La tesi si propone di esaminare le ragioni che hanno portato il Comitato di Basilea ad introdurre nuove proposte per regolare i rischi di mercato del portafoglio di trading e per ridurre la prociclicità delle regole prudenziali sul rischio di credito. A tal fine il lavoro si suddivide in due parti: una di carattere metodologico ed introduttivo delinea le principali metodologie di misurazione dei rischi di mercato e di credito utilizzate dai risk manager delle istituzioni finanziarie, la seconda sviluppa il nuovo framework regolamentare noto come Basilea III con particolare riferimento alle metodologie di Value at Risk (VaR) per i rischi di mercato e alle proposte di costruzione di tool anticiclici per quanto riguarda i rischi di credito. Due “casi aziendali”, uno riguardante il VaR per il rischio di mercato e l’altro sui modelli di portafoglio a fronte del rischio di credito, costruiti grazie all’aiuto di dirigenti dell’area validazione del gruppo Unicredito, completano il quadro. L’obiettivo era quello di verificare alcune ipotesi sulla robustezza delle metodologie VaR (utilizzate dagli operatori e dalle Autorità di Vigilanza) che sono state messe a dura prova dalla crisi. Il rischio di modello è stato riconosciuto infatti come una delle cause della crisi (vedi BIS Annual Report, 2009). Come è noto, sul tema si contrappongono due posizioni: da una parte, autori come Nassim Taleb ( “Il cigno nero”) proclamano l’inadeguatezza e la pericolosità di strumenti come il VaR mentre altri, come Jorion (“Lessons from the crisis”) riaffermano tuttora la robustezza di tale strumento. Più in particolare nella parte introduttiva vengono accennate in modo abbastanza discorsivo alcune definizioni di rischio, di processo di gestione del rischio e di gestione del capitale. Nella parte sul rischio di mercato, dopo una breve introduzione sulle principali componenti e metodologie di misurazione (duration, beta), ci si sofferma sulle metodologie VaR ed in particolare sull’approccio varianze/covarianze e su quello delle simulazioni (storiche e Monte Carlo). Così come i sistemi VaR avevano costituito un superamento dei limiti delle misure di sensitività, gli stress test cercano di ovviare ai limiti dei modelli VaR stessi. L’area del rischio di credito è affrontata esaminando preliminarmente i differenti driver di rischio a fronte di singole posizioni (PD, LGD, EAD, Maturity) focalizzando l’attenzione successivamente sui modelli di portafoglio, che consentono di tener conto degli effetti di correlazione e concentrazione. La prima parte si conclude con un capitolo sull’evoluzione della regolamentazione prudenziale dal 1988 alle prime avvisaglie della crisi (con un focus particolare sull’accordo di Basilea del 2004). Nella seconda parte della tesi, dopo un rapido esame delle principali proposte di Basilea III (qualità del capitale, strumenti anticiclici, leverage ratio, liquidità, trading book, rischi sistemici) ci si sofferma sull’evoluzione regolamentare sul rischio di mercato. In particolare si illustra come i test retrospettivi sulla bontà di tali modelli abbiano evidenziato un elevato numero di eccezioni durante la crisi e abbiano pertanto indotto le autorità di vigilanza ad introdurre dei VaR “stressati” e un ulteriore requisito di capitale (Incremental Risk Charge) che consentisse di tenere nel dovuto conto il rischio di liquidità e di credito nel portafoglio di negoziazione. Successivamente, relativamente al rischio di credito, dopo un rapido esame della formula che consente di calcolare il capitale regolamentare, ci si è soffermati sul dibattito recente sul “dynamic provisioning” in Spagna e sulle possibilità di modificare la formula del capitale di vigilanza al fine di limitarne gli effetti pro-ciclici. Anche in questo ambito il Comitato di Basilea ha raccomandato con rinnovato vigore l’utilizzo di metodologie di stress test (Pillar II). Sia la prima intervista con i dirigenti di Unicredito relativa al rischio di mercato che la seconda riguardo ai modelli di portafoglio a fronte del rischio di credito, hanno evidenziato come nella costruzione di un modello VaR debbano essere attentamente bilanciati gli aspetti di reattività con quelli di stabilità nel tempo. Esiste infatti un chiaro trade-off tra la reattività del modello alle mutate condizioni di mercato e la stabilità delle misurazioni dei valori del VaR nel tempo. Basilea III conferma la logica dell’utilizzo dei modelli interni basati sul VaR, anche se raccomanda una grande cautela nell’utilizzo degli stessi e introduce, sia pure come misura complementare, un indicatore come il Leverage Ratio, non risk-adjusted.

