Numerosi sono gli studi che, alla scala urbana, affrontano da punti di vista diversi (analitico, critico, progettuale) il tema della guerra civile in Libano che, nell’arco di quindici lunghi anni (1975-1990), ha causato drammatiche distruzioni a Beirut, portando a una netta linea di demarcazione e divisione urbana tra due parti, una musulmana a ovest e una cristiana a est. Tuttavia, solo pochi studi raccontano la storia della segregazione urbana e sociale provocata dalle politiche di rigenerazione urbana post-bellica a Beirut, responsabili di massicci progetti di distruzione, ricostruzione e privatizzazione di intere parti di città - un tempo collettive e pubbliche, trasformate oggi in luoghi elitari, accessibili solo a pochi. Dopo la guerra e la nascita dell’impero di Solidere negli anni 90’, ai Beiruti è stata promessa la ricostruzione della loro città e condizioni urbane migliori. Il piano di Solidere è stato idealizzato e presentato come fautore della ricostruzione e della rinascita ma si è tradotto nel tradimento dell’originale carattere identitario della città, trasformandosi in quella che è stata definita “distruzione nel post-distruzione”. In tale scenario, il patrimonio urbano che un tempo apparteneva ai cittadini è stato cancellato, come in una guerra, ma una guerra diversa dai quindici anni precedenti, una guerra per la privatizzazione, portata avanti con gli strumenti della gentrificazione urbana e della corruzione dilagante. Beirut si pone dunque come esempio emblematico di una città frammentata e lacerata nella sua struttura urbana e sociale da due guerre, diverse ma ugualmente distruttive. Da anni, i cittadini di Beirut portano avanti una lotta impari, al fine di riappropriarsi degli ultimi piccoli spazi ancora aperti, accessibili e realmente pubblici, ormai destinati a scomparire, una lotta volta a ritrovare i propri luoghi di identificazione e appartenenza alla città, ormai snaturata e soffocata dall’incessante e incontrollabile processo di cementizzazione urbana. Questa tesi sviluppa un approccio innovativo nel contesto post-bellico mediorientale, attraverso una proposta di riqualificazione urbana che mira a riscoprire nuovi luoghi, dando loro un ruolo fondamentale nell’identificare una nuova identità, per la città stessa e per i suoi abitanti. Il progetto affronta altresì uno scenario infrastrutturale ad ampia scala, frutto di un’analisi critica rispetto a particolari scelte urbanistiche del passato e totalmente ignorata nei recenti progetti municipali e governativi per la città. Le aree scelte sono fra quelle a maggior potenzialità urbana della città: Rue Damas (via Damasco), che percorre lungo l’asse Nord-Sud, e rappresentava la linea di demarcazione che separava la parte Est (cristiana) dalla parte Ovest (musulmana) durante la guerra; e Piazza dei Martiri, uno spazio iconico che ha giocato diversi ruoli cruciali nella storia urbana moderna di Beirut. La guerra, particolarmente in queste due aree, ha lasciato lotti vacanti e edifici abbandonati che oggi rappresentano vuoti di vasta superficie, con grande potenziale per ricucire e rimettere in gioco i collegamenti urbani, sociali e culturali nella vita quotidiana dei cittadini.
Numerosi sono gli studi che, alla scala urbana, affrontano da punti di vista diversi (analitico, critico, progettuale) il tema della guerra civile in Libano che, nell’arco di quindici lunghi anni (1975-1990), ha causato drammatiche distruzioni a Beirut, portando a una netta linea di demarcazione e divisione urbana tra due parti, una musulmana a ovest e una cristiana a est. Tuttavia, solo pochi studi raccontano la storia della segregazione urbana e sociale provocata dalle politiche di rigenerazione urbana post-bellica a Beirut, responsabili di massicci progetti di distruzione, ricostruzione e privatizzazione di intere parti di città - un tempo collettive e pubbliche, trasformate oggi in luoghi elitari, accessibili solo a pochi. Dopo la guerra e la nascita dell’impero di Solidere negli anni 90’, ai Beiruti è stata promessa la ricostruzione della loro città e condizioni urbane migliori. Il piano di Solidere è stato idealizzato e presentato come fautore della ricostruzione e della rinascita ma si è tradotto nel tradimento dell’originale carattere identitario della città, trasformandosi in quella che è stata definita “distruzione nel post-distruzione”. In tale scenario, il patrimonio urbano che un tempo apparteneva ai cittadini è stato cancellato, come in una guerra, ma una guerra diversa dai quindici anni precedenti, una guerra per la privatizzazione, portata avanti con gli strumenti della gentrificazione urbana e della corruzione dilagante. Beirut si pone dunque come esempio emblematico di una città frammentata e lacerata nella sua struttura urbana e sociale da due guerre, diverse ma ugualmente distruttive. Da anni, i cittadini di Beirut portano avanti una lotta impari, al fine di riappropriarsi degli ultimi piccoli spazi ancora aperti, accessibili e realmente pubblici, ormai destinati a scomparire, una lotta volta a ritrovare i propri luoghi di identificazione e appartenenza alla città, ormai snaturata e soffocata dall’incessante e incontrollabile processo di cementizzazione urbana. Questa tesi sviluppa un approccio innovativo nel contesto post-bellico mediorientale, attraverso una proposta di riqualificazione urbana che mira a riscoprire nuovi luoghi, dando loro un ruolo fondamentale nell’identificare una nuova identità, per la città stessa e per i suoi abitanti. Il progetto affronta altresì uno scenario infrastrutturale ad ampia scala, frutto di un’analisi critica rispetto a particolari scelte urbanistiche del passato e totalmente ignorata nei recenti progetti municipali e governativi per la città. Le aree scelte sono fra quelle a maggior potenzialità urbana della città: Rue Damas (via Damasco), che percorre lungo l’asse Nord-Sud, e rappresentava la linea di demarcazione che separava la parte Est (cristiana) dalla parte Ovest (musulmana) durante la guerra; e Piazza dei Martiri, uno spazio iconico che ha giocato diversi ruoli cruciali nella storia urbana moderna di Beirut. La guerra, particolarmente in queste due aree, ha lasciato lotti vacanti e edifici abbandonati che oggi rappresentano vuoti di vasta superficie, con grande potenziale per ricucire e rimettere in gioco i collegamenti urbani, sociali e culturali nella vita quotidiana dei cittadini.
