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1992: la colonia, il primo capitolo realizzato del complesso Villaggio Eni, vieni chiuso definitivamente. Dopo 37 anni di attività, la luce si spegne nella capanna centrale. L’idea progettuale nasce dalla volontà di riaccendere l’intero manufatto architettonico, utilizzandolo come contenitore per un nuovo sistema di funzioni che si pongono l’obiettivo di far rivivere quegli spazi ora abbandonati. La colonia per 600 bambini di Borca di Cadore, fa parte del Villaggio Turistico Eni (chiamato Corte di Cadore), realizzato dall’architetto Edoardo Gellner negli anni ’50. Il Villaggio è nato dalla collaborazione tra Gellner ed Enrico Mattei, l’allora presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi, che con la sua visione “futuristica” ha voluto fondare un intero villaggio montano da poter offrire ai suoi dipendenti per le vacanze sia invernali che estive. La misteriosa scomparsa di Mattei ha interrotto i lavori e i progetti sul Villaggio, che quindi risulta essere manchevole di alcune funzioni principali. L’eccezionalità del luogo, le pendici del monte Antelao, e il pregio del complesso architettonico, realizzato da Edoardo Gellner tra il 1955 e il 1963, ha fatto sì che la scelta delle funzioni da inserire in questo grande contenitore vuoto fossero indirizzate verso temi “non convenzionali”. Tra gli obiettivi che si sono scelti, trova luogo quello di promozione del territorio sul quale il complesso sorge. Da alcune analisi che sono state condotte è risultato che la regione Veneto, nonostante possa definirsi alla pari della vicina regione Trentino – Alto Adige per quanto riguarda il livello di attrattiva paesaggistica, ha un tasso di turisticità più basso. La causa di questo divario tra regioni è dovuta a una diversa strategia di promozione del territorio, che in Veneto punta di più sul turismo cittadino dei grandi capoluoghi di provincia, piuttosto che sul turismo montano (escludendo da questa conclusione le località turistiche montane per eccellenza, come ad esempio Cortina d’Ampezzo). Partendo da questi presupposti, si è dunque cercato un respiro ad ampia scala per quanto riguarda la scelta delle funzioni, affinchè esse possano funzionare come un’eccezionalità, come appunto è il manufatto architettonico. Eccezionalità che si è scelto di valorizzare in quanto caratteristica principale del progetto, che si pone l’obiettivo di enfatizzare le peculiarità dello spazio attraverso nuovi modi d’uso. Si è identificato nella tipologia dello ‘science center’ quella più adeguata alle premesse poste. Questa tipologia museale-divulgativa di origine anglosassone si sta sviluppando anche in Italia, ed unisce la didattica alla sperimentazione in prima persona di fenomeni scientifici, attraverso installazione interattive (approccio ‘hands-on’). Si rivolge ad un pubblico molto vario, dai bambini della scuola dell’infanzia agli studenti delle scuole superiori, in quanto è facilmente adattabile a tutte le fasce di età. Questa tipologia didattico-divulgativa nel progetto viene fortemente influenzata dal contesto e si pone l’obiettivo di far conoscere la ricchezza del territorio in tutte le sue sfaccettature. A questo tema, si affianca quello di creare dei luoghi a disposizione della comunità, con lo scopo di rendere la colonia e i suoi spazi parte integrante del paese di Borca. Lo spazio aperto della colonia prende parte attiva a questo processo e diventa un giardino botanico aperto a tutti, che mostra e spiega, attraverso la costituzione di ambienti, quali sono le essenze tipiche di questa zona altimetrica. Il sistema a padiglioni che caratterizza la colonia viene valorizzato tramite l’inserimento di funzioni diverse ma compatibili e collaboranti tra di loro, e le rampe che uniscono i vari edifici non sono solo un mezzo necessario alle percorrenze interne, ma diventano luoghi in cui stare. La centralità della capanna soggiorno principale resta invariata, mantiene il suo ruolo di ingresso e accoglienza al visitatore, smistandolo nelle due ali del complesso che identificano due diversi temi funzionali. Nell’ala est trovano luogo le funzioni dedicate alla comunità; il centro culturale si sviluppa principalmente nel padiglione refettorio, con spazi espositivi, un piccolo auditorium e la biblioteca. Il laboratorio di fabbricazione digitale occupa il padiglione servizi, mentre il padiglione infermeria diventa la sede della funzione ricettiva. Nell’ala ovest invece, i padiglioni dormitori ospitano la funzione principale del progetto, ossia quella didattico-divulgativa, attraverso laboratori scientifici, aule, spazi di studio individuale e lavoro di gruppo. Lo spazio aperto della colonia, cinto da un muro perimetrale, ricopre una superficie notevole di circa 6,5 ettari. Esso viene trattato come un giardino botanico alpino per tutta l’area che dalla capanna centrale va verso il confine ovest del complesso. La strategia che si è scelto di seguire prevede un generale intervento di pulizia del bosco incolto che ora caratterizza tutta l’area del giardino, procedendo poi alla piantumazione di essenze tipiche della zona, che costituiscono ambienti ben caratterizzati, i quali diventano dei luoghi di studio all’aperto, che mantengono una funzione prevalentemente conoscitiva.

