What does it mean to limit the architectural practice? Are there only tangible, physical limits - and therefore visible or other types of boundaries and barriers? Can a building - and therefore architecture - work unlimitedly in the urban context of contemporary megalopolis? If Aristotle defines the man as a "political animal" and if cities, as Cicero claims, have formed to put together men - born to communicate - it is immediately apparent that in the city the limit would have no reason to exist. Yet it is not so; Indeed, the opposite is true, especially in the modern megalopolis, where there are very large and diverse people, separated by visible and invisible limits. The following work moves from historical and critical considerations to the face and shape of the city, elaborated by studying its evolution and deepening the link between politics-territory and political-architecture. The point of landing theoretical research and then launching for a practical study is the idea of ​​megalopolis as a scenario of changing, visible and non-dimmed boundaries, dictated by the alternation of different territorial policies. Can architecture act - in a context so problematic - working unobstructed and barriers? Is it possible for a building to identify a community without social exclusion? The initial part of the study deals with the visible and invisible boundaries of the city. Starting from a historical-political approach, these are analyzed in all their forms, including in the study those boundaries that are imperceptible and that divide the city of well-being from that of daily desperation-those borders that end up becoming mental boundaries with the Resulting in dramatic "exclusion" aimed at marginalized and unwanted. This threat of exclusion, well identifiable in many modern realities, opposes the idea of ​​"porosity", of a possible approach between insiders and outsiders, through events and hypothesized possibilities near the border, so that one can look, study and understand each other. The guideline is the conviction that the citizen, without any distinction, has the "right to the city" and is the protagonist of any fact that concerns him. In the central part of the research, architectural theory is outlined in the specific urban case of the city of São Paulo, chosen as an exemplary city for the theme of boundaries and boundaries, visible and not. In the field of urban planning and territorial politics, the research addresses the theme of urban planning from the point of view of the practical and social result they have on the territory. The scientific result is a criticism primarily on an urban scale which, through an historical excursus of various plans and norms, highlights and studies the close relationship between urban politics and socio-territorial inequalities: the boundary concept, visible and not, is Developed parallel to the São Paulo megalopolis. At architectural scale, the end result is a collection of critical charts that deepens the individual cases studied crosswise, from the point of view of boundaries and boundaries, along with a collection of interviews on the subject. This scientific content is then applied to the specific design case, providing a decisive tool in approaching a real problem. The central area of ​​São Paulo has been chosen as the maximum expression of the problems of the city, which suffers its greatness and the dispersion it derives, in the absence of more than a "link point", which allows the so-called reductio omnium To unum, that is, the ability to relate each centrifugal element to a central and basic nucleus, capable of creating and creating contacts and harmony. The solution conceived proposes a large diffused socio-cultural center, which has as the "square" - as the main street - the Anhnanagabau valley, the fulcrum and historical memory of the various phases of development of the megalopolis itself. As a result of the first-person experience of the place, popular art has been declared as the heart and purpose of the project itself, as well as as a filrouge of urban regeneration in the historic center. In essence, architecture by measuring - within the megalopolis - with the limit raises the idea of ​​"collectivity" and "art", that is, of "culture", contributing to recreating enthusiasm and work, working with the aim of changing internal relations of the city. The architectural strategy, in particular, is divided into three intervention hierarchies, which revamp the area through new buildings (re-cow), recovery of historic buildings (re-use) and micro open space interventions (re-sew ).