Beirut : un mosaico culturale per La rigenerazione urbana
KIBLAWI, ALI
2016/2017
Abstract
Numerosi sono gli studi che, alla scala urbana, affrontano da punti di vista diversi (analitico, critico, progettuale) il tema della guerra civile in Libano che, nell’arco di quindici lunghi anni (1975-1990), ha causato drammatiche distruzioni a Beirut, portando a una netta linea di demarcazione e divisione urbana tra due parti, una musulmana a ovest e una cristiana a est. Tuttavia, solo pochi studi raccontano la storia della segregazione urbana e sociale provocata dalle politiche di rigenerazione urbana post-bellica a Beirut, responsabili di massicci progetti di distruzione, ricostruzione e privatizzazione di intere parti di città - un tempo collettive e pubbliche, trasformate oggi in luoghi elitari, accessibili solo a pochi. Dopo la guerra e la nascita dell’impero di Solidere negli anni 90’, ai Beiruti è stata promessa la ricostruzione della loro città e condizioni urbane migliori. Il piano di Solidere è stato idealizzato e presentato come fautore della ricostruzione e della rinascita ma si è tradotto nel tradimento dell’originale carattere identitario della città, trasformandosi in quella che è stata definita “distruzione nel post-distruzione”. In tale scenario, il patrimonio urbano che un tempo apparteneva ai cittadini è stato cancellato, come in una guerra, ma una guerra diversa dai quindici anni precedenti, una guerra per la privatizzazione, portata avanti con gli strumenti della gentrificazione urbana e della corruzione dilagante. Beirut si pone dunque come esempio emblematico di una città frammentata e lacerata nella sua struttura urbana e sociale da due guerre, diverse ma ugualmente distruttive. Da anni, i cittadini di Beirut portano avanti una lotta impari, al fine di riappropriarsi degli ultimi piccoli spazi ancora aperti, accessibili e realmente pubblici, ormai destinati a scomparire, una lotta volta a ritrovare i propri luoghi di identificazione e appartenenza alla città, ormai snaturata e soffocata dall’incessante e incontrollabile processo di cementizzazione urbana. Questa tesi sviluppa un approccio innovativo nel contesto post-bellico mediorientale, attraverso una proposta di riqualificazione urbana che mira a riscoprire nuovi luoghi, dando loro un ruolo fondamentale nell’identificare una nuova identità, per la città stessa e per i suoi abitanti. Il progetto affronta altresì uno scenario infrastrutturale ad ampia scala, frutto di un’analisi critica rispetto a particolari scelte urbanistiche del passato e totalmente ignorata nei recenti progetti municipali e governativi per la città. Le aree scelte sono fra quelle a maggior potenzialità urbana della città: Rue Damas (via Damasco), che percorre lungo l’asse Nord-Sud, e rappresentava la linea di demarcazione che separava la parte Est (cristiana) dalla parte Ovest (musulmana) durante la guerra; e Piazza dei Martiri, uno spazio iconico che ha giocato diversi ruoli cruciali nella storia urbana moderna di Beirut. La guerra, particolarmente in queste due aree, ha lasciato lotti vacanti e edifici abbandonati che oggi rappresentano vuoti di vasta superficie, con grande potenziale per ricucire e rimettere in gioco i collegamenti urbani, sociali e culturali nella vita quotidiana dei cittadini.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
2017_07_KIBLAWI.pdf
non accessibile
Descrizione: Thesis Text
Dimensione
13.62 MB
Formato
Adobe PDF
|
13.62 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in POLITesi sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/10589/134940