During last decades, lots of efforts have been done to improve experimental setups aimed at studying matter at very high temperatures and pressures. Such a commitment has been most of all motivated by a growing interest in geophysical research and in possible applications in material science. Progresses in experimental methods and the increasing appeal of the topic have led many scientists to investigate different physical properties of materials at extreme conditions: phase transitions, magnetism, electronic structure and many more. The only static technique that allows to reach very high pressures (up to 300 GPa) and temperatures (thousands of Kelvin) is the laser-heated diamond anvil cell (LHDAC): the sample is squeezed in between two diamonds to achieve the needed pressure and heated with powerful lasers (≈ 100 W). Samples loaded in these kinds of cells are very small (< 1000 µm2 x 5 µm) and, therefore, performing in situ measurements is very challenging: great care should be paid in sample preparation and the experimental apparatus should guarantee stable and reproducible measurements. So far, results of different experiments do not always coincide. This is the case, for example, of melting temperatures: hundreds of K deviations have been found in different investigations of the same materials. Many melting studies are carried out in synchrotrons, where a high brilliance x-ray beam can be used to probe the sample and detecting the melting (XRD, XAS). In particular, at the European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) two different beamlines, ID24 and ID27 have obtained quite different results in studying phase transitions. Several reasons may lie behind these discrepancies: chemical contaminations of the sample, possible misalignments between laser and X-rays, differences in melting criteria, inaccuracies in temperature measurements. In particular, high-temperature metrology has often been the object of long-standing controversies and this has been the subject of this thesis. In the LHDAC, temperature is measured spectroradiometrically by fitting the thermal radiation with Plank’s law using the grey body approximation. Since LHDAC temperature is not uniform and it could vary of about hundreds of degrees in few µm, the accuracy in this kind of measurement is ultimately limited by the resolution of the optics used to collect this radiation. The optics of the two beamlines are different: ID27 adopts reflective optics based on Schwarzschild objectives, while on ID24 temperature is detected using an infinity objective with two achromatic doublets. Both optics are used in many laboratories around the word which use laser heated diamond anvil cell to reach high temperatures and high pressures. The aim of this work has been to directly investigate the effect of optics isolating them from the other possible sources of inaccuracy in melting temperature measurements. To do so, an ad hoc experimental setup has been assembled using the beamline objectives. Many laser heating test on real W samples loaded in diamond anvil cell have been performed obtaining systematic temperature differences up to 200 K at temperature above 2500 K. The obtained spectra have been analysed using the two-colour technique and compared with the ones taken on the beamline. Furthermore, to understand the influence of optics resolution in temperature measurements, theoretical simulations have been carried out considering different point spread functions.

Negli ultimi decenni, motivate da interessi nel campo della geofisica e della scienza dei materiali, sono state sviluppate nuove tecnologie e tecniche nell’ambito dello studio di materiali ad alte pressioni e ad alte temperature. In particolare, la tecnica LHDAC (laser heated diamon anvill cell) è l’unica tecnica statica che permetta di raggiungere pressioni elevate (≈ 300 GPa) e alte temperature (migliaia di Kelvin). L’utilizzo di questa tecnica per le alte pressioni sfrutta l’elevata durezza e l’elevato modulo di compressibilità del diamante. Il campione viene collocato in una cella composta da due sezioni in ognuna delle quali è incastonato un diamante; la cella è realizzata in modo tale che, una volta chiusa, i diamanti presentino due facce piane tra loro parallele. Il campione viene dunque posizionato tra le due gemme e una guarnizione (gasket) impedisce che questo possa muoversi liberamente. Quando la cella è posta in pressione, i diamanti si avvicinano e il gasket e il campione vengono compressi e deformati. Un fascio laser ad elevata potenza (circa 100 W), in una banda spettrale nella quale il diamante è trasparente, permette di raggiungere temperature elevate. Una delle applicazioni più rilevanti dell’utilizzo di LHDAC in ambito geofisico è lo studio delle transizioni di fase, in particolare delle curve di fusione di quei materiali (come Fe e Ni) che si suppongono costituire il nucleo terrestre. Le curve di fusione rappresentano la transizione solido-liquido in un diagramma di fase pressione-temperatura. La luce di sincrotrone