Copertura dei rischi di mercato e misure anticicliche sul rischio di credito in Basilea III

ANATRA, NICCOLO'
2009/2010

Abstract

La tesi si propone di esaminare le ragioni che hanno portato il Comitato di Basilea ad introdurre nuove proposte per regolare i rischi di mercato del portafoglio di trading e per ridurre la prociclicità delle regole prudenziali sul rischio di credito. A tal fine il lavoro si suddivide in due parti: una di carattere metodologico ed introduttivo delinea le principali metodologie di misurazione dei rischi di mercato e di credito utilizzate dai risk manager delle istituzioni finanziarie, la seconda sviluppa il nuovo framework regolamentare noto come Basilea III con particolare riferimento alle metodologie di Value at Risk (VaR) per i rischi di mercato e alle proposte di costruzione di tool anticiclici per quanto riguarda i rischi di credito. Due “casi aziendali”, uno riguardante il VaR per il rischio di mercato e l’altro sui modelli di portafoglio a fronte del rischio di credito, costruiti grazie all’aiuto di dirigenti dell’area validazione del gruppo Unicredito, completano il quadro. L’obiettivo era quello di verificare alcune ipotesi sulla robustezza delle metodologie VaR (utilizzate dagli operatori e dalle Autorità di Vigilanza) che sono state messe a dura prova dalla crisi. Il rischio di modello è stato riconosciuto infatti come una delle cause della crisi (vedi BIS Annual Report, 2009). Come è noto, sul tema si contrappongono due posizioni: da una parte, autori come Nassim Taleb ( “Il cigno nero”) proclamano l’inadeguatezza e la pericolosità di strumenti come il VaR mentre altri, come Jorion (“Lessons from the crisis”) riaffermano tuttora la robustezza di tale strumento. Più in particolare nella parte introduttiva vengono accennate in modo abbastanza discorsivo alcune definizioni di rischio, di processo di gestione del rischio e di gestione del capitale. Nella parte sul rischio di mercato, dopo una breve introduzione sulle principali componenti e metodologie di misurazione (duration, beta), ci si sofferma sulle metodologie VaR ed in particolare sull’approccio varianze/covarianze e su quello delle simulazioni (storiche e Monte Carlo). Così come i sistemi VaR avevano costituito un superamento dei limiti delle misure di sensitività, gli stress test cercano di ovviare ai limiti dei modelli VaR stessi. L’area del rischio di credito è affrontata esaminando preliminarmente i differenti driver di rischio a fronte di singole posizioni (PD, LGD, EAD, Maturity) focalizzando l’attenzione successivamente sui modelli di portafoglio, che consentono di tener conto degli effetti di correlazione e concentrazione. La prima parte si conclude con un capitolo sull’evoluzione della regolamentazione prudenziale dal 1988 alle prime avvisaglie della crisi (con un focus particolare sull’accordo di Basilea del 2004). Nella seconda parte della tesi, dopo un rapido esame delle principali proposte di Basilea III (qualità del capitale, strumenti anticiclici, leverage ratio, liquidità, trading book, rischi sistemici) ci si sofferma sull’evoluzione regolamentare sul rischio di mercato. In particolare si illustra come i test retrospettivi sulla bontà di tali modelli abbiano evidenziato un elevato numero di eccezioni durante la crisi e abbiano pertanto indotto le autorità di vigilanza ad introdurre dei VaR “stressati” e un ulteriore requisito di capitale (Incremental Risk Charge) che consentisse di tenere nel dovuto conto il rischio di liquidità e di credito nel portafoglio di negoziazione. Successivamente, relativamente al rischio di credito, dopo un rapido esame della formula che consente di calcolare il capitale regolamentare, ci si è soffermati sul dibattito recente sul “dynamic provisioning” in Spagna e sulle possibilità di modificare la formula del capitale di vigilanza al fine di limitarne gli effetti pro-ciclici. Anche in questo ambito il Comitato di Basilea ha raccomandato con rinnovato vigore l’utilizzo di metodologie di stress test (Pillar II). Sia la prima intervista con i dirigenti di Unicredito relativa al rischio di mercato che la seconda riguardo ai modelli di portafoglio a fronte del rischio di credito, hanno evidenziato come nella costruzione di un modello VaR debbano essere attentamente bilanciati gli aspetti di reattività con quelli di stabilità nel tempo. Esiste infatti un chiaro trade-off tra la reattività del modello alle mutate condizioni di mercato e la stabilità delle misurazioni dei valori del VaR nel tempo. Basilea III conferma la logica dell’utilizzo dei modelli interni basati sul VaR, anche se raccomanda una grande cautela nell’utilizzo degli stessi e introduce, sia pure come misura complementare, un indicatore come il Leverage Ratio, non risk-adjusted.
ING II - Facolta' di Ingegneria dei Sistemi
1-apr-2011
2009/2010
Tesi di laurea Magistrale
File allegati
File Dimensione Formato  
2011_04_Anatra.pdf

accessibile in internet per tutti

Descrizione: Testo della tesi
Dimensione 6.66 MB
Formato Adobe PDF
6.66 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in POLITesi sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/14141