This thesis considers two economic sectors that are today, in different forms, in the mountain context, in a condition of deep crisis (agriculture and tourism) and determine a series of heavy environmental, social economical imbalances. The work try to build a solid and concrete prospect for both of them, enhancing local territorial resources by extending the range of tourism offers, in order to offer new opportunities to relaunch small mountain areas. In particular, taking into account the Alta Valle Seriana area, which is still moving towards the search for an adequate and compatible form of tourism, the work proposes a connection between the agro-forestry-pastoral world and ecotourism, through the revision of a badly set (but with incredible potential) instrument which is the Ecomuseum of the Orobie. The project works on two scales: at the territorial scale it recalibrates the network of Ecomuseum routes in order to enhance and strengthen the mountain pasture system; on the architectural scale it proposes the design of a pavilion, the real activating element of the ecomuseum circuit. It consists in a temporary, modular and flexible, easily transportable, mountable and dismountable and self-sufficient energy structure, able to ensure the use of space in different ways thanks to its configurational variability: it can serve both to implement the receptivity, configuring itself as a purely ecotouristic attraction, both to host ecomuseal activities, configuring itself as an exhibition space, didactic laboratory or conference space. Through a social, economic and environmental sustainable intervention the present thesis proposes a pilot project able to reconcile the need of environmental protection with economic and social development, in a perspective that considers its wider and widespread use and also the transmission of a new conscious approach to the mountain ecosystem.

Nelle regioni privilegiate d’Europa, grazie alla rivoluzione agraria del XIX secolo l’agricoltura registra un grande incremento produttivo. La successiva forte spinta innovativa si fa sentire all’inizio degli anni sessanta e conduce all’odierna agricoltura industriale dominata dalle tecnologie genetiche, che si sviluppa quasi interamente all’interno di locali chiusi quali serre e stalle e conduce ad una elevata specializzazione produttiva. In questo tipo di sviluppo hanno assunto un ruolo dominante le grandi aziende, che, aumentando esponenzialmente la produttività, sono in grado di definire i prezzi e i tempi del mercato. Questa condizione determina un’assoluta non-competitività sui mercati globali dell’agricoltura di montagna che, potendo essere praticata solo a prezzo di grande fatica per via dell’eccessiva umidità, altitudine o acclività dei terreni, già in periodo preindustriale produceva un esiguo guadagno. Così, nella nostra montagna, l’attività agro-silvo-pastorale diviene gradualmente un’attività residuale, non più sufficiente al sostentamento di un’intera famiglia e impossibilitata, da sola, a garantire la vitalità del mondo rurale montano. Il tracollo dell’agricoltura rappresenta però qualcosa di molto più importante della semplice scomparsa di un ramo dell’attività economica: con essa scompare infatti il paesaggio culturale alpino tradizionale, ampiamente trascurato (anzi, spesso minacciato) anche dalle contemporanee forme di turismo, sostanzialmente basate su una sorta di mono-prodotto stagionale altamente specializzato e infrastrutturato. Se infatti l’attività turistica invernale ha sin dall’inizio una forte impronta moderna ed esprime il nuovo valore del tempo libero della società dei servizi, anche il turismo estivo negli ultimi trent’anni sostituisce le sue caratteristiche tradizionali -l’ammirazione estetica delle Alpi che comprende attività tranquille e contemplative, l’elevato apprezzamento del paesaggio culturale contadino e dei contatti sociali con i locali- con quelle di una vacanza attiva e sportiva, comprendente discipline alla moda e altamente specializzate. In tal modo il paesaggio – sia naturale che culturale- diventa solo uno sfondo, una scenografia intercambiabile, e le Alpi una attrezzatura sportiva funzionale alla produzione di sensazioni fisiche. È chiaro che un turismo di questo tipo innesca problemi ecologici -diretti ma soprattutto indiretti- economici e socioculturali, questi ultimi determinati dal rapido mutamento dei valori nei comuni turistici e l’immediato confronto con la società urbana del tempo libero, che disorienta gli abitanti cresciuti ed educati all’interno delle norme e dei valori contadini tradizionali. Nello scenario così delineato, in cui le forme di utilizzazione tradizionali del territorio di carattere agro-silvo-pastorale perdono ogni rilevanza ecologica, economica e sociale e il turismo si slega sempre più dal contesto culturale tradizionale definendo una serie di pesanti squilibri, esiste un modo sostenibile per costruire solide e concrete prospettive per entrambi i settori? Ed è possibile che sia proprio una utilizzazione esogena a rafforzare la base economica endogena del territorio, a valorizzarla e a promuoverla, invece che contrapporvisi o ostacolarla? Se sì, tramite quali strumenti? Questa tesi nasce dalla profonda convinzione che sia necessario guardare alla montagna come spazio caratterizzato da un’identità forte e sfaccettata, e che solo la valorizzazione delle risorse territoriali tramite l’ampliamento del ventaglio delle offerte turistiche possa offrire nuove opportunità di rilancio alle piccole località montane. In particolare, prendendo in considerazione l’Alta Valle Seriana, che ancora si sta muovendo verso la ricerca di un profilo turistico adeguato e compatibile con il proprio territorio, propone una connessione tra il mondo agro-silvo-pastorale e l’ecoturismo, attraverso la revisione di uno strumento male impostato (e di conseguenza poco sfruttato) ma dotato di incredibili potenzialità, quale è l’Ecomuseo delle Orobie. Il progetto si svolge a due scale: alla scala territoriale ricalibra la rete di percorsi dell’Ecomuseo al fine di valorizzare e rafforzare il sistema degli alpeggi; alla scala architettonica propone il progetto di un padiglione, vero e proprio elemento attivatore del circuito ecomuseale. Esso consiste in una struttura temporanea, modulare e flessibile, facilmente trasportabile, montabile e smontabile ed energeticamente autosufficiente, in grado di garantire la fruizione degli spazi in quota secondo diverse modalità grazie alla sua variabilità configurazionale: può infatti servire sia ad implementare la ricettività, configurandosi come attrattiva prettamente ecoturistica, sia a rendere attuabili alcune attività di carattere specificatamente ecomuseale, configurandosi, all’occorrenza, come spazio espositivo, laboratorio didattico o spazio conferenze. Tramite un intervento sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale, il presente lavoro di tesi propone quindi un progetto-pilota in grado di contemperare l’esigenza della difesa dell’ambiente con quella dello sviluppo economico e sociale, capace di mettere a sistema diversi settori economici nella prospettiva non solo di un suo più ampio e diffuso utilizzo, ma anche della trasmissione tout court di un nuovo approccio consapevole nei confronti della montagna.