si è rilevata un valido strumento per determinare queste transizioni di fase; in particolare, all’ European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) sono stati condotti diversi esperimenti in due beamline: ID24 (XAS) e ID27 (XRD). In alcuni casi sono state trovate discrepanze tra le curve di fusione ottenute in queste beamline (e in diversi altri laboratori): le temperature osservate differiscono anche di centinaia di Kelvin e un consenso unanime sul reale comportamento di questi materiali a pressioni e temperature estreme non è ancora stato raggiunto. Una possibile spiegazione di queste discrepanze risiede nell’accuratezza delle misure di temperatura. Nelle LHDAC questa viene misurata con tecniche pirometriche, ossia analizzando l’emissione di corpo nero del campione. La radiazione termica viene focheggiata, tramite un sistema ottico, all’ingresso di uno spettrometro che permette di decomporre la radiazione nelle sue componenti spettrali. Lo spettro così acquisito viene successivamente fittato con la legge di Planck in approssimazione di corpo grigio: la temperatura è ottenuta direttamente da uno dei due parametri del fit (il secondo è l’emittanza del campione). A causa della ridotta dimensione del campione (< 1000 µm2 x 5 µm), del suo non perfetto isolamento termico e della non uniformità del profilo spaziale del fascio laser, il campione è caratterizzato da un profilo di temperatura non uniforme (la temperatura può variare di centinaia di gradi in pochi µm). Poiché i sistemi ottici hanno una risoluzione limitata (in genere dell’ordine di qualche µm), il segnale in ingresso allo spettrometro sarà costituito da contributi spettrali relativi ad aree del campione con temperature differenti, introducendo pertanto errori sistematici nella misura di temperatura. Lo scopo di questa tesi è quello di comparare due diverse tipologie di ottiche utilizzate nelle tecniche di pirometria applicate alle diamond anvil cell: una basata sull’utilizzo di elementi rifrattivi e l’altra sull’utilizzo di specchi. A ESRF sono presenti entrambe queste tipologie: ID27 utilizza un microscopio costituito da specchi sferici assemblato in una configurazione di tipo Schwarzschild mentre ID24 utilizza un obbiettivo composto da una coppia di doppietti acromatici. Il principale problema delle ottiche rifrattive è rappresentato dalle aberrazioni cromatiche: sebbene queste vengano parzialmente corrette tramite l’utilizzo di lenti “acromatiche”, non possono essere totalmente soppresse. Nelle ottiche utilizzate nella beamline ID24, gli effetti di questo tipo di aberrazioni sono ulteriormente attenuati tramite l’utilizzo di una pupilla (iris) che, posta all’ingresso dell’obbiettivo, riduce l’apertura numerica delle lenti. Le ottiche basate sugli specchi sono invece acromatiche per costruzione, ma presentano generalmente maggiori aberrazioni monocromatiche. Eventuali errori nell’accuratezza delle misure di temperatura possono, in questo caso, derivare dalla limitata risoluzione del sistema ottico. Durante questa esperienza di tesi è stato realizzato un apposito setup nel quale è possibile confrontare direttamente l’effetto prodotto dalle due tipologie di ottiche sulle misure di temperatura e, quindi, sulle curve di fusione. Gli obbiettivi impiegati in questo setup sono quelli delle due beamline: il microscopio Schwarzschild di ID27 e i doppietti acromatici di ID24; le misure di temperatura sono state effettuate muovendo le ottiche in rapida successione grazie all’ausilio di attuatori pneumatici. Il primo risultato ottenuto conferma la necessità dell’utilizzo degli iris nelle misure di temperatura; senza questi, infatti, la temperatura misurata è soggetta a forti errori sistematici. È stato invece trovato un buon accordo, sino a temperature prossime a 2500 K, tra le misure in temperatura effettuate con gli specchi Schwarzschild e con le lenti con una apertura numerica ridotta. Sopra 2600 K si osservano differenze sistematiche fino a 200 K. Gli spettri ottenuti sono stati esaminati effettuando una analisi dei “two-colour plot”. Questa tecnica è basata sulla linearizzazione dell’equazione di Planck (approssimazione di Wien) e permette di studiare eventuali deviazioni dall’emissione di corpo nero in funzione della lunghezza d’onda. Sono state osservate distorsioni negli spettri ottenuti con entrambe le ottiche. Gli spettri acquisiti con le lenti sono stati confrontati con quelli ottenuti in un reale esperimento su ID24 allo scopo di determinare il range ottimale sul quale effettuare i fit. Al fine di raggiungere una maggiore comprensione degli effetti delle ottiche sulle misure di temperatura, sono state effettuate diverse simulazioni utilizzando il software di calcolo Matlab. Alcune di queste simulazioni mostrano come, anche per un sistema ideale limitato dalla sola diffrazione, si possano osservare degli errori sistematici nell’acquisizione delle temperature dell’ordine di 100 K. Questo elaborato è stato organizzato in cinque capitoli ai quali si accenna brevemente nel seguito. Nel primo capitolo