Nowadays Milan is becoming the scene of possible transformations in the urban morphology reorganisation. Due to the recent economic crisis and the increasing soil consumption awareness, the trend leads to the densification of the established city and reuse of vacant areas. The disused 1.300.000 square meters’ railway yard system, located in different parts of Milan, become the opportunity to redesign the city’s structure. These voids in the city, crossed by railway tracks which are still active and fenced by impenetrable walls, represents inaccessible reservoirs which waste the city’s resources without return. The inaccessibility leads to the perception of vagueness about their role in the city, causing a clear hiatus in the urban fabric. Even if these areas are not depositary of a collective identity, they cannot be conceived as voids in a physical matter. Indeed, it is possible to detect the presence of forms of vegetation, that reassert their rights on the built environment and on contaminated soil. Consequently, any kind of regeneration of the terrain vagues, should take into consideration the residual existing conditions, to set up a palimpsest in which it is possible to read cultural, biological and architectural inherent traces simultaneously. Nevertheless, the dimension and the complexity of these transformations make them unsustainable in a short-term period and as a unitary project, that involves an individual developer and economic resource. In this frame, the time in-between the current vacancy and the formalised project plays a primary role in outlining which are the priorities of a development process: reconstituting a common ground and rebalancing ecology. The invariance definition, suggested by the implicit features of the site, settles a prefiguration matrix to orient future settlements, making room for the unpredictable. New temporary and permanent elements will take place according to an incremental strategy of transformation. This iteration and adaptation process doesn’t aim for a definitive and pre-established state but for a metamorphic and evolutionary process made by a succession of intermediate stage, where every step springs from the previous one and trigger the following. The whole process aim to the outline of a public and vegetal spaces texture that widen, compress, thin put and thicken according to the necessities of each phase, making room for the experimentation of deep rooted or ephemeral practices. The city’s common ground become the stage of multiple anthropic and natural narrations.

Oggi Milano è scenario di molteplici trasformazioni che costituiscono un potenziale di rigenerazione del tessuto architettonico e sociale della città. In seguito alla recente crisi economica e alla crescita di consapevolezza della necessità di contenere il consumo di suolo, la tendenza è quella di densificare la città consolidata e di riutilizzare le aree libere. I 1.300.000 metri quadri inutilizzati del sistema degli scali ferroviari diventano un’opportunità per ridisegnare la struttura urbana. Questi vuoti nella città, segnati da una teoria di binari, in parte ancora attivi, rappresentano delle riserve impenetrabili che consumano le energie della città senza restituire un contributo significativo. L’inacessibilità porta a una percezione di vaghezza rispetto al ruolo di queste aree per la città, costituendo delle vere e proprie cesure nel tessuto urbano. Benché queste aree non siano depositarie di una identità collettiva, il loro vuoto di significato non corrisponde ad un vuoto fisico. Infatti, al loro interno si rivela la presenza di una vegetazione spontanea che riafferma i suoi diritti sullo spazio antropizzato e sul suolo contaminato. Di conseguenza, ogni tentativo di rigenerazione di terrain vagues dovrebbe partire dalle condizioni residuali esistenti per delineare un palinsesto in cui sia possibile leggere simultaneamente le tracce culturali, ecologiche e architettoniche insite in ogni frammento urbanizzato. Tuttavia, nel caso degli scali ferroviari dismessi, la dimensione e la complessità di queste trasformazioni ne rende insostenibile il loro sviluppo a breve termine attraverso risorse e progetti unitari. Il tempo tra l’attuale vaghezza e la futura definizione formale dei progetti sulle aree riveste un ruolo di primaria importanza nella definizione di ciò che è prioritario nei processi di trasformazione: la ricostituzione di un terreno comune e un riequilibrio ecologico. La definizione di un’invariante dettata dalle condizioni proprie del sito stabilisce una matrice di prefigurazione per i futuri insediamenti, lasciando aperti i margini dell’imprevedibilità, dove i nuovi elementi perenni e provvisori troveranno posto in relazione a una strategia incrementale di trasformazione. Questo processo di iterazione e adattamento non mira alla definizione di uno stadio definitivo precostituito ma a un processo metamorfico evolutivo fatto di una successione di stadi intermedi, dove ciascuna delle fasi è conseguenza della precedente e precondizione della futura. L’intero processo aspira alla definizione di una trama di spazi pubblici e vegetali, che si allarga, comprime, dirada e densifica in relazione alla necessità di ogni fase della trasformazione, lasciando spazio a una sperimentazione di pratiche che possono trovare il loro radicamento o durare il tempo dell’effimero. Il terreno comune della città diventa così scenario di molteplici narrazioni antropiche e naturali.

