Over the past two decades, the global population of forcedly displaced people has grown substantially from 33.9 million in 1997 to 65.6 million in 2016. This rise depends on conflicts in regions such as Syria, Iraq and Yemen, as well as in sub-Saharan Africa including Burundi, the Central African Republic, the Democratic Republic of the Congo, South Sudan, Ethiopia and Somalia. People who left their origin countries have no guarantee to find a better life condition elsewhere and it often happens that they have to face restrictive policies of the countries in which they found refuge and become critically dependent on humanitarian assistance. Most of the people who run away from their countries are host in organized and controlled camps that provide shelters and first aid services such as medical aid, food and education. Although the displaced-like condition should remain temporary, it is not rare that it becomes permanent, arriving to situations where people live their own life into the camps. Therefore, this paper wants to analyse the development of the Dadaab Refugee Camp in Kenya, in order to understand if it is possible to give these settlements an urban frame, with the aim to create in the people the feeling of belonging to a place and increase the quality of their life, as well as creating the opportunities they need to support themselves. In particular the choice of the Dadaab camp depends on the fact that it is one of the biggest camp in the world, hosting more than 300.000 displaced people. This analysis wants to start with a general prospect of how the refugee camps work to have a deeper knowledge of the mechanisms that run the camp; from the organizations that supervise the camp, helpful to figure out how the life inside these settlement is managed, to the definition of what a refugee camp is, reaching the investigation of the situation and the origins of the residents.

Durante gli ultimi 10 anni, la popolazione globale di rifugiati è cresciuta da 33.9 milioni nel 1997 a 65.6 milione nel 2016. Questo aumento dipende principalmente dai conflitti in regioni come la Siria, l’Iraq, lo Yemen cosi come nelle regioni dell’Africa sub-sahariana quali il Burundi, la repubblica africana centrale, il Congo, il Sud Sudan l’Etiopia e la Somalia. Purtroppo però coloro che abbandonano i propri paesi di origine non hanno la certezza di trovare una condizione di vita migliore nel paese in cui si rifugiano e spesso accade che i rifugiati si trovino ad affrontare leggi restrittive riguardanti la loro situazione, diventando quindi dipendenti dalle assistenza umanitarie. La maggior parte delle persone che scappano dai propri paesi di origine, vengono ospitati in campi organizzati e controllati che forniscono dell’abitazione e servizi di prima necessità come assistenza medica, cibo, educazione. Nonostante la condizione di rifugiato dovrebbe rimanere temporanea, non è raro che questa si trasformi in permanente, raggiungendo situazione in cui i rifugiati vivono la loro intera vita all’interno dei campi. Per questo motivo l’analisi qui proposta prevede lo sviluppo del campo profughi di Dadaab in Kenya, per poter capire se è possibile riuscire a dare a questi campi una conformazione più urbana con lo scopo di creare nei suoi abitanti un senso di appartenenza ad un luogo, migliorando la loro qualità di vita, creando opportunità per il loro sostentamento. In particolare, la scelta di lavorare sul campo di Dadaab dipende dal fatto che questo è considerato il più grande campo profughi del mondo, ospitando più di 500.000 rifugiati. L’analisi parte dallo studio del campo profughi nella situazione attuale per capire le dinamiche all’interno di esso; dallo studio delle organizzazioni che operano nel campo, utili per capire come le vite dei rifugiati vengono gestire all’interno del campo, alla definizione di cosa esattamente sia un campo profughi, arrivando all’investigazione sulle situazioni e le origini degli abitanti.

Dadaab refugee camp

CORIGLIONE, GAIA CARLOTTA
2017/2018

Abstract

Over the past two decades, the global population of forcedly displaced people has grown substantially from 33.9 million in 1997 to 65.6 million in 2016. This rise depends on conflicts in regions such as Syria, Iraq and Yemen, as well as in sub-Saharan Africa including Burundi, the Central African Republic, the Democratic Republic of the Congo, South Sudan, Ethiopia and Somalia. People who left their origin countries have no guarantee to find a better life condition elsewhere and it often happens that they have to face restrictive policies of the countries in which they found refuge and become critically dependent on humanitarian assistance. Most of the people who run away from their countries are host in organized and controlled camps that provide shelters and first aid services such as medical aid, food and education. Although the displaced-like condition should remain temporary, it is not rare that it becomes permanent, arriving to situations where people live their own life into the camps. Therefore, this paper wants to analyse the development of the Dadaab Refugee Camp in Kenya, in order to understand if it is possible to give these settlements an urban frame, with the aim to create in the people the feeling of belonging to a place and increase the quality of their life, as well as creating the opportunities they need to support themselves. In particular the choice of the Dadaab camp depends on the fact that it is one of the biggest camp in the world, hosting more than 300.000 displaced people. This analysis wants to start with a general prospect of how the refugee camps work to have a deeper knowledge of the mechanisms that run the camp; from the organizations that supervise the camp, helpful to figure out how the life inside these settlement is managed, to the definition of what a refugee camp is, reaching the investigation of the situation and the origins of the residents.
ARC I - Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni
15-apr-2019
2017/2018
Durante gli ultimi 10 anni, la popolazione globale di rifugiati è cresciuta da 33.9 milioni nel 1997 a 65.6 milione nel 2016. Questo aumento dipende principalmente dai conflitti in regioni come la Siria, l’Iraq, lo Yemen cosi come nelle regioni dell’Africa sub-sahariana quali il Burundi, la repubblica africana centrale, il Congo, il Sud Sudan l’Etiopia e la Somalia. Purtroppo però coloro che abbandonano i propri paesi di origine non hanno la certezza di trovare una condizione di vita migliore nel paese in cui si rifugiano e spesso accade che i rifugiati si trovino ad affrontare leggi restrittive riguardanti la loro situazione, diventando quindi dipendenti dalle assistenza umanitarie. La maggior parte delle persone che scappano dai propri paesi di origine, vengono ospitati in campi organizzati e controllati che forniscono dell’abitazione e servizi di prima necessità come assistenza medica, cibo, educazione. Nonostante la condizione di rifugiato dovrebbe rimanere temporanea, non è raro che questa si trasformi in permanente, raggiungendo situazione in cui i rifugiati vivono la loro intera vita all’interno dei campi. Per questo motivo l’analisi qui proposta prevede lo sviluppo del campo profughi di Dadaab in Kenya, per poter capire se è possibile riuscire a dare a questi campi una conformazione più urbana con lo scopo di creare nei suoi abitanti un senso di appartenenza ad un luogo, migliorando la loro qualità di vita, creando opportunità per il loro sostentamento. In particolare, la scelta di lavorare sul campo di Dadaab dipende dal fatto che questo è considerato il più grande campo profughi del mondo, ospitando più di 500.000 rifugiati. L’analisi parte dallo studio del campo profughi nella situazione attuale per capire le dinamiche all’interno di esso; dallo studio delle organizzazioni che operano nel campo, utili per capire come le vite dei rifugiati vengono gestire all’interno del campo, alla definizione di cosa esattamente sia un campo profughi, arrivando all’investigazione sulle situazioni e le origini degli abitanti.
Tesi di laurea Magistrale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10589/147071