vengono inizialmente presentate le motivazioni alla base di questo progetto di ricerca. Successivamente, vengono descritte le diamond anvill cell e la tecnica di laser heating. Grande spazio è dedicato alla pirometria, con particolare attenzione al ruolo dei diversi sistemi ottici nelle misure di temperatura nelle LHDAC. Infine, un’ultima sezione riporta la descrizione dei setup di laser heating di ID27 e di ID24. La prima parte del secondo capitolo è riservata alla descrizione del setup sperimentale usato e del rumore presente nell’acquisizione degli spettri. In seguito viene introdotta la modalità con la quale sono state eseguite le misure di temperatura in relazione alla stabilità temporale della temperatura del campione. Nel capitolo “experimental results and discussion” sono dapprima descritti i risultati teorici e sperimentali ottenuti. Una seconda sezione discute questi risultati e li rapporta alle curve di fusione del Fe ottenute sulle beamline ID27 e ID24. Il quarto capitolo riguarda le misure di temperatura ottenute in un vero esperimento sulla beamline ID24 nel quale è stata indagata la curva di fusione del Ni. Gli spettri ottenuti sono confrontati con quelli acquisiti in laboratorio tramite i “two-colour plot”. Infine, nell’ultimo capitolo, vengono riepilogati i principali risultati ottenuti e le conclusioni che ne sono state tratte.

Temperature measurements at megabar pressures : direct comparison between reflective and refractive optics for the laser heated diamond anvil cell

GIAMPAOLI, RUGGERO
2015/2016

Abstract

During last decades, lots of efforts have been done to improve experimental setups aimed at studying matter at very high temperatures and pressures. Such a commitment has been most of all motivated by a growing interest in geophysical research and in possible applications in material science. Progresses in experimental methods and the increasing appeal of the topic have led many scientists to investigate different physical properties of materials at extreme conditions: phase transitions, magnetism, electronic structure and many more. The only static technique that allows to reach very high pressures (up to 300 GPa) and temperatures (thousands of Kelvin) is the laser-heated diamond anvil cell (LHDAC): the sample is squeezed in between two diamonds to achieve the needed pressure and heated with powerful lasers (≈ 100 W). Samples loaded in these kinds of cells are very small (< 1000 µm2 x 5 µm) and, therefore, performing in situ measurements is very challenging: great care should be paid in sample preparation and the experimental apparatus should guarantee stable and reproducible measurements. So far, results of different experiments do not always coincide. This is the case, for example, of melting temperatures: hundreds of K deviations have been found in different investigations of the same materials. Many melting studies are carried out in synchrotrons, where a high brilliance x-ray beam can be used to probe the sample and detecting the melting (XRD, XAS). In particular, at the European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) two different beamlines, ID24 and ID27 have obtained quite different results in studying phase transitions. Several reasons may lie behind these discrepancies: chemical contaminations of the sample, possible misalignments between laser and X-rays, differences in melting criteria, inaccuracies in temperature measurements. In particular, high-temperature metrology has often been the object of long-standing controversies and this has been the subject of this thesis. In the LHDAC, temperature is measured spectroradiometrically by fitting the thermal radiation with Plank’s law using the grey body approximation. Since LHDAC temperature is not uniform and it could vary of about hundreds of degrees in few µm, the accuracy in this kind of measurement is ultimately limited by the resolution of the optics used to collect this radiation. The optics of the two beamlines are different: ID27 adopts reflective optics based on Schwarzschild objectives, while on ID24 temperature is detected using an infinity objective with two achromatic doublets. Both optics are used in many laboratories around the word which use laser heated diamond anvil cell to reach high temperatures and high pressures. The aim of this work has been to directly investigate the effect of optics isolating them from the other possible sources of inaccuracy in melting temperature measurements. To do so, an ad hoc experimental setup has been assembled using the beamline objectives. Many laser heating test on real W samples loaded in diamond anvil cell have been performed obtaining systematic temperature differences up to 200 K at temperature above 2500 K. The obtained spectra have been analysed using the two-colour technique and compared with the ones taken on the beamline. Furthermore, to understand the influence of optics resolution in temperature measurements, theoretical simulations have been carried out considering different point spread functions.
