Francesco Castelli (1599-1667), commonly known as Borromini, is one of those whose fame has been reconstructed and understood over a long period of time, still leaving anyway a wide margin for new interpretations. Prisoner of preconceptions, which, since the Seventeenth century, had strictly traced the outlines of his character, this architect from Ticino underwent a total re-reading during the last century, the results of which highlighted the limits of Borromini's definition as a “Baroque architect”. As Calvino wrote of the classics, “those books that have never finished saying what they have to say”, Borromini goes beyond his time and the rigid historiographical classification to reach us today still full of meanings and validity. If, on the one hand, he makes use of all the heritage of architecture prior to his time, it is true also that the way he uses these references, taking advantage of the “heresies” of the classical canon, disengaging himself from the Vitruvian rule codified in the Renaissance, looking for original solutions in the tradition to adapt them to his works, is an absolutely modern way of working. Therefore, in the name of this undeniable modernity, is it possible to talk about and substantiate a relationship between Borromini and the Ancient? Which ancient would Borromini use in his works? Where does this relationship with the antiquity derive? How does it develop and change over the years? This work is an attempt to answer these questions, starting from the investigation and studies developed to date by historiography in order to elaborate a historical-critical reading of theme, organic, open to different interpretations. Starting from the first training in Milan, passing through the experiences of the Roman years, up to the analysis of two case studies considered exemplary – Sant'Ivo alla Sapienza and Sant'Andrea delle Fratte – the text wants to investigate the key aspects of this relationship with the ancient, to try to highlight how much this is reflected in the concrete work of Borromini. To understand - using an oxymoron - how much ancient there is in the modern.

Francesco Castelli (1599-1667), comunemente noto come Borromini, è una di quelle personalità la cui fama è stata ricostruita e compresa in tempi lunghissimi, pur lasciando, ad oggi, un ampio margine di nuove interpretazioni. Prigioniera di stigmatizzazioni che, sin dal Seicento, ne avevano rigidamente tracciato i contorni, la figura dell’architetto ticinese ha subito nel corso dell’ultimo secolo una rilettura totale, i cui risultati hanno evidenziato i limiti della definizione di Borromini come “architetto barocco”. Come Calvino scriveva dei classici, “quei libri che non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire”, Borromini travalica il suo tempo e la rigida classificazione storiografica per arrivare sino a noi ancora carico di significati e validità. Se da un lato egli fa ricorso a tutto il patrimonio dell’architettura antecedente al suo tempo e a lui contemporanea, è vero anche che il modo in cui se ne serve, facendo tesoro delle “eresie” del canone classico, svincolandosi dalla regola vitruviana sistematizzata nel Rinascimento, ricercando soluzioni originali nella tradizione per riadattarle alle sue opere, è un modo di operare assolutamente moderno. Allora, in nome di questa innegabile modernità, è possibile parlare e sostanziare un rapporto di Borromini con l’antico? A quale antico ricorrerebbe Borromini nelle sue opere? Da dove deriva tale rapporto con l’antico? Come si sviluppa e muta nel corso degli anni? Con il presente lavoro, si vuole tentare di rispondere a queste domande, partendo dalle indagini e dagli studi elaborati ad oggi dalla storiografia al fine di elaborare una lettura storico-critica del tema che sia organica, aperta a diverse interpretazioni. Partendo dalla prima formazione milanese, passando per le esperienze degli anni romani, fino ad arrivare all’analisi di due casi studio considerati esemplificativi – Sant’Ivo alla Sapienza e Sant’Andrea delle Fratte – il testo vuole indagare gli aspetti cardine di tale relazione con l’antico, per tentare di mettere in luce quanto questa si rifletta nell’opera concreta di Borromini. Per capire – usando un ossimoro – quanto di antico ci sia nel moderno.

