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Così come l’architetto legge ed interpreta la città, sintetizzandone forme, volumi e proporzioni in un disegno dando vita ad un nuovo progetto, così il fotografo individua, isola e compone i ‘dispersi frantumi dell’esterno’ in una sola immagine, fissando sulla pellicola la propria visione di quegli elementi. Passando dalla scala urbana a quella del paesaggio, la distinzione tra questi due processi diventa sempre più confusa. Progettare nel paesaggio significa mettersi in relazione con molteplici fattori nello stesso momento, costantemente in bilico tra elementi naturali ed elementi artificiali. La fotografia diventa, in questo caso, uno strumento indispensabile tanto quanto lo studio del luogo e della sua storia. Di fronte all’opera di Luigi Ghirri, maestro della fotografia contemporanea, lo sguardo si sente a casa, anche senza capire fino in fondo perché. In quel “non capire” si è stabilita un’attrazione, una prossimità, in cui trascorrono innumerevoli corrispondenze. Forse perché si riconoscono le radici della sua luce particolare e perché pare di ritrovare qualcosa di familiare nei suoi luoghi deputati. Ghirri lascia che si crei uno spazio (interpretativo, mentale, reale, profondo) tra lo scatto e l’intento concettuale. In questo spazio lo spettatore può divertirsi a lasciare correre i suoi pensieri nelle immagini, e decidere se andare verso una lettura filosofica, poetica, nostalgica, o se ricondurla al periodo storico in cui è stata scattata. In questa stessa direzione, nel pensare per immagini, si è scelto di dedicare uno spazio che riprendesse un’atmosfera metafisica posta in rapporto con un contesto architettonico storico come la cornice dei Chiostri benedettini di San Pietro in Reggio Emilia. Si è scelto di realizzare un centro di fotografia che coinvolgesse un festival importante come Fotografia Europea e lo stesso Ghirri. Un manufatto architettonico che rileggesse il suo linguaggio, utilizzando forme e colori del tutto riconoscibili e semplici, e che raccogliesse tutta l’opera del fotografo, come una sorta di monumento alla fotografia, sottolineando il suo rapporto con l’esistente, cercando il punto di equilibrio tra la sua interiorità e ciò che vive all’esterno, nel mondo, che continua ad esistere anche dopo uno scatto fotografico.

Diaframma. Centro internazionale di fotografia Luigi Ghirri

ZANOTTI CAVAZZONI, UMBERTO;BRAGLIA, TOMMASO GIOVANNI
2015/2016

Abstract

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ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-apr-2017
2015/2016
Così come l’architetto legge ed interpreta la città, sintetizzandone forme, volumi e proporzioni in un disegno dando vita ad un nuovo progetto, così il fotografo individua, isola e compone i ‘dispersi frantumi dell’esterno’ in una sola immagine, fissando sulla pellicola la propria visione di quegli elementi. Passando dalla scala urbana a quella del paesaggio, la distinzione tra questi due processi diventa sempre più confusa. Progettare nel paesaggio significa mettersi in relazione con molteplici fattori nello stesso momento, costantemente in bilico tra elementi naturali ed elementi artificiali. La fotografia diventa, in questo caso, uno strumento indispensabile tanto quanto lo studio del luogo e della sua storia. Di fronte all’opera di Luigi Ghirri, maestro della fotografia contemporanea, lo sguardo si sente a casa, anche senza capire fino in fondo perché. In quel “non capire” si è stabilita un’attrazione, una prossimità, in cui trascorrono innumerevoli corrispondenze. Forse perché si riconoscono le radici della sua luce particolare e perché pare di ritrovare qualcosa di familiare nei suoi luoghi deputati. Ghirri lascia che si crei uno spazio (interpretativo, mentale, reale, profondo) tra lo scatto e l’intento concettuale. In questo spazio lo spettatore può divertirsi a lasciare correre i suoi pensieri nelle immagini, e decidere se andare verso una lettura filosofica, poetica, nostalgica, o se ricondurla al periodo storico in cui è stata scattata. In questa stessa direzione, nel pensare per immagini, si è scelto di dedicare uno spazio che riprendesse un’atmosfera metafisica posta in rapporto con un contesto architettonico storico come la cornice dei Chiostri benedettini di San Pietro in Reggio Emilia. Si è scelto di realizzare un centro di fotografia che coinvolgesse un festival importante come Fotografia Europea e lo stesso Ghirri. Un manufatto architettonico che rileggesse il suo linguaggio, utilizzando forme e colori del tutto riconoscibili e semplici, e che raccogliesse tutta l’opera del fotografo, come una sorta di monumento alla fotografia, sottolineando il suo rapporto con l’esistente, cercando il punto di equilibrio tra la sua interiorità e ciò che vive all’esterno, nel mondo, che continua ad esistere anche dopo uno scatto fotografico.
Tesi di laurea Magistrale
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