Capturing reality has always been the goal of photographers. Each image tells or evokes a moment or an emotion but they can be complicated to understand, especially when they relate to distant realities, culturally or geographically. Understanding photo messages has become more difficult because of the coexistence and strong competition between print, social media and television through which images abound, overflow and invade every aspect of our life, making us addicted and insensitive. We're able to remember not much more than a couple of images each day. Photographs have lost their main characteristic: to picture the world and its inhabitants, offering a point of view on what is unknown or precluded. Moreover, definitions, rules and relations overlapped over time within photography itself and the theoretical framework is more complex too. My research question starts from a personal need to understand the definitions and distinctions within the documentary photography about events with social value. This thesis tries to define a genre focused on conflict in its many aspects and not only the ones associated with the war front. Once defined conflict photography, it has to emerge among all those images produced by anyone and controlled by processes of simplification, reduction and flattening that sacrify images full of messages about complicated aspects of life. These stories require more space, more time and more attention to generate critical reflections and greater knowledge in those who look at them. Therefore, this thesis aims to design a physical space where distant contexts can be explored without prejudice. Hoping that a little help from traditional medium can add value to the use of photographs. Photography is a very powerful tool that too often does not get the right acknowledgement.

Raccontare la realtà attraverso le immagini, questo è stato da sempre l’obiettivo dei fotografi. Ogni immagine racconta o evoca un momento o un’emozione e riuscire a comprendere realmente quel momento può essere molto complicato, quando questo occupa un piano di realtà molto distante da noi, culturalmente o geograficamente. La metabolizzazione dei messaggi fotografici è resa più complicata dalla compresenza e forte concorrenza che hanno oggi carta stampata, social media e televisione attraverso cui le immagini abbondano, traboccano e invadono ogni aspetto della nostra vita, rendendoci assuefatti e insensibili a queste tanto, da ricordarne non più di un paio per ogni giorno. Le fotografie hanno perso la loro caratteristica principale: raccontare il mondo e i suoi abitanti, offrire un punto di osservazione su quello che ci è ignoto o precluso. Inoltre, all’interno della pratica stessa le definizioni, le regole, le relazioni si sono col tempo sovrapposte rendendo anche il quadro teorico più complesso. La domanda di ricerca di questa tesi parte proprio da un personale bisogno di comprendere al meglio le definizioni e le distinzioni all’interno della fotografia documentaria sugli eventi di valenza sociale moderni e sulla definizione di un genere incentrato sul conflitto, nei suoi molteplici aspetti e non erroneamente associato unicamente al fronte di guerra. Dopo aver risolto l’aspetto teorico legato all’accezione di fotografia documentaria di conflitto, è sorta la necessità di trovare una modalità per permettere a questo tipo di fotografia di emergere fra tutte quelle immagini prodotte da chiunque e continuamente sottoposte a processi di controllo, semplificazione, di riduzione, di appiattimento. Senza sacrificare quelle immagini che narrano aspetti complicati della vita, storie che per essere comprese richiedono più spazio, più tempo, più attenzione per generare delle riflessioni critiche e della maggiore conoscenza in chi le guarda. Dunque, l’obiettivo che si prefigge questa tesi è di immaginare uno spazio fisico dove esplorare senza pregiudizi contesti lontani. Nella speranza che un piccolo ritorno ai mezzi più tradizionali possano fornire un valore aggiunto alla fruizione di fotografie, strumento potentissimo che troppo spesso non ottiene il giusto riconoscimento.

Underexposed. Traduzione progettuale della fotografia di conflitto in un periodico slow per l'approfondimento monografico di fenomeni sottoesposti

NARDELLA, BARBARA
2017/2018

Abstract

Capturing reality has always been the goal of photographers. Each image tells or evokes a moment or an emotion but they can be complicated to understand, especially when they relate to distant realities, culturally or geographically. Understanding photo messages has become more difficult because of the coexistence and strong competition between print, social media and television through which images abound, overflow and invade every aspect of our life, making us addicted and insensitive. We're able to remember not much more than a couple of images each day. Photographs have lost their main characteristic: to picture the world and its inhabitants, offering a point of view on what is unknown or precluded. Moreover, definitions, rules and relations overlapped over time within photography itself and the theoretical framework is more complex too. My research question starts from a personal need to understand the definitions and distinctions within the documentary photography about events with social value. This thesis tries to define a genre focused on conflict in its many aspects and not only the ones associated with the war front. Once defined conflict photography, it has to emerge among all those images produced by anyone and controlled by processes of simplification, reduction and flattening that sacrify images full of messages about complicated aspects of life. These stories require more space, more time and more attention to generate critical reflections and greater knowledge in those who look at them. Therefore, this thesis aims to design a physical space where distant contexts can be explored without prejudice. Hoping that a little help from traditional medium can add value to the use of photographs. Photography is a very powerful tool that too often does not get the right acknowledgement.
ARC III - Scuola del Design
4-ott-2018
2017/2018
Raccontare la realtà attraverso le immagini, questo è stato da sempre l’obiettivo dei fotografi. Ogni immagine racconta o evoca un momento o un’emozione e riuscire a comprendere realmente quel momento può essere molto complicato, quando questo occupa un piano di realtà molto distante da noi, culturalmente o geograficamente. La metabolizzazione dei messaggi fotografici è resa più complicata dalla compresenza e forte concorrenza che hanno oggi carta stampata, social media e televisione attraverso cui le immagini abbondano, traboccano e invadono ogni aspetto della nostra vita, rendendoci assuefatti e insensibili a queste tanto, da ricordarne non più di un paio per ogni giorno. Le fotografie hanno perso la loro caratteristica principale: raccontare il mondo e i suoi abitanti, offrire un punto di osservazione su quello che ci è ignoto o precluso. Inoltre, all’interno della pratica stessa le definizioni, le regole, le relazioni si sono col tempo sovrapposte rendendo anche il quadro teorico più complesso. La domanda di ricerca di questa tesi parte proprio da un personale bisogno di comprendere al meglio le definizioni e le distinzioni all’interno della fotografia documentaria sugli eventi di valenza sociale moderni e sulla definizione di un genere incentrato sul conflitto, nei suoi molteplici aspetti e non erroneamente associato unicamente al fronte di guerra. Dopo aver risolto l’aspetto teorico legato all’accezione di fotografia documentaria di conflitto, è sorta la necessità di trovare una modalità per permettere a questo tipo di fotografia di emergere fra tutte quelle immagini prodotte da chiunque e continuamente sottoposte a processi di controllo, semplificazione, di riduzione, di appiattimento. Senza sacrificare quelle immagini che narrano aspetti complicati della vita, storie che per essere comprese richiedono più spazio, più tempo, più attenzione per generare delle riflessioni critiche e della maggiore conoscenza in chi le guarda. Dunque, l’obiettivo che si prefigge questa tesi è di immaginare uno spazio fisico dove esplorare senza pregiudizi contesti lontani. Nella speranza che un piccolo ritorno ai mezzi più tradizionali possano fornire un valore aggiunto alla fruizione di fotografie, strumento potentissimo che troppo spesso non ottiene il giusto riconoscimento.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/143114