessione diretta ai numerosi sistemi di trasporto che si incrociano in questa zona di Milano, conferendogli un’accessibilità diretta rispetto al centro della città: la ferrovia di porta Genova, la nuova linea metropolitana in costruzione, l’asse del Naviglio Grande e i suoi percorsi ciclabili. L’analisi delle strutture spaziali esistenti nell’area rileva la condizione di frattura, sviluppatasi nel corso del tempo, che si evidenzia a livello morfologico e tipologico, nei confronti dei brani di città del quartiere di Porta Genova, area che rappresenta la matrice storica dello sviluppo urbano di quest’area che giunge fino al quartiere Lorenteggio e che, nonostante la complessità delle modificazioni succedutisi soprattutto negli ultimi 50 anni, ha conservato le tracce fondamentali della sua specifica identità urbana. Un’identità stabilizzata nel corso del XIX secolo, in cui i principi insediativi caratteristici della Milano storica sono stati assorbiti e strutturalmente modificati dalla cultura industriale. Quest’ultima ha prodotto esiti originali, tra le quali emergono specifiche forme di contaminazione morfologica e tipologica tra il principio del recinto produttivo e l’isolato urbano residenziale e misto, come nel caso dell’Ansaldo. È questa un’identità insediativa che si è successivamente interrotta mano a mano che lo sviluppo urbano si è prolungato verso ovest, seguendo il tracciato dei binari e del Naviglio Grande. Tale processo ha determinato l’attuale condizione di mancanza di un’identità precisa dell’area di progetto. La presenza dell’esteso scalo ferroviario in via di progressiva dismissione, in particolare, continua a rappresentare un elemento di separazione tra il quartiere Giambellino e gli spazi di risulta compresi tra lo scalo stesso e il Naviglio. È sulla base dei caratteri specifici di questa condizione di interruzione urbana, che il nuovo centro per la periferia rappresentato dalla nuova istituzione museale proposta dalla tesi, costituisce un principio di ricostruzione critica del sito. Ciò avviene mediante un principio di fondazione critica che insieme all’edificio, si estende sugli spazi pubblici da esso coinvolti nella rigenerazione morfologica e identitaria dell’area che si attesta sulla direttrice di Piazza Tirana. Non essendo il sito portatore in sé di tracce ed elementi di riferimento sufficienti, nonostante siano in esso presenti disegni urbani forti come lo stesso q.t. Giambellino e la torre residenziale realizzata sull’ex area industriale SCAC, la ricerca dei fondamenti interpreta i sedimenti della città storica ancora presenti nell’attigua area di Porta Genova, caposaldo dell’intera area urbana sud-ovest e verso quel settore di città che si è sviluppato lungo i margini prima delle mura spagnole e dei navigli e successivamente della ferrovia . I principi insediativi da individuare e recuperare, che rappresentano una sorta di codice genetico di questo comparto urbano, sono il frutto del processo storico di rigenerazione continua dei codici urbani che si realizza nel rapporto tra spazi costruiti, spazi aperti, spazi di relazione; tipi, forme, isolati, frammenti di tessuto urbano. In una prima fase di analisi questi fondamenti sono stati riconosciuti, isolati, scomposti nelle loro parti e sintetizzati nei loro principi. Da qui l’idea di costruire un progetto che si configuri come una sorta ri-montaggio critico di questi stessi principi insediativi che rappresentando la memoria della città, costituiscono il sostrato archeologico della nostra contemporaneità. Rimontaggio critico significa che tali contenuti morfologici non sono semplicemente assunti quali elementi di un processo meccanico di traslazione dalla città storica all’area di progetto: il metodo progettuale seguito è stato quello di riordinarli all’interno dell’area declinandoli e trasfigurandoli. La loro riorganizzazione in una nuova architettura-caposaldo si integra ad un’azione di scavo del piano del suolo urbano, instaurando così nuove relazioni spaziali basate sul vuoto, sul calco, sul negativo. Lo scavo rimanda infatti all’idea di fondazione: in questo caso il progetto diventa esso stesso una nuova fondazione che rivela archeologicamente una sorta di struttura originaria della città futura. Questo processo di rimontaggio dei frammenti della città consolidata, ha portato alla reinterpretazione dei valori e delle relazioni tra i vari elementi che compongono l’architettura del Centro integrato per le arti contemporanee, rendendoli organici attraverso un principio insediativo che interpreta l’interferenza tra i sedimi e le tracce delle idee di città che si infrangono sulla gigantesca impronta dello scalo ferroviario di San Cristoforo: la proiezioni dei disegni urbani dei quartieri “autosufficienti”; i tracciati stradali che disegnano i grandi isolati aperti; il sedime della torre di piazza Tirana; il solco di scala territoriale del Naviglio Grande; la presenza stessa del vecchio edificio della stazione. Queste tracce e resti della periferia si sovrappongono generando, grazie alla loro reciproca interferenza, la figura geometrica che regola il principio insediativo morfologico dell’edificio di progetto: sorta di arcipelago di pieni e di vuoti, di usi e significati. La metodologia seguita per l’elaborazione del progetto di un Centro integrato per le arti contemporanee, rappresenta dunque un esperimento di connessione tra storia e futuro, che proponendo l’interpretazione di una specifica parte della cultura urbana di Milano, rappresenta un possibile contributo alla rigenerazione del margine urbano di San Cristoforo.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
21-dic-2016
2015/2016
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/132310