Cosa significa parlare di limite nella pratica architettonica? Esistono solo limiti tangibili, fisici – e quindi visibili o anche altre tipologie di confini e barriere? Può un edificio – e quindi l’architettura – lavorare senza limiti nel contesto urbano della megalopoli contemporanea? Se Aristotele definisce l’uomo “animale politico” e se le città, come asserisce Cicerone, si sono formate per mettere in contatto tra di loro gli uomini - nati appunto per comunicare - risulta subito evidente che nella città il limite non avrebbe alcuna ragione di esistere. Eppure non è così; anzi si verifica proprio l’opposto, soprattutto nelle megalopoli moderne, nelle quali si ammassano persone molto numerose e molto diverse, separate da limiti sia visibili, sia invisibili. Il seguente lavoro muove da considerazioni storiche e critiche relative al volto ed alla forma della città, elaborate studiandone l’evoluzione e approfondendo il nesso tra politica-territorio e politica- architettura. Il punto di approdo della ricerca teorica e quindi di lancio per uno studio pratico è l’idea di megalopoli come scenario di confini mutevoli, visibili e non, dettati dall’alternarsi di politiche territoriali differenti. Può l’architettura agire – in un contesto così problematico – operando senza limiti e barriere? È possibile fare in modo che un edificio identifichi una comunità senza esclusioni sociali? La parte iniziale dello studio si occupa dei confini visibili e invisibili della città. Partendo da un approccio storico-politico, questi vengono analizzati in tutte le loro forme, comprendendo nello studio anche quei confini che sono impercettibili e che dividono la città del benessere da quella della quotidiana disperazione – quei confini che finiscono per diventare confini mentali, con la conseguente drammatica “esclusione” rivolta ad emarginati ed indesiderati. A questa minaccia di esclusione, ben identificabile in molte realtà moderne, si oppone l’idea di “porosità”, di un possibile avvicinamento tra insiders and outsiders, mediante eventi e possibilità ipotizzate vicino al confine, affinchè ci si possa guardare, studiare e capire a vicenda. La linea guida è la convinzione che il cittadino, senza distinzioni di sorta, abbia il “diritto alla città” e sia protagonista di ogni fatto che la riguardi. Nella parte centrale della ricerca, la teoria architettonica viene delineata nello specifico caso urbano della città di São Paulo, scelta come città esemplare per il tema dei limiti e confini, visibili e non. Nel campo dell’urbanistica e delle politiche territoriali, la ricerca affronta il tema delle pianificazioni urbane dal punto di vista del risultato pratico-sociale che hanno sul territorio. Il risultato scientifico è una critica in primis a scala urbana, che, attraverso un excursus storico dei vari piani e normative, evidenzia e studia la stretta relazione tra politica urbana e diseguaglianze socio-territoriali: il concetto di limite, visibile e non, si è sviluppato parallelamente alla megalopoli di São Paulo. A scala architettonica, il risultato finale è una raccolta di schede critiche che approfondisce i singoli casi studio presi in esame, in maniera trasversale, dal punto di vista dei limiti e confini, insieme ad una raccolta di interviste sul tema. Tale contenuto scientifico viene poi applicato allo specifico caso progettuale, fornendo uno strumento risolutivo nell’approcciarsi ad un problema reale. L’area centrale di São Paulo è stata scelta come espressione massima delle problematiche della città, che soffre della sua stessa grandezza e della dispersione che ne deriva, nella mancanza più che evidente di un “punto di raccordo”, che consenta la cosiddetta reductio omnium ad unum, cioè la possibilità di rapportare ogni elemento centrifugo ad un nucleo centrale e basilare, capace di generare e di creare contatti e armonia. La soluzione ideata propone un grande centro socio-culturale diffuso, che ha come “piazza” – come via principale – la vallata Anhnanagabaù, fulcro e memoria storica delle diverse fasi di sviluppo della megalopoli stessa. Frutto dell’esperienza in prima persona del luogo, l’arte popolare è stata declinata come cuore e finalità stessa del progetto, nonché come fil rouge della rigenerazione urbana del centro storico. In sostanza l’architettura misurandosi – entro la megalopoli – con il limite rilancia l’idea di “collettività” e di “arte”, cioè di “cultura”, contribuendo a ricreare entusiasmo e lavoro, operando con lo scopo di cambiare le relazioni interne della città. La strategia architettonica, nello specifico, si suddivide in tre gerarchie di intervento, che vanno a riqualificare l’area attraverso nuove costruzioni (re-c0ver), recupero di edifici storici (re-use) e micro interventi sullo spazio aperto (re-sew). La proposta progettuale vuole porsi come soluzione per il caso specifico del centro storico di Sao Paulo ma anche come riflessione generale riguardo l’approccio al tema dei limiti e confini. Questo approfondimento è stato sviluppato, studiando a fondo il “contesto” di appartenenza e le pratiche burocratiche e gli scontri sociali tra istituzioni e popolazioni, tenendo conto del forte contesto sud-americano, delle problematiche economiche e di gestione del progetto. La riflessione centrale e più importante resta sempre quella che ruota intorno al tipo di vissuto che, grazie allo stimolo e all’ausilio dell’architettura, si può favorire all’interno della megalopoli. Da un punto di vista più generale infatti, il punto di approdo e di possibile partenza per un nuovo approfondimento è l’individuazione di una “metodologia”, di un modus operandi, che porti a capire “come relazionarsi” con il problema dei limiti urbani della megalopoli contemporanea, frutto delle conoscenze acquisite nei mesi di lavoro. L’architettura oggi – muovendo dai piani della politica, dell’economia e della cultura, che certo la riguardano molto direttamente - deve impegnarsi per avere come traguardo finale e imprescindibile “il piano umano”. La considerazione del piano umano da parte dell’architettura equivale ad un suo centro irrinunciabile: è questo il possibile punto di partenza per una costruttiva reductio omnium ad unum nella megalopoli, cioè per una profonda “armonizzazione” della città moderna.