Nuove identità per la colonia di Edoardo Gellner nell'ex Villaggio Eni a Borca di Cadore. Centro didattico per le scienze e l'ambiente Dolomites Science Center

NOVATI, FEDERICA;DONGHI, MATTEO;SANDRONI, ALBERTO
2015/2016

Abstract

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GABAGLIO, ROSSANA
ZAFFARONI, FRANCESCA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
26-apr-2017
2015/2016
1992: la colonia, il primo capitolo realizzato del complesso Villaggio Eni, vieni chiuso definitivamente. Dopo 37 anni di attività, la luce si spegne nella capanna centrale. L’idea progettuale nasce dalla volontà di riaccendere l’intero manufatto architettonico, utilizzandolo come contenitore per un nuovo sistema di funzioni che si pongono l’obiettivo di far rivivere quegli spazi ora abbandonati. La colonia per 600 bambini di Borca di Cadore, fa parte del Villaggio Turistico Eni (chiamato Corte di Cadore), realizzato dall’architetto Edoardo Gellner negli anni ’50. Il Villaggio è nato dalla collaborazione tra Gellner ed Enrico Mattei, l’allora presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi, che con la sua visione “futuristica” ha voluto fondare un intero villaggio montano da poter offrire ai suoi dipendenti per le vacanze sia invernali che estive. La misteriosa scomparsa di Mattei ha interrotto i lavori e i progetti sul Villaggio, che quindi risulta essere manchevole di alcune funzioni principali. L’eccezionalità del luogo, le pendici del monte Antelao, e il pregio del complesso architettonico, realizzato da Edoardo Gellner tra il 1955 e il 1963, ha fatto sì che la scelta delle funzioni da inserire in questo grande contenitore vuoto fossero indirizzate verso temi “non convenzionali”. Tra gli obiettivi che si sono scelti, trova luogo quello di promozione del territorio sul quale il complesso sorge. Da alcune analisi che sono state condotte è risultato che la regione Veneto, nonostante possa definirsi alla pari della vicina regione Trentino – Alto Adige per quanto riguarda il livello di attrattiva paesaggistica, ha un tasso di turisticità più basso. La causa di questo divario tra regioni è dovuta a una diversa strategia di promozione del territorio, che in Veneto punta di più sul turismo cittadino dei grandi capoluoghi di provincia, piuttosto che sul turismo montano (escludendo da questa conclusione le località turistiche montane per eccellenza, come ad esempio Cortina d’Ampezzo). Partendo da questi presupposti, si è dunque cercato un respiro ad ampia scala per quanto riguarda la scelta delle funzioni, affinchè esse possano funzionare come un’eccezionalità, come appunto è il manufatto architettonico. Eccezionalità che si è scelto di valorizzare in quanto caratteristica principale del progetto, che si pone l’obiettivo di enfatizzare le peculiarità dello spazio attraverso nuovi modi d’uso. Si è identificato nella tipologia dello ‘science center’ quella più adeguata alle premesse poste. Questa tipologia museale-divulgativa di origine anglosassone si sta sviluppando anche in Italia, ed unisce la didattica alla sperimentazione in prima persona di fenomeni scientifici, attraverso installazione interattive (approccio ‘hands-on’). Si rivolge ad un pubblico molto vario, dai bambini della scuola dell’infanzia agli studenti delle scuole superiori, in quanto è facilmente adattabile a tutte le fasce di età. Questa tipologia didattico-divulgativa nel progetto viene fortemente influenzata dal contesto e si pone l’obiettivo di far conoscere la ricchezza del territorio in tutte le sue sfaccettature. A questo tema, si affianca quello di creare dei luoghi a disposizione della comunità, con lo scopo di rendere la colonia e i suoi spazi parte integrante del paese di Borca. Lo spazio aperto della colonia prende parte attiva a questo processo e diventa un giardino botanico aperto a tutti, che mostra e spiega, attraverso la costituzione di ambienti, quali sono le essenze tipiche di questa zona altimetrica. Il sistema a padiglioni che caratterizza la colonia viene valorizzato tramite l’inserimento di funzioni diverse ma compatibili e collaboranti tra di loro, e le rampe che uniscono i vari edifici non sono solo un mezzo necessario alle percorrenze interne, ma diventano luoghi in cui stare. La centralità della capanna soggiorno principale resta invariata, mantiene il suo ruolo di ingresso e accoglienza al visitatore, smistandolo nelle due ali del complesso che identificano due diversi temi funzionali. Nell’ala est trovano luogo le funzioni dedicate alla comunità; il centro culturale si sviluppa principalmente nel padiglione refettorio, con spazi espositivi, un piccolo auditorium e la biblioteca. Il laboratorio di fabbricazione digitale occupa il padiglione servizi, mentre il padiglione infermeria diventa la sede della funzione ricettiva. Nell’ala ovest invece, i padiglioni dormitori ospitano la funzione principale del progetto, ossia quella didattico-divulgativa, attraverso laboratori scientifici, aule, spazi di studio individuale e lavoro di gruppo. Lo spazio aperto della colonia, cinto da un muro perimetrale, ricopre una superficie notevole di circa 6,5 ettari. Esso viene trattato come un giardino botanico alpino per tutta l’area che dalla capanna centrale va verso il confine ovest del complesso. La strategia che si è scelto di seguire prevede un generale intervento di pulizia del bosco incolto che ora caratterizza tutta l’area del giardino, procedendo poi alla piantumazione di essenze tipiche della zona, che costituiscono ambienti ben caratterizzati, i quali diventano dei luoghi di studio all’aperto, che mantengono una funzione prevalentemente conoscitiva.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/134393