Informal living is the consolidation of a diffused fear of space, due to the transformation of something that once appeared familiar and domestic in something adverse and inhospitable. The relationship with the home changes, becoming the bearer of a sense of non-belonging. The disturbing nature of informal settlements leads to a desire to make a tabula rasa, to forget, to erase the urban memory of those places, denying a culture of disinterested living in the spaces of which one is not personally responsible. Urban memory, especially in developing cities, must not be neglected, the presence of the past is important and must become the foundation for future development. The current city has a stratified reality in which it welcomes diversity within it and should not forget it or eliminate it in the transformation process, but encourage the difference as a positive character. My thesis wants to propose a different approach: to combine the architectural, structural and urban planning bases with the non-premeditated and "accidental" opportunities found in informal settlements. My field of action focuses on informal settlements in Chile, analysing those of Santiago. The settlement chosen as the experimental base is Juan Pablo II located north-east of the capital, the oldest and with the highest number of families residing within it. The design solution adopted aims at creating social housing that can meet the different needs of families, increasing their value over time. It would be nice if an accommodation told the story of who lives it, that it grows with the community it hosts. There are four tools (housing tools) that initiate a controlled spontaneous transformation able to maintain the formal characteristics of the settlement, its identity and its memory. Through a participatory process and an incremental development, we want to give back a home to the community, regardless the definition of informal / formal. I believe that a sustainable urban development is necessary and should approach the community and tries to restore comfort in those areas that are often forgotten.

L’abitare informale viene visto come il consolidamento di una paura diffusa dello spazio, dovuta alla trasformazione di qualcosa che un tempo appariva familiare e domestico in qualcosa di avverso ed inospitale. Il rapporto con la casa cambia diventando portatore di un senso di non appartenenza. Il carattere perturbante degli insediamenti informali porta ad una volontà di fare tabula rasa, di dimenticare, cancellare la memoria urbana di quei luoghi, negando una cultura di abitare disinteressata agli spazi di cui non si è proprietari o responsabili in prima persona. La memoria urbana, specialmente nelle città in via di sviluppo, non deve essere trascurata, la presenza del passato è importante e deve diventare fondamento per lo sviluppo futuro. La città attuale ha una realtà stratificata in quanto accoglie la diversità al proprio interno e non dovrebbe dimenticarla o eliminarla nel processo di trasformazione, ma incentivare la differenza come carattere positivo. La mia tesi vuole proporre un approccio differente: combinare le basi architettoniche, strutturali e di pianificazione territoriale con le opportunità non premeditate e "accidentali" riscontrate negli insediamenti informali. Il mio campo d’azione si concentra sugli insediamenti informali presenti in Cile, analizzando in particolar modo quelli di Santiago. L’insediamento scelto come base sperimentale è Juan Pablo II situato a nord est della capitale, il più antico e con il numero più alto di famiglie residenti al suo interno. La soluzione progettuale da me adottata punta alla creazione di abitazioni sociali che possano rispondere alle diverse esigenze delle famiglie, aumentando il loro valore nel tempo. Sarebbe bello che un alloggio raccontasse la storia di chi lo vive, che cresca insieme alla comunità che ospita. Sono previsti quattro strumenti (housing tools) che danno inizio ad una trasformazione spontanea controllata in grado di mantenere i caratteri formali dell’insediamento, la sua identità e la sua memoria. Tramite un processo partecipato e ad uno sviluppo incrementale si vuole ridare una casa alla comunità, discostandosi dalla definizione di informale/formale. Si ritiene sia necessario uno sviluppo urbano sostenibile che dialoghi con la comunità e cerchi di ripristinare un comfort in quelle aree molto spesso dimenticate.

The in-formal home

FURLAN, ERICA
2016/2017

Abstract

Informal living is the consolidation of a diffused fear of space, due to the transformation of something that once appeared familiar and domestic in something adverse and inhospitable. The relationship with the home changes, becoming the bearer of a sense of non-belonging. The disturbing nature of informal settlements leads to a desire to make a tabula rasa, to forget, to erase the urban memory of those places, denying a culture of disinterested living in the spaces of which one is not personally responsible. Urban memory, especially in developing cities, must not be neglected, the presence of the past is important and must become the foundation for future development. The current city has a stratified reality in which it welcomes diversity within it and should not forget it or eliminate it in the transformation process, but encourage the difference as a positive character. My thesis wants to propose a different approach: to combine the architectural, structural and urban planning bases with the non-premeditated and "accidental" opportunities found in informal settlements. My field of action focuses on informal settlements in Chile, analysing those of Santiago. The settlement chosen as the experimental base is Juan Pablo II located north-east of the capital, the oldest and with the highest number of families residing within it. The design solution adopted aims at creating social housing that can meet the different needs of families, increasing their value over time. It would be nice if an accommodation told the story of who lives it, that it grows with the community it hosts. There are four tools (housing tools) that initiate a controlled spontaneous transformation able to maintain the formal characteristics of the settlement, its identity and its memory. Through a participatory process and an incremental development, we want to give back a home to the community, regardless the definition of informal / formal. I believe that a sustainable urban development is necessary and should approach the community and tries to restore comfort in those areas that are often forgotten.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
20-dic-2017
2016/2017
L’abitare informale viene visto come il consolidamento di una paura diffusa dello spazio, dovuta alla trasformazione di qualcosa che un tempo appariva familiare e domestico in qualcosa di avverso ed inospitale. Il rapporto con la casa cambia diventando portatore di un senso di non appartenenza. Il carattere perturbante degli insediamenti informali porta ad una volontà di fare tabula rasa, di dimenticare, cancellare la memoria urbana di quei luoghi, negando una cultura di abitare disinteressata agli spazi di cui non si è proprietari o responsabili in prima persona. La memoria urbana, specialmente nelle città in via di sviluppo, non deve essere trascurata, la presenza del passato è importante e deve diventare fondamento per lo sviluppo futuro. La città attuale ha una realtà stratificata in quanto accoglie la diversità al proprio interno e non dovrebbe dimenticarla o eliminarla nel processo di trasformazione, ma incentivare la differenza come carattere positivo. La mia tesi vuole proporre un approccio differente: combinare le basi architettoniche, strutturali e di pianificazione territoriale con le opportunità non premeditate e "accidentali" riscontrate negli insediamenti informali. Il mio campo d’azione si concentra sugli insediamenti informali presenti in Cile, analizzando in particolar modo quelli di Santiago. L’insediamento scelto come base sperimentale è Juan Pablo II situato a nord est della capitale, il più antico e con il numero più alto di famiglie residenti al suo interno. La soluzione progettuale da me adottata punta alla creazione di abitazioni sociali che possano rispondere alle diverse esigenze delle famiglie, aumentando il loro valore nel tempo. Sarebbe bello che un alloggio raccontasse la storia di chi lo vive, che cresca insieme alla comunità che ospita. Sono previsti quattro strumenti (housing tools) che danno inizio ad una trasformazione spontanea controllata in grado di mantenere i caratteri formali dell’insediamento, la sua identità e la sua memoria. Tramite un processo partecipato e ad uno sviluppo incrementale si vuole ridare una casa alla comunità, discostandosi dalla definizione di informale/formale. Si ritiene sia necessario uno sviluppo urbano sostenibile che dialoghi con la comunità e cerchi di ripristinare un comfort in quelle aree molto spesso dimenticate.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/138592