Pad. 3050. Progetto di una struttura temporanea componibile per l'attivazione di itinerari ecomuseali in Alta Valle Seriana

SPINONI, GRETA
2016/2017

Abstract

This thesis considers two economic sectors that are today, in different forms, in the mountain context, in a condition of deep crisis (agriculture and tourism) and determine a series of heavy environmental, social economical imbalances. The work try to build a solid and concrete prospect for both of them, enhancing local territorial resources by extending the range of tourism offers, in order to offer new opportunities to relaunch small mountain areas. In particular, taking into account the Alta Valle Seriana area, which is still moving towards the search for an adequate and compatible form of tourism, the work proposes a connection between the agro-forestry-pastoral world and ecotourism, through the revision of a badly set (but with incredible potential) instrument which is the Ecomuseum of the Orobie. The project works on two scales: at the territorial scale it recalibrates the network of Ecomuseum routes in order to enhance and strengthen the mountain pasture system; on the architectural scale it proposes the design of a pavilion, the real activating element of the ecomuseum circuit. It consists in a temporary, modular and flexible, easily transportable, mountable and dismountable and self-sufficient energy structure, able to ensure the use of space in different ways thanks to its configurational variability: it can serve both to implement the receptivity, configuring itself as a purely ecotouristic attraction, both to host ecomuseal activities, configuring itself as an exhibition space, didactic laboratory or conference space. Through a social, economic and environmental sustainable intervention the present thesis proposes a pilot project able to reconcile the need of environmental protection with economic and social development, in a perspective that considers its wider and widespread use and also the transmission of a new conscious approach to the mountain ecosystem.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
20-apr-2018
2016/2017
Nelle regioni privilegiate d’Europa, grazie alla rivoluzione agraria del XIX secolo l’agricoltura registra un grande incremento produttivo. La successiva forte spinta innovativa si fa sentire all’inizio degli anni sessanta e conduce all’odierna agricoltura industriale dominata dalle tecnologie genetiche, che si sviluppa quasi interamente all’interno di locali chiusi quali serre e stalle e conduce ad una elevata specializzazione produttiva. In questo tipo di sviluppo hanno assunto un ruolo dominante le grandi aziende, che, aumentando esponenzialmente la produttività, sono in grado di definire i prezzi e i tempi del mercato. Questa condizione determina un’assoluta non-competitività sui mercati globali dell’agricoltura di montagna che, potendo essere praticata solo a prezzo di grande fatica per via dell’eccessiva umidità, altitudine o acclività dei terreni, già in periodo preindustriale produceva un esiguo guadagno. Così, nella nostra montagna, l’attività agro-silvo-pastorale diviene gradualmente un’attività residuale, non più sufficiente al sostentamento di un’intera famiglia e impossibilitata, da sola, a garantire la vitalità del mondo rurale montano. Il tracollo dell’agricoltura rappresenta però qualcosa di molto più importante della semplice scomparsa di un ramo dell’attività economica: con essa scompare infatti il paesaggio culturale alpino tradizionale, ampiamente trascurato (anzi, spesso minacciato) anche dalle contemporanee forme di turismo, sostanzialmente basate su una sorta di mono-prodotto stagionale altamente specializzato e infrastrutturato. Se infatti l’attività turistica invernale ha sin dall’inizio una forte impronta