La perversione del riflesso. Il rapporto dell'uomo con la propria immagine

The reflection: a problem that marks our daily lives. The exhibition revolves around the encounter between art, psychology, psychoanalysis and literature aimed at revealing man's profound need to leave an image of himself. Structured in three large areas that each contain research sets, they are developed through the examination of reflections on the ego and the sense of identity. The first area gravitates around the subject of the research. A series of lecterns reflects the self-portrait in its specific reference horizon. The second big area, the heart, was taken by the seven research groups that were fundamental to the author and to the future. Times of reflection on the logic of the reflection. The photographic self-portrait is a gesture of representation. As propulsion to pose in front of the lens or in the eyes of others, the first step revolves around the search for a zero zero. The Grado Zero understood as the origin of the self-portrait: the situation of a man who sees his own reflected image and intends to stop it, preserve it. The self-portrait now represents the possibility of seeing on a screen - seeing oneself live, seeing oneself move ... - a diffusion that has taken on an alarming dimension: it is no longer just the privilege of the guests of television studios that can be observed in the monitor, but it is in many public and private spaces, every supermarket, every bank, in roadside restaurants, at the corner of certain squares where there is a screen that transmits our image. Pirandello noticed a purpose of the mirror: observing us, he said, we tend to "pose". It is this "laying" that distorts our reality. This sense of extraneousness that generates the observation of our image is linked to the fact that we are not used to seeing ourselves, because the mirror image is a strongly domesticated image that has little to do with the objective image, or rather, external image that others have of us. We find the reason for the intrinsic extraneousness of the photographic image as the central node of the third room. The transformative nature of photography is demonstrated by the casual attitude that many people take inside the photo-automatic cabins, where, sheltered from prying eyes, they enjoy reciting the most varied parts, assuming unusual poses and attitudes but which they predict respect their own being. The area of ​​places where exhibitionism has become public, the demand for pre-established requirements typical of institutional self-portraits are reflected in the three islands of the following space. A tribute to the Apotheosis of Homer's by Ingres, turned upside down in substance in the place that is best done to show the face with which you want to present to others. The communicative self-portrait is told through the characters of the history of all ages. The self-portrait is often also a means of introspection and self-analysis, an essential psychological document. The process of constructing one's own identity takes a retrospective in the context of an individual journey. In the seventh and last node (central nucleus), the thought of play and disguise, that so promising to be and to experience everything is the possibility of living the plurality of lives. In conclusion, the hinge of the two areas, the obsessive series of images that yes signals the propulsion in the search for oneself and marks a posthumous revenge: to the extent that all the images thus differ and are formed to the same individual, any partial form of the individual individual identity. Each one is all the images it represents.

Il riflesso: un problema che scandisce la nostra quotidianità. La mostra ruota attorno all’incontro tra arte, psicologia, psicoanalisi e letteratura volta a svelare il bisogno profondo dell’uomo di lasciare un’immagine di sé. Strutturata su tre grandi aree che contengono ognuna insiemi di ricerche, sviluppate attraverso l’elaborazione di riflessioni sull’io e sul senso di identità. La prima area gravita intorno al soggetto della ricerca. Una serie di leggii riflette l’autoritratto nel suo specifico orizzonte di riferimento. La seconda grande area, il cuore, è costituita dai sette gruppi di ricerca che dichiarano i nodi fondamentali dell’autoritratto e di questo bisogno dell’uomo di lasciare un’immagine di sé del proprio corpo e soprattutto del proprio volto. Tempi di riflessione sulla logica del riflesso. L' autoritratto fotografico eprime gesto di raffigurarsi. Come spinta a mettersi in posa davanti all’obiettivo o agli occhi degli altri, il primo step ruota intorno alla ricerca di un grado zero del bisogno dell’uomo di lasciare un’immagine di sé, del proprio corpo e soprattutto del proprio volto. Il Grado Zero inteso come l’origine dell’autoritratto: la situazione di un uomo che vede la propria immagine riflessa e intende fermarla, conservarla. L'autoritratto subito rappresenta la possibilità di vedersi in uno schermo - vedersi vivere, vedersi muovere.. - una diffusione che ha assunto una dimensione allarmante: non è più solo il privilegio degli ospiti degli studi televisivi che si possono osservre nel monitor, ma è l’esperienza di ciascuno di noi in molti spazi pubblici e privati, ogni supermercato, ogni banca, negli autogrill, all’angolo di certe piazze dove c’è uno schermo che trasmette la nostra immagine. Pirandello notava a proposito dello specchio: osservandoci, egli diceva, si tende a “mettersi in posa”. È questo “posare” che falsa la nostra realtà. Questo senso di estraneità che genera l’osservazione della nostra immagine è legato al fatto che non siamo abituati a vederci, perchè l’immagine allo specchio è un'immagine fortemente addomesticata che ha poco a che fare con quella oggettiva, o meglio, immagine esterna che gli altri hanno di noi. Il motivo dell’intrinseca estraneità dell’immagine fotografica lo ritroviamo come nodo centrale della terza sala. La natura trasformistica della fotografia è dimostrata, dall’atteggiamento disinvolto che molte persone assumono dentro le cabine fotoautomatiche, dove, al riparo da occhi indiscreti, si divertono a recitare le parti più svariate, assumendo pose e atteggiamenti inconsueti ma che forse rispettano il proprio essere. All’interno di questi spazi dove l’esibizionismo privato diventa pubblico, la richiesta di requisiti prestabiliti tipica degli autoritratti istituzionali si riflette nelle tre isole dello spazio seguente. Un omaggio all’Apoteosi di Omero di Ingres, capovolto nella sostanza nel luogo che meglio si presta a mostrare la faccia con cui ci si vuole presentare al prossimo. L'autoritratto comunicativo viene raccontato scegliendo personaggi della storia di tutte le epoche. L’Autoritratto si rivela spesso anche come un mezzo di introspezione e autoanalisi, un’imprescindibile documento psicologico. Il processo per la costruzione della propria identità prende forma attraverso un labirinto di riflessi e di parole che consentono una retrospettiva nel contesto di un percorso individuale. Nel settimo e ultimo nodo (nucleo) del cuore della mostra, la tendenza al gioco e al travestimento, quel bisogno prometeico di essere e sperimentare tutto come la possibilità di vivere la pluralità di vite. In conclusione, cerniera delle due aree, l’ossessiva serie di immagini che segnala sì la propulsione nella ricerca di sé ma scandisce una rivincita postuma: nella misura in cui tutte quelle immagini così differenti sopravvivono e appartengono ad uno stesso individuo, viene rifiutata qualsiasi forma parziale della singola identità individuale. Ognuno è tutte le immagini che rappresenta.