The most common vertebral fracture among the elderly and post-menopausal women is the anterior wedge-shape compression fracture and its major cause is the loss of bone mineral density (BMD) due to osteoporosis. Many surgical procedures aimed to manage this clinical condition can cause an alteration of the vertebral stiffness along the human spine, thus increasing the risk of subsequent fractures. In the augmentation procedures, the optimal volume of cement injected in the collapsed vertebral body has not yet been defined. It has been found that volume and stiffness of the cement (PMMA) injected in the fractured vertebral body during vertebroplasty or kyphoplasty affect the load transfer and can cause adjacent vertebrae to fail, due to a stiffness mismatch between the treated and intact vertebra. Therefore, many works in literature investigated the optimal amount of PMMA and also its Young’s modulus (which can be modified by introducing pores or by copolymerization) that has to be used without causing stress-shielding problems, leakage of the cement and changing the kinematics of surrounding levels, hence causing their failure. The optimization of bone cement volume should depend on the size, bone density and vertebral stiffness of the specific patient. For this reason, it is necessary to know the value of stiffness of each vertebra and, especially, how it varies along the spine, to define the proper amount of cement volume, taking into account the level damaged, the age and clinical conditions of the patient, and to be able to restore the physiological stiffness distribution along the spine. Therefore, the major purpose of this work is to assess the stiffness of human vertebrae and its variability along the spine. Since most common fractures are the wedge-shape fractures and they occur most frequently in the thoracic spine, this region is specifically analyzed. In order to accomplish this goal, specimen-specific finite element models of thoracic vertebral bodies were developed from Computed Tomography (CT) scans of 10 subjects. Both the three-dimensional geometry and heterogeneous mechanical properties distribution were extracted from the CT data. Mathematical relationships taken from literature were used to assign elastic-perfectly plastic material properties, converting the grey value associated to each element of the model into a value of Young modulus and yield strain. The boundary conditions defined in each simulation induced an anterior wedge-shape compression. Once the finite element model was solved, some parameters were computed, such as the stiffness, the failure load and the wedge angle. The stiffness for each vertebra was determined using the slope of the fitting line of the initial portion of load displacement curve, with a coefficient of determination R2 of 0.98, taking into account the inherent non linearity of the analysis. On the other hand, the failure load was computed as the reaction force at the Reference Node, when 2% of the elements reached a total strain of 0.007. The average stiffness in the upper thoracic spine was found to be 73% of the stiffness in the mid thoracic and 62% of the stiffness in the lower thoracic. Moreover, it increased within the upper and mid thoracic region, while decreased in the lower region. On the other hand, the average failure loads increased nearly of 3000 N from the upper to the mid thoracic, as well as from the mid to the lower thoracic region. The failure load in the upper thoracic spine was 64% of the failure load in the mid thoracic and 47% of the failure load in the lower thoracic. Although both the average vertebral stiffness and the average failure load increased in the cranio-caudal direction (from T1 to T12), the failure load kept increasing nearly monotonically along the thoracic spine, while the trend for the stiffness was characterized by a considerable surge between T5 and T7. Our stiffness and failure load values were in the same range of found in the study from which the boundary conditions of the simulations were inspired (35,000 ± 9700 N/mm for the stiffness, 5300 ± 1670 N for the failure load). The discrepancy between our results and those reported in this study may be caused by the different harvesting region (thoracic vs lumbar). The presented work is able to provide a first insight in the vertebral stiffness variability along the thoracic spine. This information has potential implications for the evaluation of the risks of compression fractures, as well as, the improvement of surgical procedures, such as vertebroplasty and kyphoplasty. Enhancement of the current study can be obtained through the validation of the proposed methodology with cadaveric experiments, and an increased sample size.

La frattura vertebrale più comune tra gli anziani e le donne in post-menopausa è la frattura da compressione a cuneo anteriore e la sua causa principale è la perdita di densità minerale ossea (BMD) dovuta all’osteoporosi. Molte procedure chirurgiche volte a gestire questa condizione clinica possono causare un’alterazione della rigidezza delle vertebre lungo la colonna, aumentando così il rischio di nuove fratture. Nelle procedure di accrescimento osseo, non è stato ancora definito quale sia il volume ottimale di cemento da iniettare nel corpo vertebrale che ha subito la frattura. È stato tuttavia riscontrato che il volume e la rigidezza del cemento (PMMA) iniettato durante la vertebroplastica o la cifoplastica influiscono sul trasferimento del carico e possono causare il cedimento delle vertebre adiacenti, a causa di un eccessivo aumento della rigidezza della vertebra trattata. Molti lavori in letteratura hanno ricercato la quantità ottimale e il modulo di Young del PMMA (che può essere modificato introducendo pori o tramite copolimerizzazione) tali da prevenire la schermatura del carico (stress shielding) e la fuoriuscita del cemento, e non modificare la cinematica delle vertebre circostanti.