Sao Paulo ciudade das artes. Inhabiting the limit of the megalopolis

ZURA PUNTARONI, LAURA;VALAGUSSA, MATILDE
2015/2016

Abstract

What does it mean to limit the architectural practice? Are there only tangible, physical limits - and therefore visible or other types of boundaries and barriers? Can a building - and therefore architecture - work unlimitedly in the urban context of contemporary megalopolis? If Aristotle defines the man as a "political animal" and if cities, as Cicero claims, have formed to put together men - born to communicate - it is immediately apparent that in the city the limit would have no reason to exist. Yet it is not so; Indeed, the opposite is true, especially in the modern megalopolis, where there are very large and diverse people, separated by visible and invisible limits. The following work moves from historical and critical considerations to the face and shape of the city, elaborated by studying its evolution and deepening the link between politics-territory and political-architecture. The point of landing theoretical research and then launching for a practical study is the idea of ​​megalopolis as a scenario of changing, visible and non-dimmed boundaries, dictated by the alternation of different territorial policies. Can architecture act - in a context so problematic - working unobstructed and barriers? Is it possible for a building to identify a community without social exclusion? The initial part of the study deals with the visible and invisible boundaries of the city. Starting from a historical-political approach, these are analyzed in all their forms, including in the study those boundaries that are imperceptible and that divide the city of well-being from that of daily desperation-those borders that end up becoming mental boundaries with the Resulting in dramatic "exclusion" aimed at marginalized and unwanted. This threat of exclusion, well identifiable in many modern realities, opposes the idea of ​​"porosity", of a possible approach between insiders and outsiders, through events and hypothesized possibilities near the border, so that one can look, study and understand each other. The guideline is the conviction that the citizen, without any distinction, has the "right to the city" and is the protagonist of any fact that concerns him. In the central part of the research, architectural theory is outlined in the specific urban case of the city of São Paulo, chosen as an exemplary city for the theme of boundaries and boundaries, visible and not. In the field of urban planning and territorial politics, the research addresses the theme of urban planning from the point of view of the practical and social result they have on the territory. The scientific result is a criticism primarily on an urban scale which, through an historical excursus of various plans and norms, highlights and studies the close relationship between urban politics and socio-territorial inequalities: the boundary concept, visible and not, is Developed parallel to the São Paulo megalopolis. At architectural scale, the end result is a collection of critical charts that deepens the individual cases studied crosswise, from the point of view of boundaries and boundaries, along with a collection of interviews on the subject. This scientific content is then applied to the specific design case, providing a decisive tool in approaching a real problem. The central area of ​​São Paulo has been chosen as the maximum expression of the problems of the city, which suffers its greatness and the dispersion it derives, in the absence of more than a "link point", which allows the so-called reductio omnium To unum, that is, the ability to relate each centrifugal element to a central and basic nucleus, capable of creating and creating contacts and harmony. The solution conceived proposes a large diffused socio-cultural center, which has as the "square" - as the main street - the Anhnanagabau valley, the fulcrum and historical memory of the various phases of development of the megalopolis itself. As a result of the first-person experience of the place, popular art has been declared as the heart and purpose of the project itself, as well as as a filrouge of urban regeneration in the historic center. In essence, architecture by measuring - within the megalopolis - with the limit raises the idea of ​​"collectivity" and "art", that is, of "culture", contributing to recreating enthusiasm and work, working with the aim of changing internal relations of the city. The architectural strategy, in particular, is divided into three intervention hierarchies, which revamp the area through new buildings (re-cow), recovery of historic buildings (re-use) and micro open space interventions (re-sew ).