Borromini e l'antico. Forme, spazi e principi dell'antichità nell'architettura borrominiana. Borromini and the ancient. Forms, spaces and principles of antiquity in Borromini's architecture

BLASI, GIOVANNA
2017/2018

Abstract

Francesco Castelli (1599-1667), commonly known as Borromini, is one of those whose fame has been reconstructed and understood over a long period of time, still leaving anyway a wide margin for new interpretations. Prisoner of preconceptions, which, since the Seventeenth century, had strictly traced the outlines of his character, this architect from Ticino underwent a total re-reading during the last century, the results of which highlighted the limits of Borromini's definition as a “Baroque architect”. As Calvino wrote of the classics, “those books that have never finished saying what they have to say”, Borromini goes beyond his time and the rigid historiographical classification to reach us today still full of meanings and validity. If, on the one hand, he makes use of all the heritage of architecture prior to his time, it is true also that the way he uses these references, taking advantage of the “heresies” of the classical canon, disengaging himself from the Vitruvian rule codified in the Renaissance, looking for original solutions in the tradition to adapt them to his works, is an absolutely modern way of working. Therefore, in the name of this undeniable modernity, is it possible to talk about and substantiate a relationship between Borromini and the Ancient? Which ancient would Borromini use in his works? Where does this relationship with the antiquity derive? How does it develop and change over the years? This work is an attempt to answer these questions, starting from the investigation and studies developed to date by historiography in order to elaborate a historical-critical reading of theme, organic, open to different interpretations. Starting from the first training in Milan, passing through the experiences of the Roman years, up to the analysis of two case studies considered exemplary – Sant'Ivo alla Sapienza and Sant'Andrea delle Fratte – the text wants to investigate the key aspects of this relationship with the ancient, to try to highlight how much this is reflected in the concrete work of Borromini. To understand - using an oxymoron - how much ancient there is in the modern.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
20-dic-2018
2017/2018
Francesco Castelli (1599-1667), comunemente noto come Borromini, è una di quelle personalità la cui fama è stata ricostruita e compresa in tempi lunghissimi, pur lasciando, ad oggi, un ampio margine di nuove interpretazioni. Prigioniera di stigmatizzazioni che, sin dal Seicento, ne avevano rigidamente tracciato i contorni, la figura dell’architetto ticinese ha subito nel corso dell’ultimo secolo una rilettura totale, i cui risultati hanno evidenziato i limiti della definizione di Borromini come “architetto barocco”. Come Calvino scriveva dei classici, “quei libri che non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire”, Borromini travalica il suo tempo e la rigida classificazione storiografica per arrivare sino a noi ancora carico di significati e validità. Se da un lato egli fa ricorso a tutto il patrimonio dell’architettura antecedente al suo tempo e a lui contemporanea, è vero anche che il modo in cui se ne serve, facendo tesoro delle “eresie” del canone classico, svincolandosi dalla regola vitruviana sistematizzata nel Rinascimento, ricercando soluzioni originali nella tradizione per riadattarle alle sue opere, è un modo di operare assolutamente moderno. Allora, in nome di questa innegabile modernità, è possibile parlare e sostanziare un rapporto di Borromini con l’antico? A quale antico ricorrerebbe Borromini nelle sue opere? Da dove deriva tale rapporto con l’antico? Come si sviluppa e muta nel corso degli anni? Con il presente lavoro, si vuole tentare di rispondere a queste domande, partendo dalle indagini e dagli studi elaborati ad oggi dalla storiografia al fine di elaborare una lettura storico-critica del tema che sia organica, aperta a diverse interpretazioni. Partendo dalla prima formazione milanese, passando per le esperienze degli anni romani, fino ad arrivare all’analisi di due casi studio considerati esemplificativi – Sant’Ivo alla Sapienza e Sant’Andrea delle Fratte – il testo vuole indagare gli aspetti cardine di tale relazione con l’antico, per tentare di mettere in luce quanto questa si rifletta nell’opera concreta di Borromini. Per capire – usando un ossimoro – quanto di antico ci sia nel moderno.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/145318