 L’ottimizzazione del volume di cemento osseo iniettato dipende dalla dimensione, dalla densità ossea e dalla rigidezza della vertebra fratturata e di quelle adiacenti. Pertanto, è necessario conoscere il valore di rigidezza di ogni vertebra e, soprattutto, come la rigidezza varia lungo la colonna vertebrale, al fine di definire il volume di cemento ideale, tenendo conto del livello danneggiato, dell’età e delle condizioni cliniche del paziente, e per essere in grado di ripristinare la distribuzione fisiologica di rigidezza lungo la colonna.
 Di conseguenza, lo scopo principale di questa tesi è valutare la rigidezza delle vertebre e la sua variabilità lungo la colonna vertebrale. Essendo le fratture più comuni quelle a cuneo che si verificano in particolare a livello della spina dorsale toracica, si è deciso di prendere in esame in particolare questa regione. Al fine di raggiungere questo obiettivo, sono stati generati dei modelli agli elementi finiti patient-specific dei corpi vertebrali a partire dalle immagini da tomografia computerizzata (TAC) di 10 soggetti. Sia la geometria tridimensionale, che la distribuzione eterogenea delle proprietà meccaniche, sono state ricavate dalle immagini TAC. Relazioni empiriche trovate in letteratura sono state utilizzate per convertire il valore di grigio associato ad ogni elemento in un valore di modulo di Young e di limite di snervamento, assumendo un comportamento elastico-perfettamente plastico. Le condizioni al contorno sono state definite in modo tale da indurre una compressione a cuneo anteriore. Una volta risolto il modello agli elementi finiti in ABAQUS, sono stati calcolati alcuni parametri, quali la rigidezza, il carico di rottura e l’angolo di cuneizzazione. La rigidezza di ogni vertebra è stata determinata calcolando la pendenza della linea di regressione lineare della porzione iniziale della curva forza-spostamento, con un coefficiente di determinazione R2 di 0.98, tenendo in considerazione l’intrinseca non linearità delle analisi. Mentre il carico di rottura è stato ricavato come la forza di reazione agente sul Nodo di Riferimento, quando il 2% degli elementi raggiunge una deformazione totale di 0.007. Le distribuzioni della rigidezza e del carico di rottura lungo la colonna vertebrale sono state ottenute mediando i valori ottenuti in ciascun paziente. La rigidezza media nella colonna toracica superiore risulta pari al 73% della rigidezza del tratto toracico medio e al 62% del tratto toracico inferiore. Inoltre, si riscontrato un aumentato della rigidezza in direzione cranio-caudale in tutte e tre le regioni, ma in particolare nella colonna toracica media. D’altra parte, il carico di rottura medio auementa di quasi 3000 N dalla regione toracica superiore a quella media, nonché dalla regione toracica media a quella inferiore. Il carico di rottura medio della colonna vertebrale toracica superiore è il 64% del carico di rottura del tratto toracico medio e il 47% del tratto toracico inferiore. Sebbene sia la rigidezza media che il carico di rottura medio aumentino in direzione cranio-caudale (da T1 a T12), mentre il carico di rottura vertebrale cresce progressivamente lungo la colonna toracica, l’andamento della rigidezza è caratterizzato da un notevole aumento in particolare tra T5 e T7. Infatti, analizzando le linee di regressione lineare ottenute considerando i valori di rigidezza da T1 a T4 e da T4 a T7, il t-test ha riportato un significativo aumento di pendenza (p < 0.05). I nostri risultati relativi alla rigidezza e al carico di rottura sono nello stesso range di quelli trovati nello studio al quale si sono ispirate le condizioni al contorno applicate nelle simulazioni (35,000 ± 9,700 N/mm per la rigidezza, 5,300 ± 1,670 N per il carico di rottura). La discrepanza tra i nostri risultati e quelli riportati in questo studio può essere causata dalla diversa regione anatomica studiata (toracica vs lombare). In conclusione, il presente lavoro è in grado di fornire una prima analisi della variabilità della rigidezza vertebrale lungo la spina dorsale toracica. Questa informazione ha potenziali implicazioni nella valutazione del rischio di frattura a compressione e nel miglioramento delle relative procedure chirurgiche, come la vertebroplastica e la cifoplastica. Il seguente studio può essere potenziato attraverso una ulteriore validazione della metodologia proposta tramite esperimenti cadaverici e aumentando il numero di pazienti.