Reclaiming common ground : an incremental process to set up an invariance dimension in open-ended urban regenerations

GIAMBELLI, ELENA CATERINA;GRANDIS, LAURA
2016/2017

Abstract

Nowadays Milan is becoming the scene of possible transformations in the urban morphology reorganisation. Due to the recent economic crisis and the increasing soil consumption awareness, the trend leads to the densification of the established city and reuse of vacant areas. The disused 1.300.000 square meters’ railway yard system, located in different parts of Milan, become the opportunity to redesign the city’s structure. These voids in the city, crossed by railway tracks which are still active and fenced by impenetrable walls, represents inaccessible reservoirs which waste the city’s resources without return. The inaccessibility leads to the perception of vagueness about their role in the city, causing a clear hiatus in the urban fabric. Even if these areas are not depositary of a collective identity, they cannot be conceived as voids in a physical matter. Indeed, it is possible to detect the presence of forms of vegetation, that reassert their rights on the built environment and on contaminated soil. Consequently, any kind of regeneration of the terrain vagues, should take into consideration the residual existing conditions, to set up a palimpsest in which it is possible to read cultural, biological and architectural inherent traces simultaneously. Nevertheless, the dimension and the complexity of these transformations make them unsustainable in a short-term period and as a unitary project, that involves an individual developer and economic resource. In this frame, the time in-between the current vacancy and the formalised project plays a primary role in outlining which are the priorities of a development process: reconstituting a common ground and rebalancing ecology. The invariance definition, suggested by the implicit features of the site, settles a prefiguration matrix to orient future settlements, making room for the unpredictable. New temporary and permanent elements will take place according to an incremental strategy of transformation. This iteration and adaptation process doesn’t aim for a definitive and pre-established state but for a metamorphic and evolutionary process made by a succession of intermediate stage, where every step springs from the previous one and trigger the following. The whole process aim to the outline of a public and vegetal spaces texture that widen, compress, thin put and thicken according to the necessities of each phase, making room for the experimentation of deep rooted or ephemeral practices. The city’s common ground become the stage of multiple anthropic and natural narrations.
TOSCANI, CHIARA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
20-apr-2018
2016/2017
Oggi Milano è scenario di molteplici trasformazioni che costituiscono un potenziale di rigenerazione del tessuto architettonico e sociale della città. In seguito alla recente crisi economica e alla crescita di consapevolezza della necessità di contenere il consumo di suolo, la tendenza è quella di densificare la città consolidata e di riutilizzare le aree libere. I 1.300.000 metri quadri inutilizzati del sistema degli scali ferroviari diventano un’opportunità per ridisegnare la struttura urbana. Questi vuoti nella città, segnati da una teoria di binari, in parte ancora attivi, rappresentano delle riserve impenetrabili che consumano le energie della città senza restituire un contributo significativo. L’inacessibilità porta a una percezione di vaghezza rispetto al ruolo di queste aree per la città, costituendo delle vere e proprie cesure nel tessuto urbano. Benché queste aree non siano depositarie di una identità collettiva, il loro vuoto di significato non corrisponde ad un vuoto fisico. Infatti, al loro interno si rivela la presenza di una vegetazione spontanea che riafferma i suoi diritti sullo spazio antropizzato e sul suolo contaminato. Di conseguenza, ogni tentativo di rigenerazione di terrain vagues dovrebbe partire dalle condizioni residuali esistenti per delineare un palinsesto in cui sia possibile leggere simultaneamente le tracce culturali, ecologiche e architettoniche insite in ogni frammento urbanizzato. Tuttavia, nel caso degli scali ferroviari dismessi, la dimensione e la complessità di queste trasformazioni ne rende insostenibile il loro sviluppo a breve termine attraverso risorse e progetti unitari. Il tempo tra l’attuale vaghezza e la futura definizione formale dei progetti sulle aree riveste un ruolo di primaria importanza nella definizione di ciò che è prioritario nei processi di trasformazione: la ricostituzione di un terreno comune e un riequilibrio ecologico. La definizione di un’invariante dettata dalle condizioni proprie del sito stabilisce una matrice di prefigurazione per i futuri insediamenti, lasciando aperti i margini dell’imprevedibilità, dove i nuovi elementi perenni e provvisori troveranno posto in relazione a una strategia incrementale di trasformazione. Questo processo di iterazione e adattamento non mira alla definizione di uno stadio definitivo precostituito ma a un processo metamorfico evolutivo fatto di una successione di stadi intermedi, dove ciascuna delle fasi è conseguenza della precedente e precondizione della futura. L’intero processo aspira alla definizione di una trama di spazi pubblici e vegetali, che si allarga, comprime, dirada e densifica in relazione alla necessità di ogni fase della trasformazione, lasciando spazio a una sperimentazione di pratiche che possono trovare il loro radicamento o durare il tempo dell’effimero. Il terreno comune della città diventa così scenario di molteplici narrazioni antropiche e naturali.
Tesi di laurea Magistrale
File allegati
File Dimensione Formato  
2018_04_Giambelli_Grandis_01.pdf

solo utenti autorizzati dal 09/04/2019

Descrizione: Testo tesi
Dimensione 69.63 MB
Formato Adobe PDF
69.63 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri
2018_04_Giambelli_Grandis_02.pdf

solo utenti autorizzati dal 09/04/2019

Descrizione: Allegato approfondimento bonifica
Dimensione 36.12 MB
Formato Adobe PDF
36.12 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri

I documenti in POLITesi sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/140636