ARMANDO, ALESSANDRO
DE MAGISTRIS, ALESSANDRO
LUZ, VERA
MUZZONIGRO, AZZURRA
SHAMIR, LIVIA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-apr-2017
2015/2016
Cosa significa parlare di limite nella pratica architettonica? Esistono solo limiti tangibili, fisici – e quindi visibili o anche altre tipologie di confini e barriere? Può un edificio – e quindi l’architettura – lavorare senza limiti nel contesto urbano della megalopoli contemporanea? Se Aristotele definisce l’uomo “animale politico” e se le città, come asserisce Cicerone, si sono formate per mettere in contatto tra di loro gli uomini - nati appunto per comunicare - risulta subito evidente che nella città il limite non avrebbe alcuna ragione di esistere. Eppure non è così; anzi si verifica proprio l’opposto, soprattutto nelle megalopoli moderne, nelle quali si ammassano persone molto numerose e molto diverse, separate da limiti sia visibili, sia invisibili. Il seguente lavoro muove da considerazioni storiche e critiche relative al volto ed alla forma della città, elaborate studiandone l’evoluzione e approfondendo il nesso tra politica-territorio e politica- architettura. Il punto di approdo della ricerca teorica e quindi di lancio per uno studio pratico è l’idea di megalopoli come scenario di confini mutevoli, visibili e non, dettati dall’alternarsi di politiche territoriali differenti. Può l’architettura agire – in un contesto così problematico – operando senza limiti e barriere? È possibile fare in modo che un edificio identifichi una comunità senza esclusioni sociali? La parte iniziale dello studio si occupa dei confini visibili e invisibili della città. Partendo da un approccio storico-politico, questi vengono analizzati in tutte le loro forme, comprendendo nello studio anche quei confini che sono impercettibili e che dividono la città del benessere da quella della quotidiana disperazione – quei confini che finiscono per diventare confini mentali, con la conseguente drammatica “esclusione” rivolta ad emarginati ed indesiderati. A questa minaccia di esclusione, ben identificabile in molte realtà moderne, si oppone l’idea di “porosità”, di un possibile avvicinamento tra insiders and outsiders, mediante eventi e possibilità ipotizzate vicino al confine, affinchè ci si possa guardare, studiare e capire a vicenda. La linea guida è la convinzione che il cittadino, senza distinzioni di sorta, abbia il “diritto alla città” e sia protagonista di ogni fatto che la riguardi. Nella parte centrale della ricerca, la teoria architettonica viene delineata nello specifico caso urbano della città di São Paulo, scelta come città esemplare per il tema dei limiti e confini, visibili e non. Nel campo dell’urbanistica e delle politiche territoriali, la ricerca affronta il tema delle pianificazioni urbane dal punto di vista del risultato pratico-sociale che hanno sul territorio. Il risultato scientifico è una critica in primis a scala urbana, che, attraverso un excursus storico dei vari piani e normative, evidenzia e studia la stretta relazione tra politica urbana e diseguaglianze socio-territoriali: il concetto di limite, visibile e non, si è sviluppato parallelamente alla megalopoli di São Paulo. A scala architettonica, il risultato finale è una raccolta di schede critiche che approfondisce i singoli casi studio presi in esame, in maniera trasversale, dal punto di vista dei limiti e confini, insieme ad una raccolta di interviste sul tema. Tale contenuto scientifico viene poi applicato allo specifico caso progettuale, fornendo uno strumento risolutivo nell’approcciarsi ad un problema reale. L’area centrale di São Paulo è stata scelta come espressione massima delle problematiche della città, che soffre della sua stessa grandezza e della dispersione che ne deriva, nella mancanza più che evidente di un “punto di raccordo”, che consenta la cosiddetta reductio omnium ad unum, cioè la possibilità di rapportare ogni elemento centrifugo ad un nucleo centrale e basilare, capace di generare e di creare contatti e armonia. La soluzione ideata propone un grande centro socio-culturale diffuso, che ha come “piazza” – come via principale – la vallata Anhnanagabaù, fulcro e memoria storica delle diverse fasi di sviluppo della megalopoli stessa. Frutto dell’esperienza in prima persona del luogo, l’arte popolare è stata declinata come cuore e finalità stessa del progetto, nonché come fil rouge della rigenerazione urbana del centro storico. In sostanza l’architettura misurandosi – entro la megalopoli – con il limite rilancia l’idea di “collettività” e di “arte”, cioè di “cultura”, contribuendo a ricreare entusiasmo e lavoro, operando con lo scopo di cambiare le relazioni interne della città. La strategia architettonica, nello specifico, si suddivide in tre gerarchie di intervento, che vanno a riqualificare l’area attraverso nuove costruzioni (re-c0ver), recupero di edifici storici (re-use) e micro interventi sullo spazio aperto (re-sew). La proposta progettuale vuole porsi come soluzione per il caso specifico del centro storico di Sao Paulo ma anche come riflessione generale riguardo l’approccio al tema dei limiti e confini. Questo approfondimento è stato sviluppato, studiando a fondo il “contesto” di appartenenza e le pratiche burocratiche e gli scontri sociali tra istituzioni e popolazioni, tenendo conto del forte contesto sud-americano, delle problematiche economiche e di gestione del progetto. La riflessione centrale e più importante resta sempre quella che ruota intorno al tipo di vissuto che, grazie allo stimolo e all’ausilio dell’architettura, si può favorire all’interno della megalopoli. Da un punto di vista più generale infatti, il punto di approdo e di possibile partenza per un nuovo approfondimento è l’individuazione di una “metodologia”, di un modus operandi, che porti a capire “come relazionarsi” con il problema dei limiti urbani della megalopoli contemporanea, frutto delle conoscenze acquisite nei mesi di lavoro. L’architettura oggi – muovendo dai piani della politica, dell’economia e della cultura, che certo la riguardano molto direttamente - deve impegnarsi per avere come traguardo finale e imprescindibile “il piano umano”. La considerazione del piano umano da parte dell’architettura equivale ad un suo centro irrinunciabile: è questo il possibile punto di partenza per una costruttiva reductio omnium ad unum nella megalopoli, cioè per una profonda “armonizzazione” della città moderna.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/134305