Assessment of vertebral stiffness variability under anterior wedge compression in the human thoracic spine

COLADO GIMENO, ALESSIA
2016/2017

Abstract

The most common vertebral fracture among the elderly and post-menopausal women is the anterior wedge-shape compression fracture and its major cause is the loss of bone mineral density (BMD) due to osteoporosis. Many surgical procedures aimed to manage this clinical condition can cause an alteration of the vertebral stiffness along the human spine, thus increasing the risk of subsequent fractures. In the augmentation procedures, the optimal volume of cement injected in the collapsed vertebral body has not yet been defined. It has been found that volume and stiffness of the cement (PMMA) injected in the fractured vertebral body during vertebroplasty or kyphoplasty affect the load transfer and can cause adjacent vertebrae to fail, due to a stiffness mismatch between the treated and intact vertebra. Therefore, many works in literature investigated the optimal amount of PMMA and also its Young’s modulus (which can be modified by introducing pores or by copolymerization) that has to be used without causing stress-shielding problems, leakage of the cement and changing the kinematics of surrounding levels, hence causing their failure. The optimization of bone cement volume should depend on the size, bone density and vertebral stiffness of the specific patient. For this reason, it is necessary to know the value of stiffness of each vertebra and, especially, how it varies along the spine, to define the proper amount of cement volume, taking into account the level damaged, the age and clinical conditions of the patient, and to be able to restore the physiological stiffness distribution along the spine. Therefore, the major purpose of this work is to assess the stiffness of human vertebrae and its variability along the spine. Since most common fractures are the wedge-shape fractures and they occur most frequently in the thoracic spine, this region is specifically analyzed. In order to accomplish this goal, specimen-specific finite element models of thoracic vertebral bodies were developed from Computed Tomography (CT) scans of 10 subjects. Both the three-dimensional geometry and heterogeneous mechanical properties distribution were extracted from the CT data. Mathematical relationships taken from literature were used to assign elastic-perfectly plastic material properties, converting the grey value associated to each element of the model into a value of Young modulus and yield strain. The boundary conditions defined in each simulation induced an anterior wedge-shape compression. Once the finite element model was solved, some parameters were computed, such as the stiffness, the failure load and the wedge angle. The stiffness for each vertebra was determined using the slope of the fitting line of the initial portion of load displacement curve, with a coefficient of determination R2 of 0.98, taking into account the inherent non linearity of the analysis. On the other hand, the failure load was computed as the reaction force at the Reference Node, when 2% of the elements reached a total strain of 0.007. The average stiffness in the upper thoracic spine was found to be 73% of the stiffness in the mid thoracic and 62% of the stiffness in the lower thoracic. Moreover, it increased within the upper and mid thoracic region, while decreased in the lower region. On the other hand, the average failure loads increased nearly of 3000 N from the upper to the mid thoracic, as well as from the mid to the lower thoracic region. The failure load in the upper thoracic spine was 64% of the failure load in the mid thoracic and 47% of the failure load in the lower thoracic. Although both the average vertebral stiffness and the average failure load increased in the cranio-caudal direction (from T1 to T12), the failure load kept increasing nearly monotonically along the thoracic spine, while the trend for the stiffness was characterized by a considerable surge between T5 and T7. Our stiffness and failure load values were in the same range of found in the study from which the boundary conditions of the simulations were inspired (35,000 ± 9700 N/mm for the stiffness, 5300 ± 1670 N for the failure load). The discrepancy between our results and those reported in this study may be caused by the different harvesting region (thoracic vs lumbar). The presented work is able to provide a first insight in the vertebral stiffness variability along the thoracic spine. This information has potential implications for the evaluation of the risks of compression fractures, as well as, the improvement of surgical procedures, such as vertebroplasty and kyphoplasty. Enhancement of the current study can be obtained through the validation of the proposed methodology with cadaveric experiments, and an increased sample size.
AMIROUCHE, FARID M.L.
SOLITRO, GIOVANNI F.
ING - Scuola di Ingegneria Industriale e dell'Informazione
21-dic-2017
2016/2017
La frattura vertebrale più comune tra gli anziani e le donne in post-menopausa è la frattura da compressione a cuneo anteriore e la sua causa principale è la perdita di densità minerale ossea (BMD) dovuta all’osteoporosi. Molte procedure chirurgiche volte a gestire questa condizione clinica possono causare un’alterazione della rigidezza delle vertebre lungo la colonna, aumentando così il rischio di nuove fratture. Nelle procedure di accrescimento osseo, non è stato ancora definito quale sia il volume ottimale di cemento da iniettare nel corpo vertebrale che ha subito la frattura. È stato tuttavia riscontrato che il volume e la rigidezza del cemento (PMMA) iniettato durante la vertebroplastica o la cifoplastica influiscono sul trasferimento del carico e possono causare il cedimento delle vertebre adiacenti, a causa di un eccessivo aumento della rigidezza della vertebra trattata. Molti lavori in letteratura hanno ricercato la quantità ottimale e il modulo di Young del PMMA (che può essere modificato introducendo pori o tramite copolimerizzazione) tali da prevenire la schermatura del carico (stress shielding) e la fuoriuscita del cemento, e non modificare la cinematica delle vertebre circostanti.
