The purposes of this study are particularly connected to the spontaneous appropriation practices that have led (and are leading) to the recognition of the so-called "common goods": they are re-opened spaces, placed at the service of the city; inclusive spaces and widespread ownership of which everyone can feel responsible by actively participating in their governance and management; places aimed at culture, civic awareness and civil ethics. The growing interest in "common goods" is not only spontaneous, but concerns in a structural way law, sociology and architecture. The aim of this thesis is to build a bridge between these three disciplines that can be a subsidy for architectural projects: it doesn’t have a single static function anymore, but has to be able to respond dynamically to that need for acceptance and temporality that is proper to these places. The participated architecture is therefore the result of a society that knows its rights and takes care of its belongings. The common good sometimes merges with the cultural good, with a heritage and a memory to be preserved and delivered intact to future generations. This is the case of buildings with high artistic and architectural value, abandoned prisons, psychiatric hospitals and places that tell dramatic stories not to be forgot. The former prison of Sant'Agata, in Bergamo, is the terrain vague in which to experiment in a practical way what was theorized in the first part of the research: starting from real data we try to give an architectural response in line with the current management of space.

Di particolare interesse ai fini di questo studio sono le pratiche di riappropriazione spontanea che hanno portato (e stanno portando) al riconoscimento dei cosiddetti “beni comuni”: si configurano come tali quei luoghi dismessi e riaperti per essere al servizio della città; spazi inclusivi e a titolarità diffusa di cui tutti possono sentirsi responsabili partecipando attivamente al loro governo e gestione; luoghi volti alla cultura, alla coscienza civica e all’etica civile. L’interesse crescente per i “beni comuni” non è solo spontaneo, ma riguarda in modo strutturale il diritto, la sociologia e l’architettura. L’obiettivo che questa tesi si pone è quello di costruire un ponte tra le tre discipline citate che sia un sussidio per il progetto architettonico: esso non ha più un’unica funzione statica, ma deve essere in grado di rispondere in modo dinamico a quell’esigenza di accoglienza e temporaneità che è propria di questi luoghi. L’architettura partecipata è dunque il frutto di una società che conosce i propri diritti e si prende cura di ciò che le appartiene. I beni comuni talvolta riguardano i beni culturali, un patrimonio di heritage e memoria da preservare e consegnare intatto alle generazioni future. È questo il caso di edifici dall’alto valore artistico e architettonico, di carceri dismessi, di ospedali psichiatrici e di luoghi che raccontano storie drammatiche ma non per questo dimenticabili. L’Ex carcere di Sant’Agata, a Bergamo, è il terrain vague in cui sperimentare in modo pratico quanto teorizzato nella prima parte della ricerca: partendo da dati reali si cerca di dare una risposta architettonica in linea con la gestione attuale dello spazio.

Beni comuni per la rigenerazione urbana

ZACCURI, MOIRA
2017/2018

Abstract

The purposes of this study are particularly connected to the spontaneous appropriation practices that have led (and are leading) to the recognition of the so-called "common goods": they are re-opened spaces, placed at the service of the city; inclusive spaces and widespread ownership of which everyone can feel responsible by actively participating in their governance and management; places aimed at culture, civic awareness and civil ethics. The growing interest in "common goods" is not only spontaneous, but concerns in a structural way law, sociology and architecture. The aim of this thesis is to build a bridge between these three disciplines that can be a subsidy for architectural projects: it doesn’t have a single static function anymore, but has to be able to respond dynamically to that need for acceptance and temporality that is proper to these places. The participated architecture is therefore the result of a society that knows its rights and takes care of its belongings. The common good sometimes merges with the cultural good, with a heritage and a memory to be preserved and delivered intact to future generations. This is the case of buildings with high artistic and architectural value, abandoned prisons, psychiatric hospitals and places that tell dramatic stories not to be forgot. The former prison of Sant'Agata, in Bergamo, is the terrain vague in which to experiment in a practical way what was theorized in the first part of the research: starting from real data we try to give an architectural response in line with the current management of space.
AVERNA, MARTA
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
19-dic-2018
2017/2018
Di particolare interesse ai fini di questo studio sono le pratiche di riappropriazione spontanea che hanno portato (e stanno portando) al riconoscimento dei cosiddetti “beni comuni”: si configurano come tali quei luoghi dismessi e riaperti per essere al servizio della città; spazi inclusivi e a titolarità diffusa di cui tutti possono sentirsi responsabili partecipando attivamente al loro governo e gestione; luoghi volti alla cultura, alla coscienza civica e all’etica civile. L’interesse crescente per i “beni comuni” non è solo spontaneo, ma riguarda in modo strutturale il diritto, la sociologia e l’architettura. L’obiettivo che questa tesi si pone è quello di costruire un ponte tra le tre discipline citate che sia un sussidio per il progetto architettonico: esso non ha più un’unica funzione statica, ma deve essere in grado di rispondere in modo dinamico a quell’esigenza di accoglienza e temporaneità che è propria di questi luoghi. L’architettura partecipata è dunque il frutto di una società che conosce i propri diritti e si prende cura di ciò che le appartiene. I beni comuni talvolta riguardano i beni culturali, un patrimonio di heritage e memoria da preservare e consegnare intatto alle generazioni future. È questo il caso di edifici dall’alto valore artistico e architettonico, di carceri dismessi, di ospedali psichiatrici e di luoghi che raccontano storie drammatiche ma non per questo dimenticabili. L’Ex carcere di Sant’Agata, a Bergamo, è il terrain vague in cui sperimentare in modo pratico quanto teorizzato nella prima parte della ricerca: partendo da dati reali si cerca di dare una risposta architettonica in linea con la gestione attuale dello spazio.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/144964