MATHON, OLIVIER
TORCHIO, RAFFAELLA
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
28-apr-2017
2015/2016
Negli ultimi decenni, motivate da interessi nel campo della geofisica e della scienza dei materiali, sono state sviluppate nuove tecnologie e tecniche nell’ambito dello studio di materiali ad alte pressioni e ad alte temperature. In particolare, la tecnica LHDAC (laser heated diamon anvill cell) è l’unica tecnica statica che permetta di raggiungere pressioni elevate (≈ 300 GPa) e alte temperature (migliaia di Kelvin). L’utilizzo di questa tecnica per le alte pressioni sfrutta l’elevata durezza e l’elevato modulo di compressibilità del diamante. Il campione viene collocato in una cella composta da due sezioni in ognuna delle quali è incastonato un diamante; la cella è realizzata in modo tale che, una volta chiusa, i diamanti presentino due facce piane tra loro parallele. Il campione viene dunque posizionato tra le due gemme e una guarnizione (gasket) impedisce che questo possa muoversi liberamente. Quando la cella è posta in pressione, i diamanti si avvicinano e il gasket e il campione vengono compressi e deformati. Un fascio laser ad elevata potenza (circa 100 W), in una banda spettrale nella quale il diamante è trasparente, permette di raggiungere temperature elevate. Una delle applicazioni più rilevanti dell’utilizzo di LHDAC in ambito geofisico è lo studio delle transizioni di fase, in particolare delle curve di fusione di quei materiali (come Fe e Ni) che si suppongono costituire il nucleo terrestre. Le curve di fusione rappresentano la transizione solido-liquido in un diagramma di fase pressione-temperatura. La luce di sincrotrone si è rilevata un valido strumento per determinare queste transizioni di fase; in particolare, all’ European Synchrotron Radiation Facility (ESRF) sono stati condotti diversi esperimenti in due beamline: ID24 (XAS) e ID27 (XRD). In alcuni casi sono state trovate discrepanze tra le curve di fusione ottenute in queste beamline (e in diversi altri laboratori): le temperature osservate differiscono anche di centinaia di Kelvin e un consenso unanime sul reale comportamento di questi materiali a pressioni e temperature estreme non è ancora stato raggiunto. Una possibile spiegazione di queste discrepanze risiede nell’accuratezza delle misure di temperatura. Nelle LHDAC questa viene misurata con tecniche pirometriche, ossia analizzando l’emissione di corpo nero del campione. La radiazione termica viene focheggiata, tramite un sistema ottico, all’ingresso di uno spettrometro che permette di decomporre la radiazione nelle sue componenti spettrali. Lo spettro così acquisito viene successivamente fittato con la legge di Planck in approssimazione di corpo grigio: la temperatura è ottenuta direttamente da uno dei due parametri del fit (il secondo è l’emittanza del campione). A causa della ridotta dimensione del campione (< 1000 µm2 x 5 µm), del suo non perfetto isolamento termico e della non uniformità del profilo spaziale del fascio laser, il campione è caratterizzato da un profilo di temperatura non uniforme (la temperatura può variare di centinaia di gradi in pochi µm). Poiché i sistemi ottici hanno una risoluzione limitata (in genere dell’ordine di qualche µm), il segnale in ingresso allo spettrometro sarà costituito da contributi spettrali relativi ad aree del campione con temperature differenti, introducendo pertanto errori sistematici nella misura di temperatura. Lo scopo di questa tesi è quello di comparare due diverse tipologie di ottiche utilizzate nelle tecniche di pirometria applicate alle diamond anvil cell: una basata sull’utilizzo di elementi rifrattivi e l’altra sull’utilizzo di specchi. A ESRF sono presenti entrambe queste tipologie: ID27 utilizza un microscopio costituito da specchi sferici assemblato in una configurazione di tipo Schwarzschild mentre ID24 utilizza un obbiettivo composto da una coppia di doppietti acromatici. Il principale problema delle ottiche rifrattive è rappresentato dalle aberrazioni cromatiche: sebbene queste vengano parzialmente corrette