 L’ottimizzazione del volume di cemento osseo iniettato dipende dalla dimensione, dalla densità ossea e dalla rigidezza della vertebra fratturata e di quelle adiacenti. Pertanto, è necessario conoscere il valore di rigidezza di ogni vertebra e, soprattutto, come la rigidezza varia lungo la colonna vertebrale, al fine di definire il volume di cemento ideale, tenendo conto del livello danneggiato, dell’età e delle condizioni cliniche del paziente, e per essere in grado di ripristinare la distribuzione fisiologica di rigidezza lungo la colonna.
 Di conseguenza, lo scopo principale di questa tesi è valutare la rigidezza delle vertebre e la sua variabilità lungo la colonna vertebrale. Essendo le fratture più comuni quelle a cuneo che si verificano in particolare a livello della spina dorsale toracica, si è deciso di prendere in esame in particolare questa regione. Al fine di raggiungere questo obiettivo, sono stati generati dei modelli agli elementi finiti patient-specific dei corpi vertebrali a partire dalle immagini da tomografia computerizzata (TAC) di 10 soggetti. Sia la geometria tridimensionale, che la distribuzione eterogenea delle proprietà meccaniche, sono state ricavate dalle immagini TAC. Relazioni empiriche trovate in letteratura sono state utilizzate per convertire il valore di grigio associato ad ogni elemento in un valore di modulo di Young e di limite di snervamento, assumendo un comportamento elastico-perfettamente plastico. Le condizioni al contorno sono state definite in modo tale da indurre una compressione a cuneo anteriore. Una volta risolto il modello agli elementi finiti in ABAQUS, sono stati calcolati alcuni parametri, quali la rigidezza, il carico di rottura e l’angolo di cuneizzazione. La rigidezza di ogni vertebra è stata determinata calcolando la pendenza della linea di regressione lineare della porzione iniziale della curva forza-spostamento, con un coefficiente di determinazione R2 di 0.98, tenendo in considerazione l’intrinseca non linearità delle analisi. Mentre il carico di rottura è stato ricavato come la forza di reazione agente sul Nodo di Riferimento, quando il 2% degli elementi raggiunge una deformazione totale di 0.007. Le distribuzioni della rigidezza e del carico di rottura lungo la colonna vertebrale sono state ottenute mediando i valori ottenuti in ciascun paziente. La rigidezza media nella colonna toracica superiore risulta pari al 73% della rigidezza del tratto toracico medio e al 62% del tratto toracico inferiore. Inoltre, si riscontrato un aumentato della rigidezza in direzione cranio-caudale in tutte e tre le regioni, ma in particolare nella colonna toracica media. D’altra parte, il carico di rottura medio auementa di quasi 3000 N dalla regione toracica superiore a quella media, nonché dalla regione toracica media a quella inferiore. Il carico di rottura medio della colonna vertebrale toracica superiore è il 64% del carico di rottura del tratto toracico medio e il 47% del tratto toracico inferiore. Sebbene sia la rigidezza media che il carico di rottura medio aumentino in direzione cranio-caudale (da T1 a T12), mentre il carico di rottura vertebrale cresce progressivamente lungo la colonna toracica, l’andamento della rigidezza è caratterizzato da un notevole aumento in particolare tra T5 e T7. Infatti, analizzando le linee di regressione lineare ottenute considerando i valori di rigidezza da T1 a T4 e da T4 a T7, il t-test ha riportato un significativo aumento di pendenza (p < 0.05). I nostri risultati relativi alla rigidezza e al carico di rottura sono nello stesso range di quelli trovati nello studio al quale si sono ispirate le condizioni al contorno applicate nelle simulazioni (35,000 ± 9,700 N/mm per la rigidezza, 5,300 ± 1,670 N per il carico di rottura). La discrepanza tra i nostri risultati e quelli riportati in questo studio può essere causata dalla diversa regione anatomica studiata (toracica vs lombare). In conclusione, il presente lavoro è in grado di fornire una prima analisi della variabilità della rigidezza vertebrale lungo la spina dorsale toracica. Questa informazione ha potenziali implicazioni nella valutazione del rischio di frattura a compressione e nel miglioramento delle relative procedure chirurgiche, come la vertebroplastica e la cifoplastica. Il seguente studio può essere potenziato attraverso una ulteriore validazione della metodologia proposta tramite esperimenti cadaverici e aumentando il numero di pazienti.
Tesi di laurea Magistrale
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