moderna ed esprime il nuovo valore del tempo libero della società dei servizi, anche il turismo estivo negli ultimi trent’anni sostituisce le sue caratteristiche tradizionali -l’ammirazione estetica delle Alpi che comprende attività tranquille e contemplative, l’elevato apprezzamento del paesaggio culturale contadino e dei contatti sociali con i locali- con quelle di una vacanza attiva e sportiva, comprendente discipline alla moda e altamente specializzate. In tal modo il paesaggio – sia naturale che culturale- diventa solo uno sfondo, una scenografia intercambiabile, e le Alpi una attrezzatura sportiva funzionale alla produzione di sensazioni fisiche. È chiaro che un turismo di questo tipo innesca problemi ecologici -diretti ma soprattutto indiretti- economici e socioculturali, questi ultimi determinati dal rapido mutamento dei valori nei comuni turistici e l’immediato confronto con la società urbana del tempo libero, che disorienta gli abitanti cresciuti ed educati all’interno delle norme e dei valori contadini tradizionali. Nello scenario così delineato, in cui le forme di utilizzazione tradizionali del territorio di carattere agro-silvo-pastorale perdono ogni rilevanza ecologica, economica e sociale e il turismo si slega sempre più dal contesto culturale tradizionale definendo una serie di pesanti squilibri, esiste un modo sostenibile per costruire solide e concrete prospettive per entrambi i settori? Ed è possibile che sia proprio una utilizzazione esogena a rafforzare la base economica endogena del territorio, a valorizzarla e a promuoverla, invece che contrapporvisi o ostacolarla? Se sì, tramite quali strumenti? Questa tesi nasce dalla profonda convinzione che sia necessario guardare alla montagna come spazio caratterizzato da un’identità forte e sfaccettata, e che solo la valorizzazione delle risorse territoriali tramite l’ampliamento del ventaglio delle offerte turistiche possa offrire nuove opportunità di rilancio alle piccole località montane. In particolare, prendendo in considerazione l’Alta Valle Seriana, che ancora si sta muovendo verso la ricerca di un profilo turistico adeguato e compatibile con il proprio territorio, propone una connessione tra il mondo agro-silvo-pastorale e l’ecoturismo, attraverso la revisione di uno strumento male impostato (e di conseguenza poco sfruttato) ma dotato di incredibili potenzialità, quale è l’Ecomuseo delle Orobie. Il progetto si svolge a due scale: alla scala territoriale ricalibra la rete di percorsi dell’Ecomuseo al fine di valorizzare e rafforzare il sistema degli alpeggi; alla scala architettonica propone il progetto di un padiglione, vero e proprio elemento attivatore del circuito ecomuseale. Esso consiste in una struttura temporanea, modulare e flessibile, facilmente trasportabile, montabile e smontabile ed energeticamente autosufficiente, in grado di garantire la fruizione degli spazi in quota secondo diverse modalità grazie alla sua variabilità configurazionale: può infatti servire sia ad implementare la ricettività, configurandosi come attrattiva prettamente ecoturistica, sia a rendere attuabili alcune attività di carattere specificatamente ecomuseale, configurandosi, all’occorrenza, come spazio espositivo, laboratorio didattico o spazio conferenze. Tramite un intervento sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale, il presente lavoro di tesi propone quindi un progetto-pilota in grado di contemperare l’esigenza della difesa dell’ambiente con quella dello sviluppo economico e sociale, capace di mettere a sistema diversi settori economici nella prospettiva non solo di un suo più ampio e diffuso utilizzo, ma anche della trasmissione tout court di un nuovo approccio consapevole nei confronti della montagna.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/140682