tramite l’utilizzo di lenti “acromatiche”, non possono essere totalmente soppresse. Nelle ottiche utilizzate nella beamline ID24, gli effetti di questo tipo di aberrazioni sono ulteriormente attenuati tramite l’utilizzo di una pupilla (iris) che, posta all’ingresso dell’obbiettivo, riduce l’apertura numerica delle lenti. Le ottiche basate sugli specchi sono invece acromatiche per costruzione, ma presentano generalmente maggiori aberrazioni monocromatiche. Eventuali errori nell’accuratezza delle misure di temperatura possono, in questo caso, derivare dalla limitata risoluzione del sistema ottico. Durante questa esperienza di tesi è stato realizzato un apposito setup nel quale è possibile confrontare direttamente l’effetto prodotto dalle due tipologie di ottiche sulle misure di temperatura e, quindi, sulle curve di fusione. Gli obbiettivi impiegati in questo setup sono quelli delle due beamline: il microscopio Schwarzschild di ID27 e i doppietti acromatici di ID24; le misure di temperatura sono state effettuate muovendo le ottiche in rapida successione grazie all’ausilio di attuatori pneumatici. Il primo risultato ottenuto conferma la necessità dell’utilizzo degli iris nelle misure di temperatura; senza questi, infatti, la temperatura misurata è soggetta a forti errori sistematici. È stato invece trovato un buon accordo, sino a temperature prossime a 2500 K, tra le misure in temperatura effettuate con gli specchi Schwarzschild e con le lenti con una apertura numerica ridotta. Sopra 2600 K si osservano differenze sistematiche fino a 200 K. Gli spettri ottenuti sono stati esaminati effettuando una analisi dei “two-colour plot”. Questa tecnica è basata sulla linearizzazione dell’equazione di Planck (approssimazione di Wien) e permette di studiare eventuali deviazioni dall’emissione di corpo nero in funzione della lunghezza d’onda. Sono state osservate distorsioni negli spettri ottenuti con entrambe le ottiche. Gli spettri acquisiti con le lenti sono stati confrontati con quelli ottenuti in un reale esperimento su ID24 allo scopo di determinare il range ottimale sul quale effettuare i fit. Al fine di raggiungere una maggiore comprensione degli effetti delle ottiche sulle misure di temperatura, sono state effettuate diverse simulazioni utilizzando il software di calcolo Matlab. Alcune di queste simulazioni mostrano come, anche per un sistema ideale limitato dalla sola diffrazione, si possano osservare degli errori sistematici nell’acquisizione delle temperature dell’ordine di 100 K. Questo elaborato è stato organizzato in cinque capitoli ai quali si accenna brevemente nel seguito. Nel primo capitolo vengono inizialmente presentate le motivazioni alla base di questo progetto di ricerca. Successivamente, vengono descritte le diamond anvill cell e la tecnica di laser heating. Grande spazio è dedicato alla pirometria, con particolare attenzione al ruolo dei diversi sistemi ottici nelle misure di temperatura nelle LHDAC. Infine, un’ultima sezione riporta la descrizione dei setup di laser heating di ID27 e di ID24. La prima parte del secondo capitolo è riservata alla descrizione del setup sperimentale usato e del rumore presente nell’acquisizione degli spettri. In seguito viene introdotta la modalità con la quale sono state eseguite le misure di temperatura in relazione alla stabilità temporale della temperatura del campione. Nel capitolo “experimental results and discussion” sono dapprima descritti i risultati teorici e sperimentali ottenuti. Una seconda sezione discute questi risultati e li rapporta alle curve di fusione del Fe ottenute sulle beamline ID27 e ID24. Il quarto capitolo riguarda le misure di temperatura ottenute in un vero esperimento sulla beamline ID24 nel quale è stata indagata la curva di fusione del Ni. Gli spettri ottenuti sono confrontati con quelli acquisiti in laboratorio tramite i “two-colour plot”. Infine, nell’ultimo capitolo, vengono riepilogati i principali risultati ottenuti e le conclusioni che ne sono state tratte.
Tesi di laurea Magistrale
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